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DOPO NEW YORK di Giorgio Rosso (Macroedizioni)

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Ho 53 anni e guardo saltuariamente TV e giornali, mentre da qualche mese ascolto quasi ogni giorno la radio, quando mi sposto in macchina. Mi passano tra le mani migliaia di libri, molti dei quali espongono informazioni e riflessioni differenti dalle versioni ufficiali.

Negli ultimi venticinque anni di questa mia vita terrena, le letture, le esperienze e le riflessioni mi hanno portato a osservare la vita sforzandomi di liberarmi di preconcetti e pregiudizi che la maggior parte delle istituzioni e delle organizzazioni umane si sforzano di inculcarci.

L'obiettivo di questo lavaggio del cervello planetario è quello di spingerci a considerarci separati dagli altri e vivere in perenne conflitto, incapaci persino di immaginare che si possa vivere liberi, senza paura e in armonia. Dalla nascita, in famiglia, nella scuola, in chiesa, allo stadio, in parlamento, in ufficio e in vacanza il messaggio di fondo è quello della separazione, della divisione, le etichette, i pregiudizi e così via. Il sesso, la razza, la religione, il partito politico, la condizione economica, l'età, i gusti, le opinioni, sono tutte buone ragioni per vedere e considerare l'altro diverso.

Eppure a New York non sono stati distrutti due edifici americani e uccisi 5.000 americani: è stato compiuto quel tipo di azione che definiamo con il nome di attacco terroristico non contro l'America, ma contro l'umanità e sono stati uccisi 5.000 esseri umani. Questo è ciò che ho compreso improvvisamente e che costituisce un'enorme differenza di prospettiva.
Io, come parte dell'umanità, mi chiedo perché?

E' molto tempo che sono convinto di essere responsabile di tutto ciò che avviene nella mia vita e lo sforzo degli ultimi anni è quello di essere il regista consapevole di ogni mia giornata. Basandomi sul presupposto che io creo, consciamente o inconsciamente, ogni momento della mia vita, non giudico ciò che mi accade, subito catalogandolo come positivo o negativo, bello o brutto, piacevole o spiacevole, ma mi domando perché mi accade, cosa ho fatto perché un determinato avvenimento si presentasse nella mia vita, qual'è lo scopo e il messaggio.

Se ogni attimo è l'unico importante, in quanto il passato non esiste più e il futuro deve ancora manifestarsi, mi sforzo,spesso con scarso successo, di vivere l'esperienza, di essere presente, di nuovo senza giudicare ma invece arricchendo le mie conoscenze del profumo della primavera, come della sensazione di umido che mi da avere le scarpe bagnate, cerco di assorbire le carezze come il sudore, la stanchezza come il riposo, la gioia e la noia.

Come umanità posso quindi affrontare l'attacco a New York domandandomi perché, cosa ho fatto per crearlo, a che scopo l'ho creato, qual è il messaggio e cosa faccio di questa straordinaria nuova esperienza e conoscenza.

Se mi sono fatto male e ho ucciso alcune migliaia di importanti cellule del mio organismo è ragionevole che per punire la supposta causa di queste morti io, umanità, provochi la morte di innumerevoli altre cellule del mio organismo, solo perché potrebbero essere le "colpevoli" della morte delle prime?

Questo tipo di reazione, che ho sperimentato già tante volte, facilmente mi procurerà solo altri dolori e sofferenze.
Oggi gran parte del mondo occidentale, "civile" dichiara di essere contrario alla pena di morte: anche al "colpevole" di omicidio si riconosce la possibilità di riabilitarsi e ottenere così il perdono per ciò che ha fatto. Perché in questo caso un giudizio e una pena equa sono invece negati e ciò avviene quasi sempre in occasione dei conflitti tra stati, fazioni etniche, politiche, religiose?

Come essere umano io mi riconosco nei morti di New York, soffro per le loro sofferenze e quelle dei loro cari e desidero partecipare alla costruzione di un mondo in cui fatti del genere non possano più accadere.

Come essere umano mi riconosco nei milioni di morti causati dalle guerre e desidero compiere ogni azione possibile per impedire che a un'azione di guerra si risponda con un'altra azione di guerra ancora più potente.

Come essere umano non mi sento rappresentato da quelle organizzazioni religiose, politiche e economiche che hanno contribuito a costruire e a mantenere miliardi di essere umani in condizioni di schiavitù.

Non sono né occidentale né orientale, ma ho studiato storia a sufficienza per essere consapevole di vivere nella parte del mondo che più di tutte ha ucciso e continua a uccidere per rapinare gli altri popoli delle loro risorse e utilizzarli come schiavi a cui far produrre le proprie merci.

Non riesco a vedere differenze tra i morti di New York e quelli che verranno prendendo New York come pretesto. Non riesco a vedere differenza tra i morti palestinesi e quelli ebrei. Non riesco a vedere la differenza tra chi è costretto a morire per guadagnarsi da vivere, tra chi piccolo, adulto o vecchio viene ucciso dai meccanismi economici che il mondo "civile" dirige.

Perché chi uccide per denaro è "civile" e può farlo liberamente, ottenendo anche straordinari riconoscimenti sociali, e chi uccide per ignoranza, miseria, fanatismo è un mostro da sopprimere.

Perché chi uccide di nascosto è un criminale, mentre chi ordina di lanciare e lancia bombe e ordigni di ogni tipo su popolazioni indifese e incolpevoli è un eroe e merita ogni rispetto? Perché è "comprensibile, ragionevole, appropriato" uccidere e fare la guerra per impadronirsi delle risorse economiche di altri popoli?
Sono migliaia di anni che accettiamo questa morale indegna della nostra natura umana/divina e dello spirito infinito che alberga in ognuno di noi.

Io non mi riconosco nelle istituzioni politiche, economiche e religiose che pretendono di impormi la guerra con altri essere umani, che come me sono estranei alle ragioni di conflitti organizzati e perpetrati da altri e per ragioni che probabilmente ignoro, conflitti che non sono certo nel mio interesse e di chi mi è vicino, ma anzi possono portarmi solo dolore e morte, come da sempre avviene.

Come operatore dell'informazione mi chiedo cosa posso fare per fermare la macchina della propaganda di chi vuole la guerra e che domina il sistema dei giornali e delle TV. Cosa posso fare per far riflettere i miei vicini e impedire un nuovo bagno di sangue per l'umanità, le solite scene di ogni guerra, le solite vigliacche violenze sui più deboli. Forse mi sono reincarnato per impedire questi orrori, e come me tanti delle ultime generazioni potrebbero essere i morti delle ultime guerre.

Se possiamo essere in qualche modo consapevoli di ciò, possiamo comprendere l'importanza per noi stessi di adempiere a uno dei compiti per i quali abbiamo scelto di essere qui ora e non subire un'altra volta questa tragica mortificazione della nostra essenza.

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