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Pubblichiamo questo articolo di Maurizio Blondet tratto da Effedieffe – che ringraziamo per la gentile concessione – data la sua estrema attualità.

Se l’orgoglio francese non avesse opposto la sua «eccezione culturale» nell’ultimo negoziato Usa-Europa sulla liberalizzazione degli scambi, sarebbe stato taciuto completamente – e noi non ce ne saremmo nemmeno accorti – un ulteriore passo in avanti del progetto mondialista più grosso, decisivo ed occulto: il Mercato comune Transatlantico, in gergo orwelliano Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Ossia la creazione degli Stati Uniti Useuropa, con l’inglobamento del nostro continente nel sistema giudiziario, brevettuale, poliziesco americano, compresa l’estrema liberalizzazione finanziaria vigente in Usa.

È un progetto che l’eurocrazia, con il silenzio complice dei nostri politici, stanno attuando a grandi passi e con la massima discrezione, onde i popoli non se ne accorgano. Esso sarà completato, secondo i loro desideri, nel 2015. Cioè domani.

Un insieme di nuove istituzioni sovrannazionali, come il Consiglio Economico Transatlantico ed altri organismi dipendenti da questo, sarà il nuovo «governo» del super-sistema Useuropa . Non solo sarà ancor meno aperto ai principii democratici della Commissione Europea (vi siederanno rappresentanti non eletti, non vi sarà alcun dibattito parlamentare); sarà sovra-ordinato alla Commissione Europea e alla eurocrazia, prospettando un ancor più avanzato esproprio di sovranità e indipendenza.

Questa nuova istituzione sovrannazionale imporrà la cosiddetta «armonizzazione» di numerosi settori di legislazione vigenti negli Stati europei, ancora deplorevolmente plurali per il mondo degli affari e della finanza, con la legislazione americana: ossia «sotto» di essa.

Ovviamente, attraverso tale armonizzazione pretesamente commerciale, gli Usa influiranno in modo crescente e ancor più decisivo sulle decisioni politiche degli europei. La diplomazia europea sarà ancor più allineata su quella americana; e ciò in modo cogente, proprio come nella costruzione europea, le normative emanate dall’eurocrazia sono cogenti verso e contro le volontà popolari. Basti pensare che per via di «armonizzazione» dovremo accettare le norme alimentari americane che impongono gli OGM, i vitelli gonfiati con ormoni femminili, l’uso di additivi da noi ancora vietati che sono la causa primaria delle mostruose obesità statunitensi; si pensi che la Commissione Europea ha cercato di imporre l’importazione dagli Usa di pollame trattato con cloro per rallentarne la putrefazione, che in Usa è messo normalmente i commercio (per ora, l’opposizione di alcuni governi ha avuto la meglio). E lo stesso varrà per la legislazione Usa sul lavoro (con riduzione delle tutele ai lavoratori), la sanità americana in mano alle assicurazioni private a scopo di lucro, e così via.

Più concretamente:

1) Il mercato transatlantico uniforma tutto ciò che serve alla libera circolazione di merci, servizi e capitali tra le due sponde, naturalmente nell’interesse supremo della «libera concorrenza» e della competitività. Ciò a favore specificamente delle colossali finanziarie Usa, ancor più libere di agire su un mercato più esteso geograficamente e più popolato (l’Europa ha una popolazione più numerosa degli Usa, e mediamente più benestante).

2) La «competitività» così perseguita favorirà le fusioni-acquisizioni da parte delle multinazionali per lo più americane e a loro vantaggio, e a detrimento del tessuto di piccole medie imprese che costituisce il nerbo dell’economia in Europa. Si ricordi che nel 2005 le 500 più grandi multinazionali controllavano il 50% del commercio mondiale: dal 2015 nulla sfuggirà a questo oligopolio globale.

3) Gli accordi transatlantici, per scelta, non armonizzano le norme fiscali né le leggi ambientali, per esempio: il che porta a una concorrenza fra i sistemi legislativi che favorisce pratiche di dumping: vincente sarà lo Stato con leggi ambientali più lasche e fiscalità più «business friendly». Ancora più stringente diverrà la concorrenza verso il basso sui salari, sulla precarietà (pardon, «flessibilità») e sulla salute delle popolazioni.

4) In quanto aumenta ancor più il potere dei mercati finanziari e delle multinazionali sui politici eletti locali, il mercato transatlantico accelererà la privatizzazione di servizi pubblici e della Sicurezza sociale. Il modello vincente sarà quello americano: privatizzazione dell’insegnamento, della sanità e dei trasporti pubblici, sistema pensionistico affidato a fondi d’investimento privati che speculano sulle Borse mondiali, fine della cassa integrazione, eccetera.

5) Tutte le decisioni politiche che stanno portando al mercato comune transatlantico sono prese su consiglio, pressione diretta e lobbying delle grandi multinazionali, che spesso forniscono ai governi gli «esperti» ufficiali. Ciò non senza la slealtà dei politici che noi abbiamo eletto (o che si sono fatti eleggere in liste bloccate): basti dire che quasi il 10% dei parlamentari europei sono membri di una delle lobby che promuove gli interessi delle multinazionali, il Transatlantic Policy Network .

