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Israele e Iran: La “guerra del suicidio”

La guerra tra Israele e Iran, secondo l’analisi di Cesare Sacchetti, su La Cruna dell’Ago, non è solo un’escalation militare, ma il sintomo di una “sanguinaria febbre imperialista” che sta portando lo stato ebraico verso un’inesorabile autodistruzione. Sacchetti argomenta che la mancanza di lucidità del governo israeliano e la sua folle ambizione di costruire un “Grande Israele” dal Nilo all’Eufrate stanno condannando il paese a una crisi sistemica e alla perdita del suo storico potere.

Israele e Iran

Israele e Iran: una spirale pericolosa

L’attacco israeliano a siti nucleari iraniani, come quello di Isfahan, era basato sull’illusione di poter arrestare il programma nucleare di Teheran. Sacchetti sottolinea come il Parlamento iraniano, tramite il suo portavoce Abbas Goudarzi, abbia già ribadito che nulla fermerà tale programma, che anzi potrebbe accelerare. Questa reazione, secondo Sacchetti, dimostra come Tel Aviv sia ormai indifferente alle conseguenze delle sue azioni, agendo con una “sanguinaria febbre imperialista” che ricorda il massacro del popolo palestinese a partire dal 7 ottobre 2023.

La “strana tecnologia israeliana a intermittenza”

Sacchetti mette in discussione la presunta efficienza militare e tecnologica di Israele, evidenziata dai resoconti occidentali sulle infiltrazioni in Iran. Si chiede come mai queste capacità non siano state impiegate per difendere i cittadini israeliani durante il presunto assalto di Hamas del 7 ottobre. L’autore ipotizza che il 7 ottobre sia stato un “evento catalizzatore” necessario per Israele per avviare il “genocidio dei palestinesi” e giustificare l’espansione territoriale. Questa narrazione, secondo Sacchetti, è supportata da “troppe testimonianze e troppe prove” che indicano come Israele abbia sacrificato le vite dei propri cittadini per i suoi scopi imperialisti, ben oltre la semplice costruzione di uno stato nazionale ebraico.

La fine del “secolo ebraico” e il ruolo di Donald Trump

Uno degli aspetti centrali dell’analisi di Sacchetti è la convinzione che il “secolo del potere sionista ed ebraico” sia giunto al termine. Il mondo post-Seconda Guerra Mondiale non esiste più, e con esso è tramontata l’era della superpotenza americana che interveniva in Medio Oriente per compiacere Israele. Donald Trump, secondo Sacchetti, rappresenta la “svolta” in questo cambio di paradigma. Contrariamente alla narrativa che lo associa al sionismo, Trump ha progressivamente disimpegnato gli Stati Uniti da Israele, come dimostrano il ritiro graduale dalla Siria dal 2019 e i recenti accordi commerciali con paesi arabi senza passare da Tel Aviv. Sacchetti sottolinea come la risposta iraniana agli attacchi israeliani sia avvenuta senza alcun intervento americano a favore di Israele, un fatto impensabile solo 20 anni fa, quando figure come George W. Bush e i “sionisti neocon” controllavano la politica estera americana.

Le crepe interne e il futuro incerto

L’articolo evidenzia le crescenti crepe nella solidità interna di Israele. Sacchetti menziona una “guerra civile strisciante” interna, attentati (come quello subito da Netanyahu a settembre dagli Houthi, non riportato dai media), incendi devastanti di origine ignota e le dimissioni di alti vertici dei servizi segreti israeliani. Riferisce inoltre di cittadini israeliani che passano informazioni a Teheran, a dimostrazione di una crescente disaffezione. Molti israeliani, secondo Sacchetti, stanno abbandonando il paese, stanchi di una “condizione di guerra permanente” e desiderosi di una vita normale. Queste diserzioni di “risorse vere” come ingegneri, informatici e architetti, che tornano nei loro paesi di origine, sono un chiaro segnale della crisi. La follia suicida del governo israeliano, che si è salvato da un voto di fiducia notturno e si è “svignato in Grecia nel momento più drammatico”, porta a prevedere un “caos generalizzato” e una “feroce lotta per il potere”.

I Rothschild e la ricostruzione del Terzo Tempio

Sacchetti conclude la sua analisi ripercorrendo le origini dello stato di Israele, affermando che la sua nascita non fu una volontà diffusa tra gli ebrei, ma il risultato della “esplicita volontà della potente famiglia Rothschild”, che iniziò a comprare terre in Palestina alla fine dell’Ottocento. L’autore collega questa volontà alla “ricostruzione del Terzo Tempio di Gerusalemme” e all’attesa del “moschiach” (messia) da parte di movimenti e sette sioniste come Chabad Lubavitch, che auspicano l’avvento di un “Nuovo Ordine Mondiale” sotto il dominio dell’impero israeliano. Sacchetti paventa che, dopo il governo Netanyahu, si stia arrivando a una “catastrofe” per Israele, che non riesce ad accettare la realtà e la cui caduta, se non troverà leader di buon senso, sarà “fragorosa e disastrosa”.

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