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Le bufale su Snowden e le verità di McKinnon

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A volte capita di non fare una verifica attenta delle fonti e di cadere, così, in bufale colossali. Capita a chi fa informazione attraverso la rete, che di tutti i mezzi di informazione è forse il più democratico, perché pluridirezionale: tra i produttori di contenuti e chi ne usufruisce non vi è un rapporto gerarchico, come per i mezzi di informazione di massa. Che si definiscono di massa proprio perché si rivolgono all’uomo massificato, espropriato della propria individualità ed inserito in una forma pensiero collettiva in cui può essere guidato da terzi (pochi), pur nella convinzione di essere autonomo nelle proprie scelte. In genere si chiamamanipolazione delle coscienze, in Occidente rientra nel più generico concetto di soft power. Al contrario, internet è un mezzo che può favorire l’emancipazione dall’anima collettiva, attraverso lo sviluppo di un maggiore spirito critico, ma anche la possibilità di essere abbagliati… proprio perché si tenta di pensare con la propria testa, e per molti seguire un sentiero senza una guida a cui rivolgersi con riverenza è difficile, se non impossibile. Ma se il web può essere foriero di fraintendimenti, difficilmente potrà raggiungere l’insipienza dei media main stream: basti pensare al cimitero di Tripoli scambiato nel 2011 per le ‘fosse comuni’ di Gheddafi o le immagini di manifestazioni in India che avrebbero dimostrato la gioia della piazza verde di Tripoli, festante all’arrivo degli invasori. Giusto per ricordare le innumerevoli e quotidiane mistificazioni mediatiche che, grazie alla rete, sono state smentite nell’arco di poco tempo.

Bufale fuori stagione

Negli ultimi giorni, però, sono girate nel web alcune voci su rivelazioni alquanto strane fatte dalla talpa della NSA, Edward Snowden. Secondo questi rumors, non confermati, il trentenne statunitense avrebbe rivelato l’esistenza di un progetto nordamericano di irrorazione dei cieli attraverso le scie chimiche, per impedire la desertificazione negli USA e contrastare il riscaldamento globale. Una storia vecchia, in realtà, che nasconde una mezza verità, perché le scie chimiche sono osservabili da chiunque (purtroppo) tutti i giorni sui nostri cieli, ma difficilmente la loro azione può mitigare il surriscaldamento globale (per tacere della veridicità o meno della sua origine antropica), ma semmai accrescerlo, dato che le sostanze chimiche in esse contenute (come l’esafloruro di zolfo) contribuiscono all’incremento dell’effetto serra in modo nettamente superiore alla Co2. Inoltre, non si capirebbe l’intenzione di fermare la desertificazione negli USA, quando invece proprio l’azione di tali irrorazioni chimiche nei cieli è tra le probabili cause della crescita della desertificazione in territorio statunitense. Insomma, a Washington sarebbero così cretini? A ciò si aggiungono ulteriori rivelazioni che Snowden avrebbe fatto, questa volta sulla presenza extraterrestre nel nostro pianeta: secondo l’ex agente della NSA, gli oggetti volanti non identificati che solcano sempre più spesso i nostri cieli sarebbero infatti velivoli di una razza ‘aliena’ che abiterebbe il mantello terrestre. Una razza ostile, che sarebbe consigliabile contrastare con delle detonazioni nucleari.
Peccato che non vi sia nessuna fonte a confermare le dichiarazioni di Snowden. Il sito che le ha diffuse si chiama 
Internet Chronicle e, anche se a prima vista sembra un qualsiasi blog di informazione non convenzionale (o complottista, come direbbe qualcuno), in realtà basta leggerne gli articoli per capire che non è così. Tra i titoli possiamo scoprire che: Saddam Hussein ha fatto crollare il WTC7 (la terza torre crollata insieme alle Twin Towers), Snowden ha venduto informazioni all’URSS per dieci miliardi di dollari (URSS?), che Beyoncé si è suicidata all’età di 31 anni (?), che David Icke è un rettiliano, che il presidente Obama confessa di avere paura degli uomini con la barba. Se non si fosse soddisfatti, si potrà sempre nutrire il proprio spirito con rivelazioni trascendentali, come il Papa ha proclamato Snowden nuovo Messia e soprattutto l’ultima rivelazione di Snowden, in cui si dice che la talpa della NSA avrebbe identificato Dio in un meccanico della Georgia, tale Willbur Mercer (alla faccia del bosone di Higgs). Se la nausea o le risate non vi hanno già colpiti, avrete capito che Snowden non ha rivelato proprio nulla su UFO o scie chimiche.

