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11 dicembre 1946, Padova in rivolta contro le truppe di occupazione inglesi

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Sopra: truppe Alleate entrano a Padova (q.re Bassanello) nel 1945 (foto di Marco Meneghello – fonte)


La Storia di questo Paese riserva sempre delle grandi sorprese, e di certo la Scuola e l'informazione tradizionale non mostrano molto interesse nello stimolare la nostra curiosità, che viene spesso invece direzionata verso ricostruzioni falsate della realtà. Navigando in rete, si possono però trovare degli spunti di riflessione molto utili, e fare così delle scoperte molto molto importanti, soprattutto se tali spunti sono ben documentati. È il caso di queste notizie risalenti al 1946, ad un anno dalla "liberazione" festeggiata ogni 25 aprile, riesumate dalla cronaca del quotidiano socialista italico Avanti!, organo ufficiale del Partito Socialista (allora PSIUP, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) che raccontano delle "brutali violenze" (citazione testuale) degli "occupanti" (citazione testuale) britannici, statunitensi e polacchi contro la popolazione civile di Padova e di Napoli. Molto significativo che l'esercito di occupazione degli Alleati venga riconosciuto come tale dai quotidiani della sinistra dell'epoca, tanto che, come leggerete all'interno dell'articolo, "Parri, il nostro primo Presidente del Consiglio, partigiano, nel novembre del 1945, sottoposto alle pressioni dell’ammiraglio inglese Stone e del generale polacco Anders, scrisse a Togliatti per convincerlo a mettere freno alla campagna di denuncia della stampa di sinistra contro le illegalità commesse dalle truppe alleate". Insomma, crimini e violenze, che facevano rimpiangere l'occupazione "nazi-fascista", che venivano regolarmente denunciate dalla stampa socialista e comunista, che riconosceva in USA, Regno Unito ed alleati degli "occupanti" del territorio italico, e non dei "liberatori", come oggi vuole la vulgata comune, di cui gli eredi delle tradizioni politiche citate sono alfieri. Tale considerazione si può affiancare alle dichiarazioni in tema di unificazione europea fatte dagli esponenti del Partito Comunista Italiano nei primi dieci anni del Dopo guerra, che vedeva nel partito della bandiera rossa il principale oppositore di tale processo di unificazione, poi divenuto l'UE, considerato uno strumento di asservimento agli USA e di imposizione di politiche capitaliste agli stati sovrani (ne abbiamo parlato qui).

Cosa è successo nel frattempo? E che fine hanno fatto queste, occultate, informazioni?
Buona riflessione e soprattutto buona, attenta, lettura.

P.S. rispetto al post originale, pubblicato dal sito Puglia Antagonista, ci siamo permessi di correggere le citazioni dall'Avanti!, dove apparivano frettolosamente riportate, per mantenere fede al testo originario di tali articoli, come potrete constatare dal confronto con l'originale scansionato (concesso dall'Archivio Storico Benedetto Petrone). [Redazione NEXUS]


Ovvero 70 anni d’Italia tra carota e manganello

«Padova, 11. – (ANSA) Gli incidenti di ieri hanno provocato in città una ondata di sdegno contro il comportamento degli autisti alleati che, come è noto, mietono ogni giorno vittime innocenti fra la popolazione civile.»

Inizia così la cronaca di due giorni di “ordinaria violenza” e di Resistenza attiva contro le truppe di occupazione inglesi che con il loro comportamento nei confronti dei cittadini di Padova, costringono gli stessi quasi a rimpiangere i giorni dell’occupazione nazifascista. Il bilancio di due giorni di fuoco è di decine di civili, tra cui molte donne, feriti in modo anche grave, negozi devastati da inferociti soldati di Sua Maestà Britannica, ma anche alcuni di essi sonoramente pestati da Padovani decisi nel non sopportare più i loro soprusi.

