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Ius soli, tante illusioni e poche certezze

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​Il tema della cittadinanza torna a fare capolino. È stata la neo ministra dell’integrazione Cecile Kyenge (foto sopra) a rimettere in discussione la legge Bossi-Fini, con l’invito a bypassare il reato di clandestinità e lo ius sanguinis. Ma credere che basti l’introduzione dello ius soli per spazzare via i problemi legati all’immigrazione è pura utopia.

Non per niente nella stessa Amerika, culla della società multietnica, e in Francia si sta pensando di tornare allo ius sanguinis. Motivo? Il Welfare è non è più in grado di dare assistenza ad un numero così vasto di persone. Invece da noi c’è chi pensa di seguire una strada senza sbocchi. La cittadinanza automatica per gli stranieri nati in Italia non ci sembra una buona idea, soprattutto per gli stessi ragazzi. Meglio aspettare il compimento del 18° anno di età per poi decidere se essere cittadino italiano oppure altro. Secondo il presidente del Senato Grasso (foto a destra) lo ius soli sarebbe un’imprudenza: “Il rischio è di vedere una gran quantità di donne venire in Italia a partorire solo per dare la cittadinanza ai propri figli. Meglio uno ius soli temperato dallo ius culturae”.

Dunque le cose non sono così semplici come prospettate dai soliti buonisti. Non per niente anche dalla comunità di Sant’Egidio vengono pareri piuttosto misurati. “E’ una sorta di ius soli temperato, ma non ci sarà nessun automatismo, solo chi completa gli studi, parla la lingua e ama il Paese potrà diventare italiano, questo il commento del deputato di Lista Civica Marazziti. Le divergenze in materia sono molto forti. Nella Lega, infatti, si è fortemente contrari ad ogni cambiamento della legge in vigore. Il timore è che il Paese diventi un approdo per donne straniere incinta in cerca di una cittadinanza a mo’ di ombrello sociale. Senza dimenticare la catena di parentele che automaticamente si riverserebbe nel nostro Paese, grazie alla legge sui ricongiungimenti familiari. E naturalmente il Welfare crollerebbe sotto il peso di questo sbilanciamento.

“Oggi chi nasce in Italia da genitori stranieri non ha nessuna possibilità di diventare italiano se non con lo ius sanguinis – questa la considerazione del montiano Marazziti -, non dipende dalle persone ma dal sangue dei genitori, dai diciotto anni si può chiedere cittadinanza ma non ci sono automatismi”. Su questo punto potremmo pure concordare. Infatti la legge lascia un tempo piuttosto limitato, circa un anno, ai ragazzi che poi intendono farne richiesta. E succede che molti non lo sanno e quindi perdono ogni diritto.

Attualmente la legge per la cittadinanza prevede, per chi non nasce in Italia, un tempo di 10 anni di residenza ininterrotta nel nostro Paese per poter richiedere la cittadinanza. Poi magari ne passano altri due o tre per far si che vengano vagliate le domande e si ottenga una risposta.

Tempi piuttosto in linea con gli altri Paesi europei. In Belgio la coppia straniera residente da almeno dieci anni acquisisce il diritto; mentre il figlio al compimento del 18° anno di età automaticamente diventa cittadino belga.

In Germania invece bastano 8 anni di residenza per diventare cittadini tedeschi, mentre gli eventuali figli lo diventano automaticamente alla nascita. Comunque nessuno pensa di mettere in soffitta lo ius sanguinis. La Francia, che adotta lo ius soli, sta via via restringendo le maglie. I nati da una coppia di immigrati possono richiedere la cittadinanza al compimento del sedicesimo anno; mentre per coloro che dimostrano di essere nati e vissuti per 18 anni sul territorio francese l’automatismo è naturale.

La questione dunque non è affatto semplice, anche perché alle porte europee premono milioni di persone in cerca di un benessere ormai miraggio. Il problema è che l’Europa non ce la fa più ad assorbire tutta questa gente. E lo stato sociale rischia di rimanerne sepolto. Un dato rilevante è che la natalità delle famiglie di immigrati è piuttosto alta rispetto a quella delle coppie italiane, che a malapena mettono al mondo uno o due figli. La crisi, poi, non farà altro che allontanare i tentativi di arrivare a una facilitazione della cittadinanza. E i buonisti tout court è bene che se ne rendano conto.

Articolo di Carlo Tata

Fonte: rinascita.eu

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