Cui prodest?

Sul sito del Corriere, Flavio Vanetti commenta così la corsa cibernetica alle incredibili ‘rivelazioni’:

secondo me, occorre innanzitutto rispondere a queste due domande: 1) Snowden ha parlato veramente?; 2) Il “bufalaro” è lui oppure sono i siti che hanno capito ciocca per brocca (più o meno in buona fede) e che hanno sparato la notizia?

E alle due domande ne aggiunge una terza:

se costui ha sparato una panzana, come può essere giudicato attendibile sul resto che ha dichiarato in queste settimane e che è stato preso per buono da tutti, ma proprio da tutti, tant’è che si è arrivati perfino a “bombardare” le relazioni diplomatiche tra Usa e Europa? A me i due pesi e le due misure non piacciono per nulla, signori…

 

A sinistra: Glenn Greenwald

Anche al Corriere, quindi, non piace il ritardo assestato all’unificazione transatlantica dalle rivelazioni di Edward Snowden, che nient’altro sarebbe che un ‘bufalaro’ di turno. Mi viene spontaneo, allora, chiedere a Vanetti perché l’amministrazione Obama si mostri tanto irritata contro il suo concittadino, se veramente questi è così poco attendibile. E perché i governi di Francia, Regno Unito e Italia avrebbero creato un incidente diplomatico con la Bolivia per timore che questi fosse nascosto nell’aereo di Evo Morales? E soprattutto, se invece qualcuno non abbia diffuso ad arte notizie senza fondamento per screditare Snowden e le sue reali rivelazioni, che hanno esposto alla luce del Sole il sistema di controllo orwelliano vigente negli USA e messo a nudo le responsabilità dei loro alleati europei (come Juncker e Monti). Qualcuno che forse vuole vendicarsi proprio del fallimento del Transatlantic Trade and Investment Partnership, con la complicità involontaria di blogger inconsapevoli?
L’irritazione degli USA sembra invece trovare una giustificazione nelle parole di Glenn Greenwald, il giornalista del 
Guardian che per primo si è occupato dello scandalo PRISM, che ha dichiarato al quotidiano argentino La Naciòn che:

Snowden ha informazioni sufficienti per causare più danni al governo degli Stati Uniti in un solo minuto di chiunque altro ne abbia mai fatti nella storia degli Stati Uniti . (…) Ma questo non è il suo obiettivo. Il suo obiettivo è quello di esporre il software che la gente di tutto il mondo usa senza sapere a cosa si sta esponendo, senza cedere consapevolmente i propri diritti alla privacy. Dispone di un enorme numero di documenti che sarebbero dannosissimi per il governo USA se fossero resi pubblici.

Secondo Greenwald, Snowden avrebbe distribuito i suoi documenti scottanti a molte persone nel mondo, che li renderebbero noti immediatamente nel caso succedesse qualcosa alla gola profonda della NSA. Non stupisce allora la caccia all’uomo che il governo di Washington sta conducendo da oltre un mese, al punto di costringere Snowden alla permanenza nell’aeroporto Sheremetyevo di Mosca. Una negazione dello stato di diritto che ricorda quella contro Julian Assange, minacciato di arresto dalle autorità britanniche nonostante si trovasse asserragliato nell’ambasciata dell’Ecuador (in barba all’immunità diplomatica).

