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La Sicilia si appresta a varare il tarì, una moneta alternativa e complementare all’euro

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La grande Tartaria

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Dietro la diffusione, in vari Paesi europei, di monete alternative e complementari, si cela soltanto l’intenzione, da parte della cupola massonico-bancaria, di tamponare l’Euro per ritardare il collasso definitivo dell’Eurozona.

Alcuni prestigiosi quotidiani economici e perfino il settimanale L’Espresso hanno posto in risalto il progetto di lanciare in Sicilia una moneta parallela, il Tarì, destinata esclusivamente ai pagamenti elettronici e studiata con l’intento di trascinare l’isola fuori dalle sacche della crisi. Il Tarì, così chiamato in omaggio alla storica e secolare moneta d’oro siciliana introdotta nel 913, durante la dominazione araba, dalla dinastia sciita-ismailita dei Fatimidi, non avrà una divisione in centesimi, ma in “piccioli”, in ossequio alla tradizione sicula.

L’idea è di Biagio Bossone, chairman del think tank Group of Lecce, e dell’economista Massimo Costa, docente di Economia Aziendale all’Università di Palermo.

Nelle intenzioni dei suoi ideatori e promotori, il Tarì non sarà una moneta anti-Euro, ma uno strumento di pagamento da far circolare in parallelo ad essa, con lo scopo di creare nuovo potere d’acquisto per lavoratori, famiglie, imprese e amministrazioni locali “limitatamente alla Sicilia”, e invertire così la vertiginosa caduta della spesa che si registra nell’isola.

Come riporta L’Espresso, il ragionamnento dei due economisti è stato questo:

“In Sicilia oggi mancano i fondi per qualunque azione di ripresa e mancano soprattutto le idee per provare a reagire. Se la creazione di moneta è inflazionistica in tempi di piena occupazione, è invece ciò che serve in tempi di deflazione e costante disoccupazione”.

Non è la prima volta che si tenta in Sicilia di varare una sorta di moneta alternativa. Nel corso del 2013 venne infatti lanciata l’idea del “Grano”, ma rimase sulla carta e non se ne fece niente.

Ma che cos’è una moneta alternativa o “complementare”? Quale funzione e, soprattutto, quali benefici può portare? Quali reali intenzioni si celano dietro alla sua ideazione?

Già nel Maggio del 2012, su Il Giornale, l’economista Claudio Borghi Aquilini, che ho avuto modo di conoscere ad un recente convegno a Bruxelles, metteva in risalto la diffusione e l’utilizzo, già ampiamente in corso in vari Paesi europei, di monete alternative e parallele, dette anche “complementari”. Forme di moneta non emesse dalla BCE, ma create, quasi sempre elettronicamente, in circuiti locali. Monete come, ad esempio, il Wir svizzero o il Berliner tedesco, impiegate a livello locale o territoriale come metodi di pagamento complementari alla valuta ufficiale.

In tutti i periodi di crisi, nella Germania di Weimar post I° Guerra Mondiale, come in vari altri stati europei successivamente alla crisi del ’29, sono sempre proliferate queste monete alternative e complementari, nate e favorite per ridare impulso agli scambi e all’economia in ambiti territroriali, talvolta limitati ad una sola specifica città o ad una provincia, quando la valuta ufficiale, quella di Stato riconosciuta e accettata internazionalmente, perdeva colpi o subiva forti svalutazioni. In determinati casi la valuta parallela divenne addirittura necessaria, osserva Borghi, come nel caso della crisi argentina, dove a causa della distruzione del tessuto economico tradizionale si utilizzarono note di credito degli enti locali.

Le monete complementari, quindi, sono sempre nate in periodi di forti crisi e di tensioni sociali su impulso delle stesse banche centrali o degli Stati nel tentativo di arginare o quantomeno di contenere i propri errori nella gestione dello stato sociale e della spesa pubblica.

E infatti il punto è che l’Euro è oggi profondamente in crisi e in procinto di collassare, come in procinto di collassare è l’intera “Eurozona”, per stessa ammissione dei tecnocrati di Bruxelles e di Francoforte che hanno ideato e pianificato questo folle progetto di eugenetica sociale e monetaria. Ed è quindi la stessa Banca Centrale Europea a lanciare e a favorire tutta una serie di valute complementari locali che, se sono destinate ufficialmente a ridare fiato all’economia a livello locale, hanno in realtà la funzione di tamponare l’Euro, di fare da stampella ad un sistema ingessato che non risponde più alle esigenze economiche dei cittadini.

