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L’Inghilterra, i mille e la Russia

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La storia dietro le quinte di uno sbarco trasversale

Centocinquant'anni fa lo sbarco dei mille in Sicilia che determinerà le sorti dell'Italia. Cosa c'entra la Russia? C'entra in una sorta di guerra asimmetrica (1) che ha come scenario l'Oriente, lontano e vicino, tra l'Impero Britannico, padrone dei mari, e l'Impero Russo, tutto continentale, euroasiatico, sempre più bisognoso di sbocchi sicuri sul mare.

Il Regno delle due Sicilie era un fedele alleato dello Zar e rappresentava una potenziale mina (2) vagante nel cuore del Mediterraneo. La guerra di Crimea, promossa con abilità e astuzia da Lord Stratford de Radcliffe, aveva impedito lo scivolamento dell'Impero Turco nella sfera di influenza russa. Ora c'erano da eliminare i Borbone, poco docili ai diktat commerciali di Londra e in possesso di una possente e moderna flotta. Nasce così quella che è stata definita una delle più capillari e pianificate opere di corruzione (a suon di piastre turche – la moneta che contava nelle acque del mare nostrum) di tutti i tempi.

Che l'operazione dei Mille sia stata attuata sotto l'egida della corona inglese non lo nega più nessuno; gli inglesi non si limitarono ad un al sostegno delle camicie rosse e dei rivoltosi in loco; in qualsiasi momento infatti l'esercito borbonico, costituito da più di cento mila unità, avrebbe potuto schiacciare i “volenterosi” garibaldini. Occorreva ben altro e questo ben altro furono: “soldi a palate” e promesse di nuovi vantaggi e nuovi onori, almeno per molti alti ufficiali. Non ci fu nessuna eroica impresa. Nessuna battaglia di Calatafimi. Ci fu solo il miracolo dell'oro… che trasformò pochi avventurieri, alcuni dei quali sinceramente idealisti, in eroi di quella che fu semplicemente la storia di un'invasione, dell'occupazione e del saccheggio sabaudo del Meridione, ispirato e finanziato dal governo di sua maestà inglese.

Il Regno delle due Sicilie era, nonostante l'immagine negativa tramandataci, lo stato con l'economia più in salute nella penisola, con molti settori all'avanguardia, come quello siderurgico che garantiva piena autonomia alla sua industria pesante; le casse dei Borbone facevano gola e saranno prosciugate per far nascere un'Italia tutta sabauda e con i maggiori centri produttivi spostati nel Nord.

Ma torniamo alla Russia, i cui interessi nell'Italia Meridionale sono dimostrati anche da 150 milioni di obbligazioni statali russe. C'è un libro, pubblicato alcuni anni fa, che ci introduce nei meandri della diplomazia che precedette e accompagnò lo sbarco di Garibaldi: Le relazioni tra il Regno di Napoli e l'Impero di Russia tra il 1850 e il 1860 nelle carte dell'Archivio dei Borbone di Eldo Di Gregorio (3). Si tratta per la maggior parte di rapporti e lettere che giungono da San Pietroburgo da i reali rappresentanti dei borboni alla corte dell'Imperatore. La Russia ha ben chiaro il ruolo dell'Inghilterra e di Lord Palmerston, “fautore e promotore di tutte le rivoluzioni che accadano nel Continente” (4), ma non potrà giocare un ruolo attivo in difesa dei Borbone, potrà solo cercare di consigliare Napoli affinché non rimanga intrappolata in giochi che di rivoluzionario hanno solo il vestito.

La Russia punta ad un accordo tra il Piemonte e il Regno delle Due Sicilie, che avrebbe la forza di spiazzare gli interessi delle altre superpotenze. L'Inghilterra lavora esattamente nell'opposta direzione: allo scontro che porti all'assorbimento del secondo nel primo.