Analogie poco note

A destra: Gary McKinnon (foto Associated Press). Fonte: openminds.tv

La vicenda di Snowden ricorda però anche quella di un altro spifferatore ricercato da Washington, sebbene la sua storia non sia stata oggetto di particolari attenzioni mediatiche. Si tratta dello scozzese Gary McKinnon, noto anche come “Solo” e ribattezzato l’hacker del Pentagono, perché tra il 1995 (quando aveva 29 anni, quasi gli stessi di Snowden) e il 2002 riuscì quasi a mettere in ginocchio la sicurezza informatica degli USA. Almeno, questa è l’accusa che gli è stata mossa dal governo di Washington per essere entrato illegalmente in 97 server governativi, violando i siti della NASA, della Marina, dell’Esercito, del Dipartimento della Difesa, dell’Aeronautica e del Johnson Space Center, sede del centro di controllo per le missioni con equipaggio umano della NASA e luogo di addestramento degli astronauti. Ed è proprio sul sito del Johnson Space Center che il giovane pirata informatico avrebbe fatto scoperte che fanno impallidire la fantasia dell’Internet Chronicle. McKinnon ha dichiarato infatti di aver scoperto l’esistenza di due cartelle diverse di foto scattate dallo spazio: la prima conterrebbe immagini che ritraggono città ed oggetti artificiali (indici di una civilizzazione, passata o presente) sulla Luna e su Marte, oltre che di oggetti volanti non identificati (OVNI, in inglese UFO) intorno all’orbita della Terra; la seconda conterrebbe le stesse immagini, ripulite per essere presentate all’opinione pubblica (ignara della manipolazione). La scoperta di Gary McKinnon confermava le dichiarazioni fatte da Donna Hare, un’impiegata della NASA che durante le audizioni del Disclosure Project presso il Washington National Press Club aveva testimoniato come tale manipolazione fosse la prassi per l’Ente spaziale statunitense. Erano state proprio le parole della Hare, infatti, ad incuriosire McKinnon, attratto sin da giovane dalle possibilità di vita intelligente extraterrestre; un interesse più che diffuso, che, unito a quello per la pirateria informatica, l’ha però messo in seri guai. Per intrufolarsi nei siti governativi, il giovane scozzese aveva utilizzato Remotely Anywhere, un software che permette di controllare in remoto altre macchine e scaricarne il contenuto sul proprio pc. Dalla sua, Solo ammette di non essere stato… il solo ad effettuare questo tipo di accesso:

quando sei in rete, puoi impartire un ordine chiamato NetStat (Network Status) che elenca tutte le connessioni con quella macchina e c’erano hacker da Danimarca, Italia, Germania, Turchia e Thailandia”.

Chissà se anche costoro hanno potuto fare le stesse scoperte di Gary che, tra le foto prive di manipolazione digitale, ha potuto osservare un velivolo simile ad un’enorme portaerei che orbitava in vicinanza dell’atmosfera terrestre, non diversa dai sigari volanti più volte avvistati nei cieli negli scorsi decenni. Una foto troppo grande, contenuta in un file troppo pesante, che gli avrebbe causato una brusca interruzione della connessione (56k), perdendo anche la preziosa prova:

in un certo qual modo assomigliava ad un satellite, ma era costruita secondo parametri che non avevo mai visto prima: non c’erano rivetti, né giunture, era come un blocco di materiale omogeneo. Aveva la forma di un sigaro e cupole geodetiche sopra, sotto, a destra, a sinistra e ad entrambe le estremità e, sebbene fosse un’immagine a bassa risoluzione, era assai ravvicinata”

racconta.

