Con il contributo fondamentale della missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), gli astronomi stanno riscrivendo quello che pensavamo di sapere sulla nostra galassia, la Via Lattea.
Prima di Gaia, gli astronomi sapevano che la Via Lattea è una galassia a spirale, un disco appiattito di stelle con braccia che si avvolgono attorno a un nucleo denso. Tuttavia, il numero esatto di queste braccia era oggetto di dibattito. “Prima di Gaia, non sapevamo se ci fossero due o quattro braccia a spirale nella Via Lattea,” afferma Sergey Khoperskov, astrofisico presso il Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics in Germania. “Ora abbiamo prove che ce ne sono quattro.”
Le braccia a spirale sono regioni di gas e materia stellare più dense, che appaiono bluastre in altre galassie a causa della presenza di stelle calde e massicce. Queste stelle, essendo giovani, indicano che le braccia sono zone attive di formazione stellare. Gaia, misurando con precisione la distanza delle stelle, ha permesso di identificare queste regioni di maggiore densità stellare, fornendo la “più grande immagine delle braccia a spirale della Via Lattea basata direttamente sull’osservazione delle stelle”.
Il nostro Sole si trova in una delle due braccia più piccole, nota come braccio di Orione, a circa 26.000 anni luce dal centro galattico, impiegando circa 230 milioni di anni per completare un’orbita. La natura delle braccia è ancora oggetto di studio.
Jos de Bruijne, vice scienziato del progetto Gaia dell’ESA, paragona le braccia a spirale a “ingorghi stradali”, aree in cui le stelle si concentrano in attesa di passare attraverso una sorta di “collo di bottiglia”. Questa analogia aiuta a comprendere come le stelle si muovano all’interno delle braccia senza che le braccia stesse siano composte sempre dalle stesse stelle.
Quando la nostra galassia si scontrò con la galassia nana del Sagittario
Oltre alle strutture principali, i dati di Gaia hanno rivelato che l’intero disco galattico è un ambiente dinamico, costantemente influenzato da forze interne e, in modo significativo, da interazioni con altri corpi celesti. La nostra galassia è un sistema “vivo”, perturbato e ifluenzato dalle più vicine galassie nane e ammassi stellari. A volte avvengono anche scontri e cannibalizzazioni. Come è il caso della galassia nana del sagittario, che è stata catturata – forse definitivamente – alla terza collisione.
Nel 2018, un team dell’Università di Barcellona ha scoperto un gruppo di milioni di stelle che seguivano un modello di posizione e movimento a forma di chiocciola nel disco della nostra galassia. Le loro minuziose analisi hanno rivelato che questa anomala “increspatura” era molto probabilmente il risultato di una delle passate collisioni con la galassia nana del Sagittario.
Si ritiene che le collisioni periodiche con questa galassia nana abbiano avuto un effetto così significativo da influenzare profondamente il modo in cui le stelle si muovono nella Via Lattea. Alcuni astronomi ipotizzano persino che la caratteristica struttura a spirale della Via Lattea, così iconica, possa essere una diretta conseguenza di queste collisioni.
Stelle “fuggiasche” e “catturate”
La Via Lattea è anche un “predatore” cosmico, strappando stelle da galassie nane e ammassi stellari con cui interagisce. I dati di Gaia hanno identificato flussi di stelle strappate da questi corpi, che si estendono per migliaia di anni luce. Questi flussi sono preziosi per valutare la forza gravitazionale e la distribuzione della massa della Via Lattea, offrendo indizi su come le galassie acquisiscano stelle.
Inoltre, Gaia ha scovato stelle nel disco della Via Lattea che viaggiano a velocità così elevate da poter sfuggire alla sua attrazione gravitazionale o che potrebbero essere state espulse da altre galassie e successivamente catturate. “Delle sette milioni di stelle di Gaia con misurazioni complete della velocità 3D, ne abbiamo trovate venti che potrebbero viaggiare abbastanza velocemente da poter eventualmente sfuggire alla Via Lattea,” spiega Elena Maria Rossi, dell’Università di Leiden, co-autrice di uno studio recente. La maggior parte di queste stelle ad alta velocità sembra dirigersi verso il centro galattico e potrebbe provenire dalla Grande Nube di Magellano, una galassia relativamente piccola che orbita attorno alla Via Lattea, o addirittura da galassie più lontane. “Le stelle possono essere accelerate a velocità elevate quando interagiscono con un buco nero supermassiccio,” spiega Rossi. “La presenza di queste stelle potrebbe essere un segno di tali buchi neri in galassie vicine.” Oppure, potrebbero essere state parte di un sistema binario in un’altra galassia, proiettate verso la Via Lattea quando la loro stella compagna è esplosa come supernova. Se così fosse, porterebbero con sé l’impronta del loro luogo di origine, fornendo un’opportunità unica per studiare universi distanti.
