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ADHD: quando la logica e la scienza perdono la strada

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Il dibattito intorno al tema ADHD è incentrato su tre differenti piani.

Il primo, quello su cui sembra accentrarsi l’interesse generale, consiste nelle notevoli perplessità relative al trattamento farmacologico ed in particolare agli effetti secondari dei farmaci utilizzati.
Contrariamente all’opinione comune, ritengo tale aspetto, sebbene degno d’attenzione, del tutto secondario.
Le ragioni di questo mio atteggiamento sono semplici:
– Oltre al metilfenidato (Ritalin), esistono vari altri farmaci che vengono utilizzati (Adderall, Strattera, ecc., ognuno con molti e a volte differenti effetti secondari).
– La prescrizione di un farmaco avviene solo dopo una diagnosi.
– Il medico, in scienza e coscienza, deve essere libero di praticare la medicina. Limiti a questa facoltà di scelta possono, a mio parere, esistere, ma dovrebbero essere fondati solo sul principio ippocratico “primum non nocere”. Per il resto entreremmo qui in un dibattito ben più ampio e articolato, che esula dalla questione attuale.
– Le persone, i pazienti, hanno il diritto assoluto di essere pienamente e completamente informati in razione agli scopi, alle attese e ad ogni possibile effetto secondario delle terapie prescritte. Una volta che venga utilizzato pienamente il consenso informato, il paziente effettua liberamente le proprie scelte.
Su questo tema è pertanto fondamentale il consenso informato e un’inequivocabile chiarezza e trasparenza nell’informazione al cittadino, in merito ad ogni possibile effetto dei farmaci utilizzati.
Mi permetto inoltre di aggiungere due riflessioni.
La prima è relativa all’età dei piccoli pazienti di cui stiamo parlando. Un adulto od un giovane che assume una sostanza con effetti psichici, è in grado di collegare eventuali sensazioni, percezioni, pensieri alterati che sopravvengano, all’utilizzo della sostanza stessa. Per un bambino di due o tre o quattro anni di vita, questo è impossibile, con tutte le conseguenze che potete immaginare.
Infine qui, oltre agli effetti collaterali, entra in gioco anche “l’effetto educativo”: crescere una generazione che si abitua come “modus operandi” a dipendere da questa o quella pastiglia. Quest’ultimo fenomeno è ben evidente se si ha occasione di frequentare i teenagers e i giovani americani dell’ultima generazione.
Il secondo tema è, a mio avviso, la vera domanda: l’ADHD esiste? Esiste cioè un’entità patologica specifica che corrisponde alla definizione che ne viene data?
In merito a questo secondo tema, l’opuscolo “Perché non accada anche in Italia”, esprime chiaramente le motivazioni dell’insussistenza della ADHD.
I sostenitori della ADHD parlano di un “disturbo neurobiologico”.
Vorrei sapere su quali basi. Vi sono domande a cui nessuno pare sia in grado di rispondere:

– Quale è la specifica lesione anatomo patologica e quale è l’alterazione funzionale biologica specifica?
– Quali sono o sarebbero gli esami oggettivi che ne permettono la rilevazione con sufficiente sensibilità e soprattutto con assoluta specificità?

Nel caso poi vi sia una qualunque risposta alle domande 1 e 2: questo significherebbe che la diagnosi di ADHD è una vera diagnosi medica, non psichiatrica, bensì neurologica.