Stiamo parlando di una pagina di “Resistenza” volutamente rimossa dalla storiografia ufficiale interessata a coniare la medaglia ad unica faccia da “Liberatori “ alle Forze Armate dei Paesi Alleati vittoriose sul Nazifascismo, ma trasformatesi in forze occupanti e guardiani degli interessi economici e militari delle grandi potenze nello scacchiere europeo nato dopo il 1945.
Un’Europa divenuta campo di battaglia di una nuova guerra, fatta di muri, incubi di olocausto nucleare, colpi di Stato e di regimi imposti con i carri armati, che avrebbe condizionato irreparabilmente il cammino democratico e la voglia di libertà di centinaia di milioni di esseri umani. L’Italia come tristemente sappiamo fu il Paese, dopo la Grecia, nel campo occidentale, che visse più di tutti sotto la spada di Damocle del Colpo di Stato Permanente e dove i servizi segreti e gli ambienti più conservatori ed antipopolari degli USA e della NATO, in nome dell’anticomunismo viscerale ebbero un ruolo determinante come dimostrato nella stagione delle stragi fasciste.

Singolare per alcune coincidenze, la vicenda di cui oggi parliamo, ovvero la rivolta di Padova del 1946, visto che nella stessa città, una ventina di anni dopo una “cellula neofascista”, con coperture di servizi segreti NATO, fu coinvolta a vario titolo nella strage di piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre del 1969, la madre della stagione delle stragi.

È proprio sui giornali di un altro 12 dicembre, ma del 1946, che appaiono le cronache sdegnate e preoccupate di quanto avviene nella città di Sant’Antonio protettore dei poveri e degli oppressi. Proseguiamo la lettura del prestigioso “Avanti!”, l’organo ufficiale di quel Partito Socialista Italiano (PSIUP), che nel secondo governo De Gasperi, in quei giorni, ha incarichi ministeriali importantissimi a partire da quello ricoperto dal suo leader carismatico Nenni, come vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri:

«Ad essi è aggiunta stasera (11 dicembre 1946, ndr) verso le 18, una grave provocazione da parte di un centinaio di soldati inglesi (l’inchiesta successiva appurerà che erano 150, ndr) che armati di sfollagente di bastoni, si sono riversati improvvisamente nel centro della città, malmenando i passanti.
Un vero senso di terrore si è immediatamente sparso per la città. Mentre la popolazione si affrettava ad armarsi come poteva di sassi, bastoni e mattoni da alcuni edifici in ricostruzione per far fronte agli energumeni e i negozi calavano velocemente le saracinesche, i militari inglesi, forse avvinazzati, sfogata la loro ira, preferivano dileguarsi man mano che la furia popolare prendeva consistenza.
Intanto essi avevano già ferito una decina di civili, alcuni dei quali versano in gravi condizioni.
Una folla numerosa allora si dava alla rappresaglia malmenando e bastonando quanti inglesi trovassero sul suo passaggio; quindi dava l’assalto all’Albergo Regina occupato dalle truppe alleate e parecchi militari ne sono usciti malconci. Dall’Albergo i militari assediati hanno risposto a colpi di rivoltella.
Chiusi tutti i ritrovi e cinema, la popolazione si è barricata nelle case e le strade deserte sono percorse da automezzi della polizia italiana ed alleata.
Un (primo, ndr) comunicato del Comando alleato sconfessa l’operato dei militari dipendenti.»

Per ironia della sorte quel comunicato dei nostri Liberatori ed Alleati, ebbe vita breve poiché come leggiamo nell’articolo che riferisce del giorno successivo, e pubblicato il 13 dicembre sull'Avanti!, si diffonde la voce che al contrario gli Alleati vorrebbero multare la città di Padova della somma di 15 milioni di lire (l’equivalente di 1 milione di euro) per i danni subiti.

Gli echi di quanto successo nella città del Santo giunsero addirittura nella Assemblea Costituente che aveva tra i suoi componenti proprio il sindaco di Padova, il socialista onorevole Costa.