L’onda di Radcliffe
Nel 2019, una scoperta rivoluzionaria ha ulteriormente rimescolato le carte sulla struttura della Via Lattea. Tre scienziati associati al Radcliffe Institute for Advanced Studies dell’Università di Harvard hanno scoperto che le nubi di gas interstellare in prossimità del Sole formano un’onda lunga 9.000 anni luce che ondeggia per circa 500 anni luce al di sopra e al di sotto del disco galattico. Questa onda, larga 400 anni luce, fa parte di quello che gli astronomi descrivono come il Braccio Locale, un piccolo braccio a spirale della Via Lattea vicino al Sole.
Prima di questa scoperta, si credeva che tali nubi nella zona solare fossero concentrate nella Cintura di Gould, un anello di giovani stelle, gas e polvere. “Invece, ciò che abbiamo osservato è la più grande struttura di gas coerente che conosciamo nella galassia, organizzata non in un anello ma in un filamento massiccio, ondulato, stretto e dritto,” afferma João Alves, professore di Astrofisica Stellare presso l’Università di Vienna e uno degli scopritori della struttura, ora denominata Onda di Radcliffe.
Il Sole si trova a soli 500 anni luce dall’onda nel punto più vicino, quasi come se la stesse “surfando”. Secondo i modelli esistenti, il Sole ha attraversato l’onda circa 13 milioni di anni fa e la attraverserà di nuovo in futuro. “L’onda è stata proprio di fronte ai nostri occhi per tutto il tempo, ma non siamo riusciti a vederla fino ad ora,” aggiunge João.
Il disco deformato
Una delle scoperte più affascinanti, resa possibile in parte dai dati di Gaia, è che il disco della Via Lattea è deformato.

Le prime prove di questa deformazione sono emerse dalle mappature di Gaia delle posizioni e dei movimenti di oltre un miliardo di stelle. Queste osservazioni hanno rivelato che la nostra galassia si estende più di quanto si pensasse e che il suo bordo esterno presenta una struttura increspata e una chiara deformazione.
Il consenso generale ha a lungo attribuito queste deformazioni a antiche collisioni galattiche, come quella con la galassia nana del Sagittario. Tuttavia, un nuovo studio, pubblicato su arXiv, propone un’interessante teoria alternativa: la deformazione delle galassie, inclusa la nostra, potrebbero essere causata da un alone di materia oscura inclinato.
Sappiamo che la maggior parte delle galassie, compresa la Via Lattea, è circondata da un massiccio alone di materia oscura, che contiene la maggior parte della massa della galassia stessa. Se questo alone è inclinato rispetto al piano del disco galattico, gli effetti gravitazionali potrebbero distorcere il disco.
Gli autori dello studio hanno esaminato i dati della simulazione TNG50 di IllustrisTNG, una simulazione supercomputerizzata dell’evoluzione galattica che include l’evoluzione cosmologica, la materia oscura e interazioni magnetoidrodinamiche dettagliate. Da questi dati, hanno dimostrato che la regione interna dell’alone di materia oscura può essere significativamente inclinata rispetto al piano galattico, e che queste inclinazioni possono essere causate sia da collisioni galattiche che da passaggi ravvicinati tra galassie. L’orientamento di questi aloni può persistere per miliardi di anni, un tempo ampiamente sufficiente per indurre una deformazione galattica.
Il team ha quindi analizzato una galassia virtuale all’interno della simulazione, con dimensioni ed età simili alla Via Lattea e un alone di materia oscura inclinato. Dopo 6 miliardi di anni di evoluzione simulata, il risultato ha mostrato notevoli somiglianze tra la Via Lattea osservata e la galassia modellizzata.
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