A sbarco già avvenuto, la Russia non smette di agire diplomaticamente e di manifestare la sua solidarietà al sovrano di Napoli, ma al contempo si mostra stupita della scarsa iniziativa del governo borbonico. Ecco cosa scrive da Pietroburgo il Duca della Regina tra la fine di giugno e l'inizio di luglio del 1860:

Non debbo celarle che qui si vede con rammarico che il Real governo non profitta delle difficoltà che incontra Garibaldi nell'organizzazione del suo Governo rivoluzionario, che trova opposizione, si nella nobiltà che è antiunionista, che nel Popolo il quale odia la coscrizione militare, e che la generalità della Sicilia non sospira che rivedere messa in vigore la costituzione del 1812; come di non avere ancora, il Real Governo, istituito un centro di governo con Alter ego, in Messina, onde servire di punto di riunione per coloro rimasti fedeli alla Dinastia, siccome lo provano i diversi indirizzi pervenuti da Catania, Siracusa, ed altre città dell'Isola, – e che colui rivestito dell'Alter ego sia un Militare ed uomo di Stato nel tempo medesimo, per servire di contro peso politico al governo rivoluzionario di Palermo, senza lasciar tempo a questo di potersi organizzare ed estendersi. (5)

La Russia prende in considerazione anche la possibilità di intervenire con le proprie navi, ma lo farebbe solo di comune accordo con la Francia. Ecco cosa disse Napoleone III all'ambasciatore sardo a Parigi:

Le Prince Gortchakoff m'accuse de favoriser la revolution, et declare que jamais la Russie ne sera dans le camp des revoultonannaries; il propose une intervetion maritime en faveur du Roi de Naples, et il annonce formellement que jamais la Russie ne permettra l'annexion de la Sicile au Piemont. (6)

Le lettere che giungono dalla Russia sottolineano anche l'indecisione politica oltre che militare del sovrano borbonico:

Non si comprende perché il Real Governo avendo in mano la risposta del Conte Cavour, in cui è detto in nome del Re Vittorio Emanuele che Garibaldi usurpa onninamente il nome di S.M. Sarda e che il Governo Piemontese disapprova tutti gli atti di quel condottiero, non l'abbia immediatamente pubblicata nel Giornale Officiale di Napoli e che la tenga tuttavia celata invece di spargerla per le stampe ed accrescere così gli imbarazzi di Garibaldi e compromettere nel tempo medesimo il Governo Sardo. (7)

Si incita all'azione:

Si desidera dunque vedere il Real Governo agire con più energia, sia nelle operazioni militari, sia nell'azione politica, procurando di riunire i partigiani della Costituzione Siciliana del 1812… (8)

Francesco II non mollerà tutto subito, ma la sua resistenza fino all'anno seguente, nelle fortezze di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto, saranno azioni eroiche ma tardive. Sarà spazzato via dalla geopolitica risorgimentale. La Russia, che aveva sconfitto Napoleone e che nel passato era giunta in soccorso della monarchia, questa volta aveva potuto solo esercitare verbalmente la sua protesta. Non poteva competere con l'oro britannico. Quello stesso oro che alimenterà la rivoluzione all'interno dei suoi confini e che 57 anni dopo garantirà il rientro di Trockij in Russia e decreterà la fine dei Romanov.

Giuseppe Iannello


Note:

(1) Antonella Grippo in Uno Dio e Uno Re (Napoli, 2008, ) afferma: “L'Inghilterra favorisce l'unità perché teme la saldatura del Regno di Napoli con la Russia e, quindi, il suo sbocco nel Mediterraneo“ (p.118)
(2) Antonio Gramsci parla di potenziale “feudo russo nel centro del Mediterraneo”: in A. Gramsci, Il Risorgimento, Torino, 1975, p. 138
(3) Eldo Di Gregorio, Le relazioni tra il Regno di Napoli e l'Impero di Russia tra il 1850 e il 1860 nelle carte dell'Archivio dei Borbone, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2006
(4) Ibidem, p. 114
(5) Ibidem, p. 175
(6) Ibidem, p. 179
(7) Ibidem, p. 181
(8) Ibidem, p. 183


Articolo tratto dal sito Russian Echo


PER RESTARE IN TEMA:

Antonio Ciano, Il massacro di Napoli e del Regno delle Due Sicilie, appunti su un genocidio (leggi qui)

Jacopo Castellini, Così nasceva una nazione, su NEXUS New Times n. 98 (pubblicato integralmente qui)

Paolo Cortesi, Il Patto. Sappiamo davvero chi governa il mondo?, Nexus Edizioni (nel nostro shop)

>>> puoi leggere la recensione di Giovanni Pacchiano sul Sole 24 Ore qui
 

                


 

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