«Ieri (12 dicembre 1946, ndr) all’Assemblea Costituente tre interrogazioni sono state rivolte sui gravi incidenti accaduti a Padova nei giorni scorsi. Una delle interrogazioni è stata rivolta dal sindaco della città, compagno onorevole Costa.
Il Sottosegretario agli Interni, informa che l’investimento che ha dato luogo alla protesta della popolazione di Padova è avvenuto in una zona dove esisteva il divieto di passaggio. Il conducente (militare inglese, ndr) della macchina investitrice fu malmenato e tre cittadini rimasero feriti di cui uno gravemente. Nella dimostrazione alcuni automezzi alleati furono danneggiati. La nostra polizia, prontamente intervenuta, evitò più gravi fatti e ristabilì l’ordine, il che fu riconosciuto e lodato dalle autorità alleate. Mentre la calma era ritornata, ieri, circa duecento militari alleati si aggirarono per la città percuotendo cittadini e infrangendo le vetrine dei negozi.
Il Governo esprime tutto il suo rincrescimento per quanto è accaduto, ma oltre i deplorevoli fatti di carattere episodico, non si dimentichi che con i soldati alleati abbiamo combattuto insieme la guerra di liberazione».

Un cliché utilizzato per coprire e assolvere altre nefandezze compiute da militari alleati, a partire dagli stupri ed assassinii compiuti dalle truppe coloniali francesi nel Centro Italia, ma che poi sarà rivisto ed aggiornato in nome della guerra umanitaria, o della guerra al terrorismo internazionale pur di giustificare ogni governo del nostro Paese nell’accettare limitazioni alla sovranità nazionale in cambio di un piatto di lenticchie.

Una subalternità dalle radici profonde che si evince da come Parri, il nostro primo Presidente del Consiglio, partigiano, nel novembre del 1945, sottoposto alle pressioni dell’ammiraglio inglese Stone e del generale polacco Anders, scrisse a Togliatti per convincerlo a mettere freno alla campagna di denuncia della stampa di sinistra contro le illegalità commesse dalle truppe alleate pur conoscendo

”bene le doglianze che il Partito comunista muove per il modo di agire nei suoi riguardi delle truppe polacche; […] Ma io ho comunque il dovere di farti presente che la delicatezza del momento politico è tale che, quali che siano gli incidenti che possano aver provocato le accennate pubblicazioni, è consigliabile evitare manifestazioni destinate a suscitare le diffidenze da parte degli Alleati e maggiori difficoltà al Governo…”.

Purtroppo dobbiamo constatare che ancor oggi, 70 anni dopo, le bende sugli occhi e sulla bocca per impedire denunce scomode sui nostri protettori atlantici non sono mai state strappate. Ritornando alle cronache sui fatti di Padova, nelle pagine dell’Avanti!…

«Il compagno Costa (l’onorevole socialista e sindaco di Padova, ndr), ricorda che i fatti dei giorni 10 e 11 (dicembre 1946, ndr) hanno un precedente nei continui investimenti da parte degli automezzi alleati. Dopo aver ribadito che il giorno 10, mezzi alleati vollero transitare per strade dove era vietato il passaggio travolgendo perfino la guardia preposta al servizio d’ordine, l’oratore prende atto delle dichiarazioni del Sottosegretario.»

Per placare gli animi alla Costituente dovette intervenire in giornata lo stesso De Gasperi dicendosi rattristito per ciò che era avvenuto nella città veneta e animato di senso di dolore e commiserazione per le vittime ma…

«Ma, al di sopra delle preoccupazioni che un tale episodio può destare, bisogna ricordare una cosa: la gloriosa Padova partigiana e i valorosi soldati britannici hanno combattuto in comune nella guerra di liberazione, hanno lottato fianco a fianco per la libertà e la democrazia; è questo, oggi, che deve essere presente nello spirito degli uni e degli altri.»

anticipando di voler mettere una pietra tombale sulle denunce, in attesa che da Turchia e Egitto arrivasse grano, dall’Argentina navi cariche di cereali e carni e dall’America pacchi dono natalizi, carbone e acciaio e materie prime, insomma il necessario per sfamare gli affamati e rimettere in moto l’apparato produttivo di un Paese portato alla rovina dal regime fascista di Mussolini.

