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I delfini parlano… e si drogano

I delfini parlano tra di loro, hanno suoni identificativi individuali (come i nostri nomi propri e) – a differenza degli umani – non si interrompono, non si sovrappongono e non si urlano a vicenda. Insomma: oltre a possedere un linguaggio complesso e articolato, seguono regole di una buona conversazione.

I delfini si parlano e si drogano
A questa straordinaria ipotesi sono giunti, tra gli altri, i ricercatori dell’Istituto russo Karadag Nature Reserve, studiando per alcuni anni due delfini tursiopi del Mar Nero, Yasha (maschio) e Yana (femmina).

Lo studio russo si è focalizzato sull’analisi dei pacchetti di impulsi mutuamente non coerenti, segnali acustici emessi dai delfini durante periodi di relativa quiete in una piscina di cemento di grandi dimensioni presso la Stazione Scientifica Karadag T.I. Vyazemsky. L’utilizzo di un sistema di registrazione a due canali, con una tecnologia avanzata in grado di catturare frequenze fino a 220 kHz e una gamma dinamica di 81 dB, ha permesso di registrare con precisione i segnali acustici e di attribuirli al singolo delfino che li aveva emessi.

La caratteristica più significativa dei segnali acustici esaminati è la loro complessità: ciascuno presenta una forma d’onda e uno spettro unici, diversi da tutti gli altri all’interno dello stesso pacchetto e da quelli emessi successivamente. Ciò ha portato i ricercatori a ipotizzare che ogni singolo impulso rappresenti una “parola”, mentre l’intero pacchetto costituisca una “frase”.
Yasha e Yana si sono alternati nell’emissione degli impulsi, senza interruzioni reciproche, il che suggerisce una forma di comunicazione dialogica, dove l’ascolto attento precede la risposta. Uno schema di conversazione con pause, tonalità e tempi del tutto analogo a quello umano.

La durata estremamente breve degli impulsi è un elemento cruciale che distingue il “linguaggio” dei delfini da quello umano. Mentre il linguaggio umano si basa su una sequenza di fonemi nel tempo, nel caso dei delfini, ogni “parola” sembra essere costituita da una combinazione simultanea di diversi estremi spettrali, distribuiti su una vasta gamma di frequenze (da 6-15 kHz fino a 160 kHz). Questa caratteristica implica una capacità di elaborazione delle informazioni acustiche straordinariamente sviluppata, ben superiore a quella umana.

Il confronto con i criteri di Hockett  per il linguaggio umano evidenzia la notevole somiglianza tra il linguaggio dei delfini e quello umano.

La ricerca russa – pur nei limiti delle condizioni di cattività e dei soli due esemplari esaminati – indica l’esistenza di un linguaggio parlato altamente sviluppato nei delfini, con caratteristiche complesse e analogie sorprendenti con quello umano, ma con una struttura acustica fondamentalmente diversa e adattata all’ambiente acquatico.

La comunicazione tra i delfini ha diverse finalità, innanzitutto la protezione delle femmine e della specie. I maschi dei tursiopi, si riuniscono in gruppi da quattro-cinque, si scambiano informazioni utili e comunicano allerta in caso di pericolo per le femmine. Usano una serie di impulsi, ripetuti da 2 a 49 volte, con i quali formano frasi specifiche.

Ogni delfino ha il suo “fischio”, che funziona come il nome dell’uomo, in grado di differenziare ciascun esemplare dall’altro. I caratteristici suoni emessi sono chiamati “fischi”, “clic” e “scatti” e possono variare di frequenza, durata e modulazione. Vengono associati anche a gesti corporei della coda e delle pinne, ampliando la gamma di messaggi trasmessi esattamente come gli umani comunicano anche col linguaggio non verbale.

L’incredibile capacità di elaborazione acustica dei delfini Yasha e Yana, e la loro sofisticata abilità comunicativa, aprono nuove prospettive di ricerca e sollecitano lo sviluppo di tecnologie innovative per facilitare la comunicazione tra umani e delfini, superando le barriere fisiologiche e permettendo di comprendere questo affascinante linguaggio e la complessa intelligenza che lo sottende.

Studi su esemplari in libertà

Ha studiato la comunicazione dei delfini anche il gruppo di ricerca guidato da Bruno Diaz Lopez, direttore del Bottlenose Dolphin Research Institute (BDRI), a Golfo Aranci, in Sardegna, che ha studiato una sessantina di tursiopi in libertà, sia in superficie che sott’acqua.

Lo studio ha riscontrato, ad esempio, che quando si devono contendere il cibo, l’esemplare dominante pronuncia un “discorso” che induce gli altri a desistere. Hanno riscontrato differenza tra i dialoghi tra due esemplari e le conversazioni di gruppo, il tipo di segnale emesso per verificare se la femmina è in fase ovulatoria e le diverse conversazioni per la formazione di gruppi intenti a specifiche attività.