Di nascosto come al solito – la cosa è stata rivelata solo il 14 giugno, durante la riunione dei ministri degli esteri europei – la Commissione Europea ha inserito negli accordi transatlantici con gli Usa un «mandato» obbligatorio titolato «composizione delle controversie fra Stato e privato» (Investor-State Dispute Settlement, ISDS), che dà alle multinazionali americane, in caso di controversie in Europa, il potere di scavalcare i tribunali ordinari – e magari rispettosi della sovranità dello Stato di cui sono parte – per accedere ad «un largo ventaglio di arbitrati» privati, fra cui le multinazionali potranno scegliere quello a loro più favorevole. Una direttiva targata Monsanto.

Una traduzione francese del documento, stampigliato «segreto» dall’eurocrazia, può essere letto qui. È possibile risalire all’originale inglese.

6) Un settore dove l’eurocrazia non ha nulla da imparare dagli Stati Uniti, è quello della sorveglianza, controllo e intercettazione dei cittadini; forse più «avanzata» la nostra. La collaborazione fra Usa ed UE, col pretesto della «lotta al terrorismo globale», hanno già messo in essere accordi di polizia, giudiziari e penali completamente intrusivi della vita dei cittadini; la sola differenza è che il sistema di intercettazione americano, di cui da pochi giorni abbiamo conosciuto le enormi dimensioni, è a senso unico: gli enti di repressione Usa possono ficcare il naso e le antenne su ogni fatto del cittadino europeo, dalle cartelle sanitarie ai conti in banca, dalle telefonate ai dati fiscali fino alle schedature che le nostre polizie tengono su ciascuno di noi, mentre le entità di repressione europee non possono fare altrettanto.

Abbiamo anche saputo che gli europei hanno affidato a Google, profittando della dimensione di semi-monopolio globale che ha preso questo motore americano, la cura di raccogliere, trasferire, utilizzare e vendere i valori aggiunti di tutto ciò che producono nel mondo digitale: in pratica, gli abbiamo messo a disposizione ciò che viene prodotto da cervelli europei, e in cambio gli abbiamo dato il potere di suggerirci i contenuti dei delle nostre cortecce cerebrali associative; di fatto, siamo sempre più indotti a pensare «secundum Google», ossia entro i quadri reticolari che Google ha preparato per noi. Per loro, non ci sono più segreti né commerciali né intellettuali, di cui non possano impadronirsi. I legami tra Google e la National Security Agency, la Cia e l’FBI non sono da dimostrare.

Il peggio è che si è da poco unito a Google Ray Kurzweil, il supertecnico dell’intelligenza artificiale. Entro pochi anni, l’America che conta punta a costituire il «cervello globale» dotato di «coscienza artificiale», che sarà centrato su Google e sui supercomputer IBM «Blue Gene /Q memory enhancement»: a quel punto la subalternità intellettuale europea sarà definitiva, e avrà gli aspetti della schiavitù. (L’Europe en phase finale d’américanisation)

Per il resto, diritto alla vita privata, all’equo processo, al giudice naturale, a veder rispettata la separazione dei poteri, tutto è già stato abbondantemente spazzato via dalla Commissione europea. In base al mandato di cattura europeo, già oggi ciascuno di noi può essere deportato, poniamo, in Polonia o Romania (domani in Turchia), per esservi giudicato, da un tribunale di cui non conosce le procedure e nemmeno la lingua, per fatti che sono reati in quel Paese, e non nel nostro. Domani potremo finire invece a Guantanamo, senza processo e senza avvocato, per un tempo che deciderà il potere esecutivo di Washington.

Di fatto, l’Unione Europea – quella che ci fu fatta passare come una grande unione ideale (Bach, Dante, Dostojevski, Proust…) mentre era uno strumento di burocratizzazione, ora si appresta a diventare un Paese associato agli Usa: nemmeno una stella in più nella bandiera Strips and Stars, ma una entità soggetta, senza diritto di voto, più o meno come Portorico.

La tendenza americana (con la compiacenza eurocratica) è di ampliare la definizione di atto terroristico come volontà di destabilizzare uno Stato o influenzare le sue decisioni: con ciò, il superstato orwelliano si darà i mezzi per reprimere, schedare, negare l’accesso politico e perseguitare nell’intero spazio transatlantico i movimenti sociali, e le forme di opposizione politica e associative che si propongano di cambiare lo status quo, ossia il regime delle multinazionali. Saranno ridotti alcuni diritti elementari alla propria difesa legale, già oggi applicato in Usa: per esempio il divieto dell’accusato di accedere a documenti a proprio discarico, con la scusa che sono coperti da segreto di stato, o segreto militare.