A sinistra: Roscoe Hillenkoetter (foto US Navy)

Di cosa si trattava? Non necessariamente un velivolo alieno, ma sicuramente non terrestre. Sarebbe questo infatti l’aggettivo usato per definire gli ufficiali dello US Space Command (Comando spaziale degli Stati Uniti), i cui nomi sarebbero iscritti in apposite liste che elencavano i trasferimenti di personale da una “nave” ad un’altra… navi non terrestri, perché dislocate al di fuori del nostro pianeta. Due i nomi dei velivoli che McKinnon ricorda con certezza, indicate nelle liste dei trasferimenti sottratte ai server del Pentagono: USSS Le May e USSS Hillenkoetter(dove USSS indicherebbe probabilmente United States Space Ships, cioè “navi spaziali degli Stati Uniti”, sulla falsariga delle navi della Marina, ossia United States Ships). Nomi significativi per due navi spaziali, perché richiamano i cognomi di due personaggi che con gli UFO qualcosa probabilmente ci avrebbero avuto a che fare, cioè il generale Curtis LeMay e l’ammiraglio Roscoe Hillenkoetter.

 

Astronavi made in USA

Hillenkoetter fu il primo direttore della CIA, nonché membro del NICAP, il Comitato nazionale USA per le indagini sui fenomeni aerei. Fu lui, nel 1960, a scrivere una lettera al Congresso, riportata all’epoca dal New York Times, in cui affermava che:

dietro le quinte, alti funzionari dell’Aeronautica sono seriamente preoccupati per gli UFO. Tuttavia, attraverso la segretezza ufficiale riservata a questi argomenti e la loro ridicolizzazione, molti cittadini sono portati a credere che gli oggetti volanti non identificati siano una sciocchezza”.

Da allora, però, Hillenkoetter non si occupò più dell’argomento pubblicamente, ma entrò poi nel Majestic 12, il famoso gruppo di studio sugli UFO voluto dal governo USA.

A destra: Curtis LeMay (foto US Air Force)

Il generale Curtis LeMay, invece, fu probabilmente coinvolto nell’insabbiamento di Washington sull’atterraggio di alcune astronavi in territorio USA. A dichiararlo fu Barry Goldwater, generale Maggiore in riserva dell’Aviazione USA, ex senatore dell’Arizona e candidato presidenziale, che sosteneva l’esistenza di una stanza segreta, chiamatablue room, contenente velivoli extraterrestri nei pressi della base aerea diWright Patterson, in Ohio. “Non solo non puoi entrarci, ma non puoi nemmeno menzionarmela più” gli avrebbe detto LeMay, durante una telefonata fattagli negli anni ’60. Le parole di Goldwater ufficialmente furono sempre ritenute infondate dall’Air Force fino a quando, pochi mesi fa, il ricercatore Anthony Bragaglia è venuto a conoscenza di un documento rilasciato proprio dall’Aviazione il 9 ottobre 1991. In quella data Brian Parks, privato cittadino, è riuscito ad ottenere un’ammissione dell’esistenza della struttura, grazie al Freedom of Information Act (una legge USA che permette di avere informazioni riservate di pubblica utilità da parte di strutture pubbliche). Il documento fa riferimento esplicito al Progetto nr. 7307 e ad un numero identificativo dell’aviazione (23775), che indicherebbe precisamente proprio la blue room di Wright-Patterson. L’unico filmato a disposizione, però, citato nel documento, è un 35mm che sarebbe stato distrutto il 9 settembre 1965 (più o meno quando intercorse la telefonata tra Goldwater e LeMay). Insomma, abbastanza per dare credibilità a chi, come McKinnon, sostiene che il governo USA abbia potuto sviluppare tecnologie spaziali molto più avanzate di quanto ufficialmente dichiari, ma si guardi bene dal comunicarlo all’opinione pubblica.
Rivelazioni come quelle di McKinnon prospettano un’Umanità non solo totalmente all’oscuro del reale operato dei propri governi, ma addirittura mantenuta in una bolla che la separa da quanto avviene intorno al proprio pianeta e dalle reali scoperte tecnologiche, in grado di rivoluzionare la vita di tutti i giorni. Una umanità che sembra quella del film 
The Village (USA, 2004), dove una comunità di persone vive come se il XIX secolo non fosse mai finito, circondata da un bosco che delimita il confine della loro vita: chi tenta di oltrepassarlo incontra creature mostruose che lo obbigano a retrocedere o gli procurano la morte…  ma chi riesce nell’eroica impresa di avere la meglio sui guardiani della soglia, scopre che la vita al di fuori è molto più evoluta e avanzata di quella da sempre vissuta nel villaggio.

