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Questa volta Alberto Gonzales l'ha fatta grossa. A furia di giocare con le costituzioni altrui, come se fossero le regole di una qualunque partita a briscola, l'erede di John Ashcroft ha finito per lasciare delle pesantissime "impronte digitali" che portano direttamente dal suo ufficio fino alla Casa Bianca.

La Commissione Parlamentare di Giustizia, ora a maggioranza democratica, ha scoperto quello che in tutta probabilità si nascondeva dietro ai sette casi dei procuratori federali che Gonzales ultimamente aveva licenziato per "scarse prestazioni".

I tribunali federali sono quella importantissima categoria, nel sistema legale americano, che fa da "cuscinetto" fra le corti supreme di ciascuno stato e la corte suprema federale di Washington. Sono quindi questi tribunali a decidere quali casi giudiziari si possano risolvere al loro livello, …

.. quali respingere, e quali invece inoltrare fino al Sancta Sanctorum di Scalia, Thompson e & Co. (Molti ricorderanno che nel caso del voto contestato in Florida, nel 2000, la Corte Suprema statale aveva dato ragione a Gore, ordinando un completo riconteggio dei voti. Fu allora che i repubblicani si appellarono d'urgenza alla corte federale di Atlanta (che copre gli stati del Sud-Est, fra cui la Florida), la quale girò immediatamente il caso alla Corte Suprema di Washington, decretando così la sconfitta di Al Gore nell'arco di sole 24 ore).

Già la settimana scorsa qualcuno aveva notato come nell'arco di qualche mese soltanto fossero stati ben sette i procuratori federali licenziati da Gonzales, ma il Ministro di Giustizia aveva minimizzato la faccenda, dicendo che si trattava di episodi del tutto indipendenti l'uno dall'altro.

Ma qualcuno ha voluto andare a fondo ( i giornali americani non ci dicono chi sia stato, ma pare che fra le "gole profonde" vi siano anche due repubblicani di alto livello), rivelando al mondo che i procuratori erano invece stati tutti licenziati per un comune motivo: "mancanza di fedeltà politica" a Bush e alla sua squadra.

Nella grande ipocrisia rappresentata dal sistema di potere americano, anche solo accennare ad una possibile influenza "politica" dell'esecutivo sul giudiziario impone di urlare immediatamente allo scandalo. E così sta succedendo a Washington, dove l'ambita poltrona di Gonzales traballa sempre di più ad ogni minuto che passa.

Dall'indagine è infatti emerso, ad esempio, che il procuratore dello stato del New Mexico, David Iglesias, era stato contattato durante la campagna elettorale dello scorso autunno dal candidato repubblicano Heather Wilson, il quale gli chiedeva di avere accesso ad alcuni documenti relativi ad una indagine in corso sul suo avversario democratico, che avrebbero ovviamente messo quest'ultimo in gravi difficoltà. Iglesias però rifiutò, appellandosi al diritto alla riservatezza che protegge i dati personali in una qualunque indagine in corso.

Due settimane dopo la stessa richiesta gli arrivò dal senatore repubblicano Dominici, e quando Iglesias ebbe risposto di no anche a lui, Dominici disse semplicemente "mi dispiace molto", e appese il telefono. Sei settimane dopo Iglesias veniva inspiegabilmente licenziato da Gonzales.

Il procuratore dello stato di Washington (Seattle, costa Ovest), John McKay, sostiene di essere stato licenziato per non aver aderito alla richiesta, da parte dei repubblicani, di aprire una investigazione criminale sul candidato democratico al posto di governatore, sempre durante l'ultima campagna elettorale. E quando McKay si è pubblicamente lamentato per il trattamento ricevuto, è stato minacciato da repubblicani di alto rango, direttamente da Washington, "di tenere la bocca chiusa" se non voleva vedere la sua reputazione distrutta in pochi minuti da una valanga di "documentazione negativa su di lui".

Nel caso qualcuno ancora si domandasse perchè a Washington, nonostante le pesanti faide politiche in corso, "nessuno osa parlare" dell'undici settembre.

Ma sembra che il piano di Gonzales, del quale Bush non poteva non essere al corrente, prevedesse di liberarsi semplicemente di tutti i procuratori federali americani (93 in tutto), per poi sostituirli con altri personaggi politicamente più "assonanti" al pensiero neoconservatore.

Qualcuno a quel punto si è ricordato di come lo stesso Gonzales avesse tanto insistito, ai tempi, per far inserire nel Patriot Act – di cui è il progenitore indiscusso – la clausola che permettesse al Presidente di nominare dei procuratori "ad interim" per un tempo indeterminato, senza bisogno dell'approvazione del Senato.

Gonzales ha naturalmente negato che questo fosse l'intento reale, e che la clausola era stata pensata "per accelerare certe procedure necessarie a combattere il terrorismo."

Ma ormai a quella favola non ci crede più nessuno, e anche se i democratici non hanno ancora trovato il coraggio di aprire la bocca sull'undici settembre, due più due lo sanno sempre fare, e per precauzione stanno già pensando di revocare al Presidente certi diritti "carte blanche" che il Patriot Act gli aveva concesso, e che a questo punto sarebbero pericolosi anche nelle mani di qualcuno molto più assennato di lui.

Se le cose continuano di questo passo, George W. Bush rischia di arrivare alla fine del suo mandato senza nemmeno più la certezza di essere stato davvero, ad un certo punto, il presidente degli Stati Uniti. Abbandonato da tutti, come un manichino ormai inservibile, si aggirerà confuso fra le vacche del suo ranch, domandandosi se per caso non sia stato tutto un lunghissimo sogno ad occhi aperti.

E' quello che piacerebbe tanto anche a noi poterci domandare.

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