Si noti che l’opinione pubblica viene già preparata, attraverso selezionate demonizzazioni di gruppi la cui «alternatività» non è approvata, a reclamare leggi speciali di repressione. Il 16 giugno i giornali hanno lanciato la notizia seguente: «Forza Nuova al Gay Pride: 7 fermati con materiale omofobo. Gli estremisti di destra volevano distribuirlo al corteo di sabato». Così il Corriere: «Il materiale omofobo, come si apprende, consisteva in circa 90 mila foglietti dalle dimensioni di un biglietto da visita, riportanti da un lato la scritta L’unica famiglia, il disegno stilizzato di una coppia e due bambini che si tengono per mano, e l’indicazione del sito www.forzanuova.org; sull’altro lato la dicitura “Maschi selvatici, non checche isteriche” ed il logo di Forza Nuova».

Se questo è «materiale omofobo», allora significa che non è più ammesso il minimo, e nemmeno il più civile, diritto di criticare l’imperialismo sodomita trionfante, nemmeno distribuendo volantini. La libertà di espressione politica è del tutto azzerata in questo caso. I sette, di cui uno minorenne, sono stati fermati «preventivamente»: per la sola intenzione di distribuire volantini grandi come biglietti da visita. È stato impedito loro di poter dichiarare il loro dissenso alla sfilata degli invertiti, nuovo mostro sacro intoccabile . Sette ragazzini sono stati intimiditi dalla polizia per una intenzione, sono stati trattenuti «fino a tarda notte», e rilasciati dopo schedatura, schedature che serviranno in future persecuzioni. Il tipografo che ha prodotto i volantini è stato denunciato: con tanti saluti alla libertà di stampa. Naturalmente tutto ciò è «legale»: il dissenso politico, anche razionalmente e verbalmente motivato, è già sul punto di essere classificato come «terrorismo». Col Patto Transatlantico, la catena ci sarà definitivamente chiusa attorno al collo.

Su questo sfondo, la difesa francese della «eccezione culturale» è patetica fino al ridicolo. Difende (come?) la cinematografia francese, ma a prezzo di tutto il resto. E il resto è – come spiega persino il progressita «Marianne»: «l’agricoltura, il tessile, i servizi, l’acqua, l’energia, la grande distribuzione, i contratti pubblici, le normative. Il 98% dell’economia. E senza dimenticare le funzioni sovrane dello Stato, perché gli americani chiedono procedure speciali che permettono alle imprese di attaccare gli Stati, quando le regole che stabiliscono non convengono loro».

A questo punto, la difesa della «eccezione culturale» si ridurrà (come forse già è) alla sindacalizzazione degli «intermittents», precari dello spettacolo, in modo che possano divertire i turisti americani e cinesi girando l’organetto per le strade di Parigi.

E noi? Dormiamo. Ci lasciamo trascinare nel collasso della nostra economia nazionale, passivi e disperati. L’amico Enrico Galoppini si chiede come mai, in Tunisia, un venditore ambulante che s’è dato fuoco perché la polizia gli aveva confiscato la merce ha potuto innescare una «primavera araba» col conseguente rovesciamento del regime, mentre in Italia disperati che si suicidano a mazzi, ultimo il fioraio napoletano che s’è buttato giù dagli uffici del Comune che non gli rilasciava un permesso, non suscitano alcuna sollevazione. Galoppini ne trae la troppo giusta conclusione che le «primavere arabe» sono state preparate, favorite e promosse dall’estero e i «dissidenti» selezionati accuratamente dai governi e dai media occidentali, mentre qui non fa comodo che accada nulla. Tutto giusto. Ma vorrei aggiungere anche un altro motivo, che non esclude il primo: la nostra incapacità di unirci, di organizzarci per uno scopo comune. come dice l’inno, «noi siamo da secoli calpesti e derisi/ perché non siam popolo, perché siam divisi». Ognuno chiuso nel suo ottuso particulare, ognuno diffidente del vicino, pronto solo a mettergli i bastoni tra le ruote se propone qualcosa che superi l’interesse privato più microscopico. Basta una riunione di condominio per constatare questo vizio italico nel pieno della sua esibita svergognatezza…

Stavo per completare queste righe, quando mi giunge una notizia che mi smentisce.

Lecce, follia ultrà: scontri allo stadio, in fiamme auto della Polizia
Dal notiziario: «Un fuoristrada della polizia incendiato, diverse bombe carta e due poliziotti contusi agli arti inferiori: è il primo bilancio dei disordini avvenuti fuori dallo stadio Via del Mare, a Lecce dopo la mancata promozione in Serie B dei giallorossi per mano del Carpi. Sono circa 250 i teppisti che hanno preso parte ai disordini».

Mi devo correggere, cari lettori: no, noi italiani siamo capacissimi di organizzarci, coalizzarci ed batterci come leoni in una ben concertata violenza. Basta che ci chiami all’azione qualche scopo futile ed idiota, meglio se abietto.

Maurizio Blondet 18 Giugno 2013

Fonte: effedieffe.com

di Maurizio Blondet – 1 luglio 2013.

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