
La meteorite di Hoba non ha un cratere da impatto. Ed è un caso unico al mondo.
Hoba è la meteorite più grande conosciuta sulla terra, sia per massa che per volume. Prende il nome dal luogo del ritrovamento, la fattoria di Hoba West vicino a Grootfontein, nella regione di Otjozondjupa in Namibia. Fu scoperta casualmente ad inizio del XX secolo, quando l’aratro di West la urtò.
La composizione della meteorite è 84% ferro e circa 16% nichel, con alcune tracce di cobalto ed altri elementi. Sulla superficie si trovano incrostazioni di idrossido di ferro.
Strutturalmente è classificata come una meteorite ferrosa del tipo atassite, ma ha caratteristiche uniche, come la serie di irregolarità sulla sua superficie (chiamate regmaglypts) che si attribuiscono all’intenso riscaldamento e attrito a cui è stata sottoposta entrando nell’atmosfera.
Le sue dimensioni sono di 2,7 x 2,7 m ed ha uno spessore di 90 cm circa. Originariamente pesava 66 tonnellate, ma in seguito di a fenomeni erosivi, campionamenti e vandalismi, oggi il suo peso si è ridotto a circa 60 tonnellate.
Hoba è la meteorite più grande conosciuta sulla terra, sia per massa che per volume e mantiene tale primato nonostante vandalismi, campionamenti e fenomeni erosivi gli abbiano sottratto 6 tonnellate di materiale in 100 anni.
Si ritiene che sia caduta al suolo esattamente nel luogo dove si trova oggi, più di 80.000 anni fa, senza, però, lasciare un cratere da impatto e questo è un caso unico al mondo e un mistero che fa dibattere gli esperti.
Sono state fatte varie ipotesi per spiegare come mai sia stato rinvenuto praticamente in superficie e senza alcuna traccia di cratere da impatto. Si parla di una traiettoria con angolo poco ampio che, unita alla forma piatta e alla frenata atmosferica l’avrebbe rallentata. O della presenza di uno strato di ghiaccio sulla superficie al momento dell’impatto.
Nessuna delle teorie avanzate, però, riesce effettivamente a spiegare un cratere del tutto inesistente.
Nessuna delle teorie è riuscita a spiegare l’assenza di un cratere da impatto. Tranne una.
Ce n’è una, però, che fa eccezione ed è del geofisico John A. Burgener. In estrema sintesi lo studioso ha considerato la differenza fra meteoriti e comete e i vari tipi di crateri da impatto che generano. Si è concentrato sulle comete che viaggiano sul piano dell’eclittica (sostanzialmente il piano ideale nello spazio che passa per l’equatore del sole e per quello del nostro pianeta e su cui la Terra percorre la sua orbita).
L’asse di rotazione terrestre non è perpendicolare all’eclittica ma è inclinato di poco più di 23° (con rotazioni a trottola che completano un giro ogni 25.772 anni e altre oscillazioni e movimenti a spirale di minore entità). Questa inclinazione diventa significativa per le comete che viaggiano sull’eclittica perché nel momento dell’impatto non hanno una traiettoria perpendicolare rispetto alla superficie ma un’inclinazione, che determina la formazione di un cratere non circolare ma ellissoidale con l’asse maggiore dell’ellisse orientato a poco più di 23° gradi rispetto all’equatore.
I crateri ellissoidali sono rarissimi per gli asteroidi ma non per le comete
Finora è stato riconosciuto un solo cratere ellittico ed è il Matt Wilson in Australia e sono ritenuti eventi molto rari, per quanto riguarda gli asteroidi, che viaggiano a 25 km al secondo. Ma se prendiamo in considerazione le comete, che viaggiano anche a 75 km al secondo, l’impatto in grado di generare un cratere ellittico diventa molto meno raro.
Perché il geofisico si concentra sulle comete? Perché sono più veloci, più grandi, più porose, con minore densità rispetto agli asteroidi. Quando entrano in atmosfera le comete possono facilmente frammentarsi, in una serie di oggetti solidi, che colpiscono il suolo a bassa velocità. Se non si frammentano possono penetrare nella crosta terrestre oppure rimbalzare. Gli studi sono pochi in proposito, ma alcuni hanno dimostrato che i corpi porosi e allungati producono crateri ridotti in profondità ed ellissoidali nella forma, “ammucchiando” crosta terrestre da un lato oppure espellendola in modo esplosivo.
Ma che c’entrano i crateri ellissoidali con il mistero della Meteorite di Hoba che è tale proprio per assenza di un cratere da impatto?
Come si risolve il mistero
Per quanto riguarda l’assenza di un cratere da impatto per la Meteorite di Hoba, John A. Burgener ritiene che la meteorite fosse parte di un oggetto più grande che si è frammentato in un altro punto e che sia giunto nella posizione attuali per effetto di un vettore prevalentemente orizzontale. In pratica una cometa più grande ha colpito la Terra con un angolo molto basso, è rimbalzata, frammentandosi e sparando le sue parti “a farfalla”. La Meteorite di Hoba sarebbe uno di questi frammenti. Burgener ha rinvenuto nelle vicinanze la formazione ellissoidale del cratere da impatto della cometa, ed è il lago Etosha Pan – uno specchio d’acqua poco profondo lungo 150 km, orientato a 23,4 gradi. Ai lati del lago ci sono inoltre due depressioni “a farfalla” compatibile con gli schizzi sparati da una frammentazione da impatto. Hoba si trova entro questa “farfalla”. “Indagini con magnetometro in questa zona – precisa il geofisico – potrebbero rilevare l’eventuale presenza di altri frammenti di meteoriti metallici, confermando questa ipotesi”.


Lo studio esamina anche altre strutture ellissoidali sul pianeta e ne individua numerose, tutte accomunate dal non avere una spiegazione geologica plausibile: il Mar Nero, il Mar Caspio, il bacino del Tarim, i Grandi Laghi, il golfo di Biscaglia, la depressione di Qattara. Talmente tanti da essere inquietanti.
Ci si domanda, inevitabilmente: quante volte il pianeta è stato bombardato dalle comete? E quando succederà di nuovo?
Per approfondire la storia della meteorite di Hoba (in inglese):
The history of the Hoba Meteorite
parte 1, 2, 3