È della Scottish Association for Marine Science la scoperta che i fondali oceanici producono ossigeno oscuro, così chiamato perché generato in totale assenza di luce.
L’ossigeno oscuro si chiama così perché viene generato in totale assenza di luce.
Fino a pochi anni fa si riteneva che l’ossigeno sul nostro pianeta fosse stato prodotto da primordiali organismi fotosintetici, cioè da qualcosa di vivo che sfruttava la luce del sole, ma due scoperte a distanza di breve tempo, hanno rivoluzionato questo dogma.
Nel 2023 gli scienziati dell’Università di Calgary hanno determinato che nelle falde acquifere di profondità viene prodotto ossigeno da batteri, in assenza di luce.
Nel 2024, una ricerca scozzese ha invece scoperto che i noduli polimetallici presenti nei fondali marini, producono ossigeno, in assenza sia di luce che di batteri, dimostrandoci anche che ci sono ancora molte cose che non sappiamo sui nostri oceani e sull’origine del nostro ecosistema.
I noduli polimetallici
Era noto che nei fondali oceanici vi fossero i noduli polimetallici, concrezioni minerali formate da strati concentrici di idrossidi di ferro e di manganese che circondano uno o più nuclei centrali.

Foto di User Koelle
Queste formazioni hanno dimensioni variabili, da particelle visibili solo al microscopio fino a grosse masse di più di 20 cm di diametro e la loro crescita è uno fenomeno geologico molto lento (un centimetro in milioni di anni). La loro distribuzione è molto variabile; in alcuni casi si toccano l’un l’altro e coprono più del 70% della superficie del fondale, in altri sono più distanziati. Si possono ritrovare a qualsiasi profondità, anche in laghi, ma i maggiori giacimenti sono stati individuati al di sotto dei 4.000 metri di profondità.
Poiché contengono anche litio, rame, manganese e cobalto, materiali che vengono impiegati nella costruzione di batterie, questi agglomerati hanno da tempo destato l’interesse dell’industria estrattiva.

La Scottish Association for Marine Science effettuava studi oceanici nel Pacifico nella zona di Clarion-Clipperton (CCZ), dove i sondaggi hanno da tempo rilevato la presenza di enormi giacimenti di noduli polimetallici. Utilizzando esperimenti in situ con camere bentoniche, i ricercatori si aspettavano un “normale” calare della concentrazione di ossigeno dovuto all’attività di organismi che vivono in profondità, e invece hanno rilevato il contrario. La concentrazione di ossigeno aumentava in modo significativo. I test sono stati ripetuti con l’aggiunta di cloruro mercurico che uccide i microrganismi noti in grado di produrre ossigeno, andando ad escludere l’esistenza di un fattore “organico”. La conclusione è stata quindi che sono proprio i noduli polimetallici presenti nel fondale oceanico a produrre l’ossigeno. La produzione di ossigeno oscuro è stata osservata in più esperimenti e in diverse località della zona di Clarion-Clipperton (CCZ).

Foto di Rov Kiel 6000, GEOMAR
Batterie naturali nei fondali oceanici
Si teorizza che i noduli polimetallici siano geo-batterie, in grado di produrre energia dalla differenza di potenziale tra ioni metallici all’interno degli strati dei noduli, portando a una ridistribuzione interna degli elettroni. Tale energia attiverebbe il processo elettrolitico dell’acqua del mare, producendo da essa ossigeno e idrogeno.
La scoperta dell’ossigeno oscuro prodotto dai fondali oceanici del nostro pianeta ha implicazioni significative per gli ecosistemi abissali e per la comprensione dell’evoluzione dell’ossigeno sulla Terra. “Potenzialmente abbiamo scoperto una nuova fonte naturale di ossigeno – ha detto Andrew K. Sweetman, a capo del gruppo di ricercatori – Quanto sia pervasiva nel tempo e nello spazio, non lo so. Ma è qualcosa di molto, molto interessante”.

Implicazioni e interrogativi
Al momento non è chiaro quanto sia estesa e importante tale produzione di ossigeno su scala mondiale e come queste geo-batterie sul fondale marino abbiano inciso sulla formazione della vita sul nostro pianeta, ma è di tutta evidenza che questa scoperta meriti approfondimenti e soprattutto esorti alla cautela prima di andare a stravolgere il delicato equilibrio oceanico con attività estrattive dei noduli polimetallici, per sfruttare le potenzialità minerarie dei fondali.
In precedenza una ricerca effettuata dall’Università di Calgary ha scoperto che le falde acquifere del sottosuolo contengono molti microbi del tipo Archaea che producono metano e soprattutto grandi quantità di ossigeno disciolto, di origine biologica, prodotto da questi stessi microrganismi.
L’ossigeno, dunque, essenziale per la vita della maggior parte degli esseri viventi della Terra, e che compone il 20,8% della nostra atmosfera, non è prodotto soltanto in superficie, per interazione con il sole, ma in altri modi e ambienti, privi di luce e – nel caso dei fondali oceanici – in assenza di forme di vita fotosintetiche.
Che ruolo ha avuto l’ossigeno oscuro, per la stabilizzazione dell’ossigeno nella nostra atmosfera? E qual è il suo ruolo attuale nel nostro ecosistema? Quanto ne viene prodotto su scala mondiale? Sono domande aperte che esortano a ulteriori ricerche e approfondimenti.
La scoperta è di estremo interesse anche sul piano astronomico, perché ha implicazioni sulla geologia planetaria.