Preciso che ogni singola ricerca scientifica in merito alle cause organiche della ADHD è stata non solo criticata, ma anche dimostrata come falsata o invalida, da vari autorevoli colleghi e ricercatori.
Per chi volesse approfondire questo tema suggerisco la lettura di “ The ADHD Fraud” di Fred A. Baughman Jr., Trafford Publishing o di visitare il sito www.adhdfraud.org , ove si possono trovare tutte le informazioni in merito.
Ne consegue che chi risponde alle due domande precedenti, dovrebbe essere in grado di comunicare quale sia l’esame o gli esami oggettivi ed essere in grado di fare diagnosi con quegli esami oggettivi da lui stesso indicati. Li sfiderò pertanto, pubblicamente, a farlo.
Comunque, a chiarimento definitivo di ogni e qualsiasi dubbio, esiste un modo di togliersi d’impaccio: se l’ADHD è una malattia, allora si faccia diagnosi utilizzando quegli esami oggettivi (test di laboratorio, TAC, ecc.), che ne hanno dato la prova. Il resto sono chiacchiere.

L’obiezione: “Ma test di questo genere non esistono per nessuna malattia mentale!”, non dimostra nulla, se non (e qui scrivo una frase per cui sarò tacciato come eretico): la scarsa attendibilità dell’intero soggetto. Inoltre questo genere di argomentazione è sullo stesso piano logico che si verificherebbe quando, dopo un tumulto, uno degli arrestati, rispondendo alla domanda: “Perché hai dato fuoco ad un’auto?”, replicasse: “Perché lo facevano in molti altri”.

Poiché ho avuto occasione di confrontarmi con qualche sostenitore della ADHD (sebbene molto raramente; di fatto sono fuggiti in tutte le occasioni possibili di incontro/dibattito pubblico o televisivo), mi attendo le solite risposte fumose: “l’ADHD è un disturbo multifattoriale”, “comorbilità”, ecc. Una volta sviscerato il problema, arrivano a parlare di diagnosi differenziale: “Il bambino ADHD è quello dove gli altri eventuali fattori, possibile causa della iperattività e disattenzione, sono stati comunque esclusi”.

Bene, questo è un argomento di reale interesse. Quindi il bambino iperattivo e disattento perché ha i genitori che si stanno separando, non è ADHD; non lo è quello dove la causa sia una vera malattia fisica; non lo è laddove vi siano problemi di relazione o affettivi; non lo è…
Ne dobbiamo dedurre che il bambino ADHD è quello iperattivo e disattento, per il quale non siamo stati capaci di capire o spiegare il perché. Una diagnosi veramente interessante in questo caso poiché diagnostica, casomai, l’incapacità del medico.
Mi è stato riferito che si tratta di una questione di gravità: dipende da quanto è grave questo comportamento, da quanto disturba gli altri e ostacola se stesso.
Posso concordare, ma quali sono le cause di quel comportamento nello specifico caso? Se si tratta di un problema medico vero (svariate patologie mediche possono provocare questi sintomi), allora vi sarà una diagnosi medica e una terapia conseguente. Se si tratta di un problema di relazioni umane, ci si dovrà muovere su un altro terreno. La gravità della situazione, la sua intensità, non può essere confusa con le cause che la determinano.

Alcuni mi hanno mostrato grandi quantità di testi scritti sulla ADHD: la vastità della letteratura.
A costoro ho risposto e rispondo con una frase di Henri Poincaré, tratta dal libro la Scienza e l’Ipotesi: “…un ammasso di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa….”

Altri si appellano al numero ed alle qualifiche degli esperti a favore della ADHD. Questa argomentazione può far presa sugli ingenui e si fonda sul principio d’autorità e sulla difficoltà di vedere ciò che si distacca dalla cultura in cui siamo immersi.

Un neuropsichiatria infantile, non sapendo più cosa rispondere, mi ha detto: “Insomma, dobbiamo pur dare un nome alle cose!”. Questa frase è stata illuminante poiché mi ha condotto ad una scoperta, che presto renderò pubblica.

Il terzo tema è la questione degli screening.
I test per l’ADHD nelle scuole italiane, compilati da psicologi, insegnanti e a volte dai genitori (ma non sempre – anzi in alcuni casi i genitori non erano nemmeno stati informati), non sono limitati ai progetti di ricerca nazionali (ufficialmente conclusi): si diffondono a macchia di leopardo e proseguono, sostenuti attivamente da vari centri di neuropsichiatria infantile particolarmente attivi sul loro territorio.
L’opera di diffusione certosina, se pur frammentaria, prosegue con alacrità e zelo tali da indurre persino ad ipotizzare un progetto orchestrato.