Siccome, allo stato attuale, gli Stati dell’Eurozona sono, chi più o chi meno, tutti di fatto commissariati da poteri superiori e transnazionali, ed in Europa non si muove foglia che la Trojka non voglia, è ovvio che tutte queste “monete” abbiano avuto fino ad oggi la benedizione della BCE, che le ha strategicamente favorite. E la loro particolarità di essere, tranne rare eccezioni, esclusivamente “elettroniche”, le rende funzionali al sistema e ad un preciso piano di controllo che da sempre non fa mistero di voler andare verso la graduale e progressiva abolizione del contante. Un traguardo, quest’ultimo, molto ambito dai burattinai del Nuovo Ordine Mondiale, che mirano così al monitoraggio totale e costante di qualsiasi transazione effettuata dai cittadini. Mentre tutti i tentativi di varare delle vere e autentiche monete alternative anti-sistema che fossero svincolate dal signoraggio e dal potere della tecnocrazia usurocratico-bancaria (vedi ad esempio il SIMEC di Giacinto Auriti) sono state violentemente repressi e oggetto di vere e proprie persecuzioni giudiziarie.

Concordo con Borghi Aquilini sul fatto che oggi dietro al valore formale delle varie valute non vi siano più beni reali, come ad esempio l’oro, e che la moneta sia semplicemente uno strumento di pagamento che trae il suo valore reale dal fatto di essere accettata, ma secondo me egli sbaglia nel paragonare queste nuove monete complementari sponsorizzate dalla BCE alle miglia aeree di Alitalia e di altre compagnie, ai punti dei supermercati o ai vecchi gettoni del telefono che, pur non essendo “moneta” valevano a tutti gli effetti 200 Lire. Non si può infatti fare di tutta un’erba un fascio e ritengo queste monete complementari “di stato” particolarmente insidiose, in quanto pensate ad hoc per sostenere e puntellare il sistema, non per contrastarlo.

Una riprova di quanto affermo, in relazione al progetto del Tarì siciliano, la possiamo facilmente avere se andiamo a vedere chi è il suo ideatore Biagio Bossone, esaminando il suo lungo curriculum.

Vederemo, infatti, che il chairman del Group of Lecce è passato dalla Banca Centrale di San Marino alla Ragioneria della Regione Sicilia, passando dal Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Dipartimento programmazione e coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fino poi ad essere chiamato dalla giunta presieduta da Raffaele Lombardo a prendere il posto coperto per dieci anni consecutivi da Vincenzo Emanuele.

Nato a Palermo nel 1957, Bossone, oltre che Presidente della Banca Centrale della Repubblica di San Marino, è stato consulente dell’Independent Evaluation Office del Fondo Monetario Internazionale e consigliere della High Commission for World Bank Reform, Gruppo Banca Mondiale. In precedenza, dal Gennaio 2007 all’Aprile 2009, è stato consigliere dell’Independent Evaluation Office del Fondo Monetario Internazionale e consulente per il Programma Convergence, Gruppo Banca Mondiale. Prima ancora è stato, tra l’Ottobre 2003 e il Novembre 2006, Direttore Esecutivo per Italia, Portogallo, Grecia, Albania, Malta, San Marino e Timor Est del Gruppo Banca Mondiale. È stato inoltre, nello stesso arco temporale, membro del CdA di: International Bank for Reconstruction and Development, International Development Association, International Finance Corporation, Multilateral Investment Guarantee Agency, International Centre for Settlement of Investment Disputes; membro del Budget Committee, Banca Mondiale; membro dell’Audit Committee, Banca Mondiale; fondatore e membro del Gruppo di coordinamento dei Direttori Esecutivi dei paesi dell’Unione Europea presso la Banca Mondiale. E, prima ancora, ha ricoperto vari ruoli di crescente responsabilità, presso il Fondo Monetario Internazionale, la World Bank, la Banca d’Italia. In particolare, in Banca d’Italia, è stato: Condirettore, Capo Divisione Pagamenti e Corrispondenti, responsabile del Servizio Rapporti con l’Estero e responsabile del Sistema Italiano per il Regolamento dei Titoli denominati in ECU.

Sicuramente, quindi, una persona competente, ma soprattutto un uomo delle banche, un uomo del sistema.

Articolo di Nicola Bizzi

Fonte: signoraggio.it

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