Quanto fosse difficile in quegli anni mettere il bavaglio ad una stampa “di lotta e di governo” lo si evince dal resto dell’articolo che fregandosene delle dichiarazioni concilianti di De Gasperi continuava a denunciare:

«Si apprende intanto da Padova che il Comando Alleato ha diramato un comunicato sugli incidenti, nel quale cerca di rivolgere sulla popolazione la responsabilità di quanto è accaduto, ma tale versione contrasta con lo svolgersi degli avvenimenti. Ci comunicano infatti da Padova che l’altro ieri sera 150 militari inglesi usciti dalla caserma dell’ex 58 Reggimento Fanteria erano perfettamente inquadrati ed armati di bastoni e armi, si dirigevano intenzionalmente verso le vie del centro ove una volta giunti all’improvviso, come per effetto di un ordine prestabilito e senza la minima provocazione da parte dei cittadini, si abbandonavano a selvagge scene, malmenando i passanti senza alcuna discriminazione di sesso e di età e sfasciando tutto quanto capitava alla portata delle loro clave.»

Seguono poi l’elenco di ordinate manifestazioni di 5.000 studenti al canto dell’Inno di Mameli e di 10.000 lavoratori inquadrati dalla Camera del Lavoro sfilati in un silenzio, foriero di ben altre risposte dinanzi alle sedi dei Comandi alleati. Con il meccanismo della carota e del bastone, il Comando militare alleato da un lato emanava un ordine di no-entry nella città di Padova di truppe anglo-sassoni non di guarnigione, ma dall’altro faceva correre la voce della multa a Sant’Antonio di 15 milioni di lire per essersi schierato con gli oppressi.

Per comprendere che dimensione raggiunse il fenomeno di autisti militari, americani, inglesi, polacchi, in preda ad alcool o semplicemente sprezzanti della vita dei civili italiani, lo si desume da un calcolo fatto in quei tre anni dai partiti di sinistra che parla di oltre 4000 vittime, un numero che sembrerebbe enorme ma che si avvicina di molto alla realtà facendo i dovuti raffronti attraverso la lettura dei quotidiani dell’epoca:

Cronaca di Napoli (l’Avanti! dell’11 dicembre 1946, in stampa durante i fatti di Padova, ndr)
«Disprezzo assoluto per le nostre vite – Due cittadini investiti da automezzi alleati – La jeep che ha ridotto in fin di vita il settantenne Di Pinto è contrassegnata col numero 20355149
Ieri verso le 7,30 un pedone è stato travolto e conciato in malo modo da un automezzo inglese.
Il disgraziato attraversava via Roma all’altezza di Piazza Augusteo, quando veniva raggiunto da un’auto alleata che percorreva la principale arteria cittadina a forte velocità.
Raccolto da alcuni passanti e trasportato ai Pellegrini, il poveretto, non ancora identificato, presentava una larga ferita alla arcata sopraccigliare sinistra con fuoriuscita di materia cerebrale.
Più tardi, a Fuorigrotta, un settantenne, Di Pinto, veniva investito da una jeep contrassegnata dal numero 20355149, riportando frattura del braccio sinistro e commozione cerebrale.»

Per interrompere questa catena di omicidi stradali in lingua inglese si dovette attendere il ritiro completo di tutte le truppe di occupazione alla fine del 1947, ma iniziava l’anno dopo, il 1948 con la sconfitta elettorale delle sinistre un nuovo capitolo che con l’adesione dell’Italia alla NATO nel 1950, avrebbe condotto il nostro Paese a siglare accordi che regalavano territori, basi, tratti di mare, isole intere al servizio delle esigenze strategico-militari del Grande Fratello a stelle e strisce. Con l’avvento del Capitalismo globalizzatore ben altri diktat hanno asservito ogni ganglio vitale della società italiana, pur contrastato da mille rivoli di resistenza. La stessa vittoria del NO alle modifiche di una Costituzione, pur mai compiutamente applicata, ne è un esempio e la chiusura della crisi di governo in tempi record è un segnale di quanta sia la paura che il popolo italiano rialzi la testa in nome della libertà.

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 12 dicembre 2016

Fonte: pugliantagonista.it – Tramite: byebyeunclesam.wordpress.com


 

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