Gary McKinnon, mosso dalla curiosità che per natura spinge l’uomo a voler varcare i propri confini, ha tentato di oltrepassare il bosco che circonda il villaggio globale e la risposta delle autorità statunitensi è stata tutt’altro che diversa da quella che oggi costringe Snowden a rimanere in Russia. Scoperto all’indomani dell’11 Settembre per un suo fatale e banale errore (avrebbe inserito il suo indirizzo di posta elettronica per scaricare un programma di condivisione a distanza da un sito amministrativo!), McKinnon è stato accusato dalla Corte federale del distretto orientale della Virginia di aver attentato alle infrastrutture critiche nazionali, danneggiando computer federali e mettendo così a rischio la sicurezza degli Stati Uniti. Meno male che non è successo durante il mandato del progressista Obama, dove oggi un’azione anche di impatto assai minore verrebbe considerata terroristica e comporterebbe la detenzione a Guantanamo o in altre strutture di prigionia simili o peggiori. La passione per gli UFO avrebbe potuto costare a McKinnon settant’anni di carcere (dieci per sette imputazioni diverse) se alla fine lo stato di diritto britannico non avesse prevalso. Ma i tifosi di Albione hanno poco da sorridere: sebbene la sua intrusione informatica non fosse un reato nel Regno Unito, di cui è cittadino e nel cui territorio ha operato, l’aplomb di Londra ha avuto la meglio sul bullismo yankee solo in extremis, quando ormai nessuno ci sperava più.

A destra: Lucy Clarke, fidanzata di Gary McKinnon, abbracciata durante una protesta contro il comportamento insolito della giustizia britannica ai danni del fidanzato (foto di Cate Gillon/Getty Images Europe)

Le autorità britanniche interrogarono più volte Gary McKinnon sin da subito, nel 2002, e nel 2005 stavano per consegnarlo nelle mani degli USA dopo l’approvazione dell’Extradiction Act (la legge sull’estradizione) che autorizzava alla consegna di cittadini britannici che avessero commesso reati ai danni di paesi stranieri. Oltre all’appoggio mai venutogli meno della madre e della fidanzata, intorno a McKinnon si è creata negli anni una vasta rete di persone che vedevano nella sua vicenda una minaccia ai diritti civili di ogni britannico; ma a nulla sono valse le rimostranze e gli appelli presentati alla Camera dei Lord, alla Corte europea per i Diritti Umani e all’Alta corte britannica, facendo leva sul fatto che l’Extradiction Act non fosse in vigore all’epoca dei fatti. Solo a gennaio del 2010, a causa dell’insorgere in Gary della sindrome di Asperger (una forma di autismo) e di una forte depressione, la richiesta di non estradizione è stata accolta perché in contrasto con la legislazione internazionale sui diritti umani sottoscritta da Londra. Ma quattro mesi dopo, alla Segreteria di Stato approda Theresa May, che in base alle valutazioni di esperti indipendenti incaricati di valutare il caso di McKinnon (che non l’hanno mai consultato o visitato), espresse la volontà di accontentare Washington. Solo all’ultimo momento si decise invece di salvarlo dal diventare l’ennesimo detenuto incappucciato e ammanettato di cui non si sarebbe più saputo nulla, come la maggior parte dei detenuti nelle prigioni segrete USA, incriminati per motivi molto più futili.
Se il livello di informazioni possedute oggi da Edward Snowden è simile a quello scoperto undici anni fa da Gary McKinnon, si possono ben comprendere le affermazioni di Glenn Greenwald e i conseguenti timori di Washington. Ma per sua fortuna, Snowden gode di ciò che all’
hacker del Pentagono è mancato: la visibilità mediatica di tutto il villaggio globale. E, forse, dell’appoggio di Russia, Cina e Sud America. Obama è avvisato.

Articolo di Jacopo Castellini

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