Bastava un test positivo entro 30 giorni dal decesso perché si finisse tra le morti causate dal COVID-19, anche in assenza di sintomi.
Un recente studio retrospettivo eseguito da un gruppo di medici degli ospedali greci, pubblicato su Nature, ha analizzato le cartelle cliniche di tutti i decessi ospedalieri classificati come morti causate dal CoVID-19, avvenuti in 7 ospedali di Atene dal 01 gennaio al 31 agosto 2022. In tutto sono state studiate 530 documentazioni cliniche.
I risultati del riesame, che ha incluso colloqui con i medici curanti, hanno stabilito che il 45,28% di queste morti (240 casi) non erano attribuibili e neanche correlabili al COVID-19. Per il 29,6% dei decessi (157 casi), il COVID-19 non era la causa principale ma ha contribuito alla catena di eventi che hanno portato alla morte. Infine solo il 25,1% delle morti (133 casi) era direttamente causato dal COVID-19.
Tra i 240 pazienti deceduti “con” COVID, la principale causa di morte è stata la sepsi batterica/shock settico (105/240), seguita da polmonite ab ingestis (63/240), insufficienza renale acuta (10/240), ictus (15/240), insufficienza cardiaca (19/240) e tumori di organi solidi o ematologici (28/240).
Dunque i dati ufficiali delle morti causate dal COVID-19 sono stati “gonfiati”, ma perché e come?
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) utilizza le linee guida emanate dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), definendo a fini di sorveglianza come decessi attribuibili a COVID-19 tutti i decessi “derivanti da una malattia clinicamente compatibile in un caso probabile o confermato di COVID-19, a meno che non vi sia una chiara causa alternativa di morte che non può essere correlata alla malattia da COVID (es. trauma)”.
Nel Regno Unito, Danimarca e in molti altri paesi (fra cui l’Italia), tutti i decessi per i quali è stato registrato un test PCR positivo al SARS-CoV-2 entro 30 giorni dalla data del decesso sono stati registrati come decessi causati dal COVID-19. Similmente anche in Grecia, bastava un tampone positivo alla SARS-CoV-2 al momento del decesso per essere classificato come morte per COVID-19.
Questo tipo di classificazione ha “gonfiato” in modo significativo la mortalità associata all’epidemia SARS-CoV-2, alterandone anche la percezione pubblica.
Analoghe revisioni dei dati sui decessi avvenute in Danimarca hanno mostrato che quasi il 40% dei casi classificati come morti per COVID-19 non hanno avuto il COVID-19 come effettiva causa del decesso. Analoghe distorsioni sono emerse in Svezia e in Cina.
Nel suo libro “Covid: verità e libertà negate”, 2022, il dott. Mariano Amici ha insistito molto su questo aspetto, denunciando di come anche le persone con politrauma, decedute a seguito di incidente stradale, se positive al tampone (di cui ha messo in discussione l’affidabilità), venivano catalogate come morti causate dal COVID-19, falsando i dati e la “spaventosità” dell’epidemia.
Morire con il Covid e morire a causa del Covid sono due situazioni molto diverse, ma le autorità hanno fatto finta che fossero la stessa cosa.
Se ti è piaciuto questo articolo, ti può interessare anche “Proteina Spike dei Vaccini mRNA, presenza prolungata nelle arterie cerebrali e rischio di ICTUS”