Gli studi  di Liz Hawkins, famosa ecologa marina esperta di cetacei, hanno individuato almeno 1600 suoni distinti, formanti 186 categorie, a conferma di un sistema di comunicazione complesso ed elaborato. Successivi studi hanno inoltre riscontrato che ciascun gruppo sociale ha un suo proprio “dialetto” non sempre comprensibile per i cetacei estranei allo stesso.

i delfini si parlano e si drogano
Alcuni ricercatori americani, in uno studio pubblicato su Pnas hanno dimostrato la capacità dei delfini di modificare il loro linguaggio quando si rivolgono ai piccoli. Il linguaggio diventa materno, anche questo molto simile a quello delle donne. Le femmine adulte dei delfini, con i piccoli, modificano la frequenza delle vocalizzazioni, e in questo modo parlano più lentamente, per facilitare la comprensione dei piccoli e rinsaldare il legame madre-figlio.

Poiché riesce a parlare così bene, il delfino è anche in grado di apprendere capacità tecniche e relazionali. Il loro cervello è evoluto e presenta complessità neurale, con aree specializzate per diverse funzioni cognitive. Mostra, inoltre, un’enorme espansione delle regioni coinvolte nella percezione sensoriale e nella comunicazione. Gli studi condotti  su delfini dal naso a bottiglia hanno rivelato una sorprendente capacità di apprendimento sociale. Questi affascinanti cetacei sono stati osservati mentre imparavano a cacciare semplicemente osservando i loro compagni.

La memoria dei delfini è straordinaria, superando persino quella di altri mammiferi, ad eccezione dell’uomo. Una ricerca ha dimostrato che questi intelligenti animali sono in grado di riconoscere un compagno con il quale hanno interagito pur se solo per pochi mesi, anche dopo 20 anni, basandosi unicamente sul suo fischio distintivo. Altri studi hanno determinato che in presenza di situazioni complesse da risolvere i delfini aumentano le loro conversazioni per elaborare una soluzione condivisa.

i delfini si parlano e si drogano

IA per tradurre il linguaggio dei delfini

Recentemente Google ha annunciato un nuovo modello aperto di intelligenza artificiale (IA) chiamato DolphinGemma, progettato per aiutare i ricercatori a comprendere meglio il modo in cui comunicano i delfini e potenzialmente per iniziare a interagire con loro. È il risultato di una collaborazione tra Google e il Wild Dolphin Project (WDP), che dal 1985 conduce il più longevo progetto di ricerca subacquea sui delfini, seguendoli nel corso delle generazioni.

Questo approccio non invasivo, basato sull’osservazione “nel loro mondo, alle loro condizioni”, ha permesso di raccogliere un insieme di dati unico e incredibilmente ricco: decenni di registrazioni video e audio subacquee, accuratamente associate all’identità di ogni delfino, alla sua storia di vita e ai comportamenti osservati. È qui che entra in gioco DolphinGemma.

L’intelligenza artificiale, addestrata estesamente sul database acustico del WDP, aiuterà i ricercatori a comprendere la comunicazione dei delfini e possibilmente a gettare le basi per un protocollo di dialogo interattivo.

I delfini si drogano… forse

In un documentario sui delfini della BBC, le telecamere camuffate hanno ripreso i cetacei importunare un pesce palla fino a farlo gonfiare e rilasciare la tetrodotossina, quindi passarselo tra di loro. Subito dopo si rilassavano, lasciandosi andare in superficie in uno stato catatonico. Sebbene non si tratti di uno studio scientifico vero e proprio, la deduzione è che la neurotossina del pesce palla, assunta in piccole dosi, abbia un effetto rilassante e narcotizzante noto e gradito ai delfini e che la scena ripresa sia a tutti gli effetti equivalente ad uno “sballo” di gruppo, nel quale – però – il pesce palla non si è divertito.

fermo immagine del documentario della BBC

I delfini in antichità

Le culture orientali antiche (egiziana, babilonese, ecc.) considerano il delfino come entità che accompagna i defunti verso l’aldilà o in connessione con le divinità del mare. Nell’antica Grecia era considerato una manifestazione del dio Apollo e animale sacro a Poseidone e a Venere.
Ma c’è un mito ancora più suggestivo che riguarda i delfini. Comincia con un gruppo di pirati che decidono di imprigionare un ricco e giovanissimo passeggero per venderlo come schiavo. Uno di loro, di nome Acete, si affeziona al giovinetto e lo protegge dalle angherie degli altri. Finché il viandante rivela la sua vera identità divina: è Dioniso, e scatena sui suoi rapitori tutta la sua ira, trasformando la nave in una festa dionisiaca selvaggia, con profumi inebrianti, piante e animali feroci.

I pirati, colti panico e delirio, si gettano fuori bordo. Acete prega Dioniso di risparmiare loro la vita e il dio acconsente, trasformandoli in delfini, asserviti al dio del mare.

Da allora i delfini cercano di redimersi, accompagnando le navi, salvando gli uomini che cadono in acqua e cercando di portare gioia ai naviganti.

E questo era il suggestivo modo in cui i nostri antenati spiegavano l’inusuale socievolezza di questi straordinari mammiferi e i loro comportamenti quasi “divini”.

Hydria a figure nere con Dioniso che trasforma i pirati in delfini, VII secolo a.C., VI secolo a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma


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