Contestando un mio articolo apparso su “Il Sole 24 Ore – Salute”, sulla stessa testata, il 12 Settembre, 2006, alcuni specialisti della ADHD, scrivevano: “Lo screening di massa è una leggenda”.
Sarà anche una leggenda, ma è quanto sta già accadendo, seppur in modo frammentario. Sono decine le segnalazioni che ricevo in merito.
Inoltre non la scrissi certo io la proposta di legge, nella precedente legislatura, che all’art. 14, comma 1, recitava: “Per l'individuazione precoce delle situazioni di rischio psicopatologico e dei disturbi psichici, il Ministro della salute, con proprio decreto, stabilisce le modalità di realizzazione di specifici programmi atti alla diffusione di appropriati e soddisfacenti interventi presso le scuole, ad iniziare da quelle materne. I programmi devono prevedere procedure di screening e preparazione degli insegnanti”.

Sebbene i test per l’ADHD siano solo ed esclusivamente le solite domandine* (ripeto: solo ed esclusivamente le solite domandine – o loro varianti – e l’osservazione del bambino), questo non è un aspetto puramente scientifico o medico.

* per chiunque non ne fosse a conoscenza, riporto qui alcune delle domane (7 su 18) del test.

– “muove spesso le mani o i piedi o si agita sulla sedia?”
– “è distratto facilmente da stimoli esterni?”
– “spesso ha difficoltà a giocare quietamente?”
– “spesso chiacchiera troppo?”
– “spesso spiattella le risposte prima che abbiate finito di fare la domanda?”
– “spesso sembra non ascoltare quanto gli viene detto?”
– “spesso interrompe o si comporta in modo invadente verso gli altri; per es. irrompe nei giochi degli altri bambini?”

Apparentemente potrebbe configurarsi come un tema di politica sanitaria.
In realtà è un argomento esclusivamente, profondamente, radicalmente, politico: è in gioco il concetto stesso della democrazia.
Molti ricorderanno circa 10 anni or sono la così definita emergenza AIDS. Si ipotizzò una rapida diffusione della malattia, e qualcuno propose di effettuare il test HIV a tutti i cittadini italiani.
Il Parlamento, l’allora Presidente della Repubblica Italiana, la Corte Costituzionale, si alzarono all’unisono e dissero NO.
Un no chiaro ed inequivocabile poiché le massime autorità dello Stato Italiano avevano ben chiara la nostra Costituzione ed i fondamenti della democrazia.
Lo Stato democratico è al servizio dei cittadini; fornisce servizi su richiesta dei cittadini; non entra nelle loro case e nella loro vita per schedarli.
E si trattava, in quel caso, di una vera malattia, di una malattia infettiva, di un test oggettivo e di un pericolo reale.
Qui, di fronte ad una malattia non dimostrata, certamente non infettiva, di test non oggettivi, di nessun pericolo sanitario incombente, qualcuno vorrebbe fare gli screening. Che rileverebbero inoltre dati sensibili e come se non bastasse su bambini.
I test psicopatologici nelle scuole sono l’invasione dello stato nella famiglia e nella vita dei cittadini.
Si fondano su una visione di stato totalitaria e rappresentano un grave rischio per la democrazia.
Il tema è prettamente politico e la politica ha il dovere di esprimersi. Attendiamo quindi i pareri dei nostri politici e queste saranno nel futuro chiare indicazioni di voto per chiunque abbia a cuore la tutela dei bambini italiani.


(Il Dr. E. Roberto Cestari è Presidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus, Tel.: 02 36510685, Email: [email protected], Siti: www.ccdu.orgwww.cchr.org)


 
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