Operazioni oltre confine: convergenze operative tra Ucraina e Israele nella guerra asimmetrica moderna
Negli ultimi anni, lo scenario bellico globale ha subito trasformazioni radicali. Le modalità convenzionali di condurre una guerra sono state affiancate — e in parte sostituite — da approcci più flessibili, discreti e tecnologicamente sofisticati. È in questo quadro che emergono sorprendenti parallelismi tra due teatri di conflitto molto diversi per geografia, cultura e contesto: l’Ucraina, impegnata nei confronti della federazione russa, e Israele, in costante attrito con l’Iran.
Pur combattendo nemici diversi e su fronti distinti, Kiev e Tel Aviv hanno adottato strategie molto simili: colpire infrastrutture strategiche ben oltre il fronte, sfruttando tecnologia avanzata, pianificazione a lungo termine e operazioni coperte, nonché ovviamente il supporto di agenzie di intelligence esterne, perlopiù anglosassoni. Una nuova forma di guerra non dichiarata, ma estremamente efficace.
L’arte della penetrazione invisibile
Entrambe le nazioni hanno sviluppato capacità di penetrazione nelle profondità del territorio nemico, puntando su un mix di intelligence umana e tecnologica. In Ucraina, sono emerse informazioni su come i servizi speciali abbiano contrabbandato droni all’interno del territorio russo, spesso utilizzando comuni mezzi civili. Questi sistemi, assemblati e nascosti in luoghi insospettabili, venivano poi attivati da remoto per colpire asset militari cruciali, come i bombardieri strategici Tu-95 e gli aerei radar A-50. In tal modo, Kiev è riuscita a danneggiare piattaforme aeree fondamentali per la proiezione di potenza russa.
Similmente, Israele ha colpito in profondità il territorio iraniano attraverso operazioni coperte che hanno incluso il posizionamento di droni kamikaze e dispositivi di guerra elettronica nei pressi di siti nucleari e infrastrutture militari, con modalità speculari a quelle adoperate dall’Ucraina. È probabile che questi attacchi siano stati preceduti da un’accurata fase di infiltrazione, supportata da reti clandestine interne all’Iran, e realizzati con precisione chirurgica, senza ricorrere a mezzi convenzionali.
Data l’estrema somiglianza delle rispettive modalità, risulta difficile escludere che la pianificazione e almeno parte della logistica non siano riconducibili alla stessa regia…
Tecnologia semplice, effetti devastanti
Un aspetto che accomuna le due campagne è l’uso di tecnologie accessibili e a basso costo per ottenere risultati strategici. L’Ucraina, ad esempio, ha sfruttato droni dal costo inferiore ai mille euro per distruggere velivoli e radar del valore di milioni. Anche Israele ha fatto largo uso di droni “usa e getta”, capaci però di eludere i sistemi difensivi iraniani e colpire obiettivi critici.
Questo tipo di guerra asimmetrica ribalta i tradizionali equilibri tra investimento e impatto: piccoli gruppi armati o cellule clandestine, dotati di sistemi agili, possono danneggiare in modo sostanziale forze molto più grandi e strutturate. La precisione e l’imprevedibilità sono diventate armi decisive, ma va detto che almeno sul piano teorico da parecchi anni sono emersi sistemi russi basati sull’uso di container in grado di occultare e poi utilizzare ben altro che semplici droni, bensì varie tipologie di missili da crociera compatti, sofisticati ed estremamente letali. Alla luce di quanto abbiamo visto all’opera negli ultimi tempi, non si può escludere che tali sistemi vedano infine un utilizzo pratico in teatri bellici al momento imprevedibili…
Colpire per destabilizzare
In entrambi i casi, comunque, gli attacchi non mirano soltanto alla distruzione fisica di un obiettivo, ma intendono intaccare la capacità di deterrenza del nemico. Colpire un bombardiere strategico o una struttura nucleare non significa solo provocare un danno tecnico, ma compromettere l’efficacia complessiva del dispositivo militare avversario.
Inoltre, le conseguenze psicologiche e geopolitiche di queste azioni sono rilevanti: per Mosca, la perdita di asset strategici sul proprio territorio mina la percezione di invulnerabilità interna. Per Teheran, gli attacchi ripetuti sul proprio suolo mettono in discussione la sicurezza delle sue infrastrutture più protette.
Operazioni a lunga gestazione
L’efficacia di queste azioni non è solo legata alla tecnologia impiegata, ma anche alla meticolosa pianificazione che le precede. Secondo fonti riservate, la campagna di Kiev contro le infrastrutture aeree russe avrebbe richiesto più di un anno di preparazione, con lo sviluppo di una rete logistica clandestina capace di trasportare e nascondere materiali sensibili nel cuore della Russia.
Allo stesso modo, Israele ha dimostrato di saper integrare dati di intelligence, capacità di infiltrazione e tecnologie avanzate in piani operativi a lungo termine, capaci di bypassare anche le difese più sofisticate.
Il ruolo implicito degli alleati
Nonostante l’assenza di dichiarazioni ufficiali, è difficile pensare che operazioni di tale complessità siano avvenute senza almeno un supporto tecnico o informativo da parte degli alleati occidentali. In particolare, la componente di guerra elettronica e di intelligence satellitare potrebbe essere stata fornita da partner come gli Stati Uniti o il Regno Unito, mantenendo tuttavia una distanza politica sufficiente da evitare escalation diplomatiche.
Nuove vulnerabilità e rischi di escalation
Le operazioni analizzate evidenziano anche le crescenti vulnerabilità delle infrastrutture militari moderne. La facilità con cui droni relativamente primitivi riescono a penetrare spazi aerei protetti e colpire obiettivi sensibili dovrebbe far riflettere anche le grandi potenze sulla necessità di aggiornare i propri sistemi difensivi.
Inoltre, resta elevato il rischio di escalation. Gli attacchi ucraini hanno già scatenato rappresaglie russe su larga scala, con gravi perdite civili. Analogamente, gli attacchi israeliani in Iran hanno scatenato una risposta devastante da parte di quest’ultimo, e portato a minacce esplicite contro obiettivi statunitensi nella regione, alimentando la possibilità di un conflitto su più fronti.
La preoccupazione crescente è che questa modalità di guerra “ombra”, fondata su operazioni speciali, guerra elettronica e droni commerciali riconvertiti, diventi un modello adottabile anche da altri attori, statali o meno. Il rischio è una proliferazione di operazioni clandestine, difficili da attribuire e potenzialmente destabilizzanti, anche in contesti finora ritenuti sicuri. La somiglianza tra le operazioni condotte da Ucraina e Israele non è casuale: entrambe le nazioni hanno saputo adattarsi a un contesto di guerra non simmetrica, facendo leva su iniziativa, sorpresa e tecnologia accessibile per bilanciare il gap con avversari militarmente più potenti. Queste strategie rappresentano il volto emergente della guerra moderna, dove la superiorità non si misura più solo in uomini e mezzi, ma nella capacità di colpire il cuore del nemico senza farsi vedere.
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