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I nostri soldi sperperati dall’UE tra spese folli e ipocrisia

Dove vanno i nostri soldi?

In un momento storico in cui ai cittadini europei si chiedono sacrifici economici, l’Unione Europea decide di stanziare milioni di euro per progetti non solo discutibili, ma apertamente ipocriti e potenzialmente pericolosi. Due bandi europei appena scaduti rivelano una spesa pubblica che grida vendetta.


Controllo delle narrazioni: “Spiare” i cittadini con i nostri soldi.

La retorica ufficiale parla di lotta alla disinformazione, ma la realtà sembra ben più inquietante. Ben 1,5 milioni di euro sono stati destinati al “European Narratives Observatory”, con l’obiettivo dichiarato di monitorare le narrazioni online e identificare “tattiche, tecniche e procedure per distorcere il dibattito pubblico”. Si tratta di fatto di un meccanismo per spiare ciò che i cittadini dicono e pensano online, sotto la falsa bandiera della “protezione”.

A questo si aggiungono 1,6 milioni di euro per l’analisi dell’influenza di misinformazione e disinformazione sulle “credenze radicate” nei paesi dell’UE. In altre parole, l’Europa vuole capire come le persone pensano e, presumibilmente, come “ri-educarle”. Questi non sono progetti di trasparenza o libertà di espressione, ma chiaramente progetti di controllo, volti a modellare il discorso pubblico secondo un’agenda predefinita. La beffa è che spesso i maggiori distortori della verità non sono i cittadini comuni, ma gli stessi governi e le istituzioni europee.


Fact-Checking a senso unico pagati con i nostri soldi

La situazione non migliora con il bando da 1,6 milioni di euro destinato ad aumentare l’impatto dei contenuti di fact-checking. Un’iniziativa che, a prima vista, potrebbe sembrare lodevole, se non fosse per la clausola inaccettabile: l’enfasi deve essere posta sulla “propaganda a favore del Cremlino”.

Come può un’attività di fact-checking definirsi “indipendente” se le viene imposto di focalizzarsi su un solo fronte? La disinformazione non è un fenomeno esclusivo della Russia. Esiste la disinformazione pro-America, pro-Israele, pro-Ucraina, e da innumerevoli altre fonti. Ignorare sistematicamente queste altre forme di distorsione della verità rende il cosiddetto “fact-checking” un mero strumento di propaganda di parte, finanziato con i soldi dei contribuenti europei. In un mondo complesso, la ricerca della verità unidirezionale è una contraddizione in termini.


E siccome al peggio non c’è mai fine:

Il Fondo Europeo per la Difesa per finanziare Israele.

Un’inchiesta congiunta di Investigate Europe, della redazione francese Disclose e del sito greco Reporters United ha scoperchiato il vaso di Pandora riguardo al Fondo Europeo per la Difesa (EDF), creato per rafforzare l’autonomia strategica europea.

Oltre 15 milioni di euro sono stati destinati a Intracom Defense, un’azienda greca controllata al 94,5% da Israel Aerospace Industries (IAI), la più grande azienda statale produttrice di armi di Israele. L’acquisizione di Intracom da parte di IAI è avvenuta nel maggio 2023, e ben sette dei 15 progetti in cui Intracom è coinvolta, per un valore di circa 15 milioni di euro, sono stati assegnati dopo l’ottobre 2023, ovvero dopo l’inizio del conflitto a Gaza.

Intracom Defense coordina in particolare il programma ACTUS, un progetto pilota quadriennale da 59 milioni di euro (di cui 42 milioni provenienti da fondi pubblici UE) per lo sviluppo di tecnologie per droni destinate alle forze armate europee. Questo include l’integrazione di armi, il tracciamento in tempo reale degli individui e la loro classificazione come potenziali bersagli. Collaborano al progetto giganti come la francese Safran e l’italiana Leonardo, e ben sette ministeri della Difesa europei (Francia, Belgio, Grecia, Norvegia, Svezia, Cipro e Finlandia).

La IAI è un pilastro fondamentale dell’industria bellica israeliana e la produttrice dei droni Heron, impiegati dall’aeronautica militare israeliana per operazioni di puntamento e spionaggio, inclusi quelli utilizzati nella Striscia di Gaza.

L’articolo 9 del regolamento dell’EDF consente finanziamenti a società straniere se registrate in Europa e se forniscono “garanzie” sulla non divulgazione di informazioni sensibili a soggetti esterni. Nel caso di Intracom Defense, queste garanzie sono fornite al governo greco, stretto alleato di Israele.

Secondo l’inchiesta, l’inclusione di un’azienda israeliana nel sistema di finanziamento della difesa europeo riflette la volontà dell’UE di attingere alla “competenza militare qualitativa” di Israele, specialmente nel campo dei droni kamikaze. Un esperto della difesa citato dall’inchiesta ha affermato: “Abbiamo bisogno delle competenze israeliane che ci mancano. Credo che questo spieghi l’acquisizione di Intercom… Vogliamo sviluppare i nostri droni kamikaze e abbiamo bisogno di un tocco israeliano in questo settore.”


L’ipocrisia europea

C’è una netta contraddizione tra la retorica politica europea e le sue azioni concrete. Marc Botenga, membro della Commissione per la sicurezza e la difesa del Parlamento europeo, ha denunciato una “problema strutturale nell’architettura di sicurezza dell’Unione europea”. Ancora più dura la critica di Aymeric Elwin di Amnesty International Francia: “Come può l’Europa invocare la pace mentre, attraverso un fondo presumibilmente destinato a rafforzare la difesa europea, sostiene un’industria israeliana implicata nel genocidio e il cui primo ministro è oggetto di un mandato di arresto per crimini contro l’umanità?”. (Si riferisce al mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale nel novembre 2024 per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu).

La regolamentazione del Fondo europeo per la difesa non impone rigidi controlli etici sull’uso o l’esportazione della tecnologia prodotta nei progetti finanziati. L’articolo 7 si limita a stabilire che i progetti devono essere conformi alle leggi nazionali e internazionali, affidando la valutazione a un “comitato di esperti indipendenti” di cui non si conosce l’identità. Botenga ha definito questo sistema di controllo “debole” e “ridicolo”, concludendo che “l’attuale quadro del fondo non fornisce sufficienti garanzie per impedire che i progetti dell’UE contribuiscano a violazioni del diritto internazionale umanitario.”


Nel frattempo: comprate l’auto elettrica per salvare il pianeta.



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