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Chertoff: il rischio «terrorismo» è più alto questa estate |
«E' molto più forte operativamente di un anno fa».
«Dimostra una sempre maggiore capacità di attaccare l'Europa e gli Stati Uniti».
Ha in corso «il più robusto programma di addestramento dal 2001, e si interessa all'uso di agenti europei».
Tutto ciò e molto di più è scritto su un documento emanato dall'intelligence americano, e in via di discussione alla Casa Bianca, come parte della più ampia e prossima «National Intelligence Estimate».
Insomma Al Qaeda si prepara di nuovo a colpire.
Atrocemente.
Guarda caso.
Pochissimi giorni fa l'ex senatore repubblicano Rick Santorum aveva dichiarato in un talk show, a chi gli obiettava che l'opinione pubblica USA era ormai massicciamente ostile alle guerre di Bush contro il terrorismo globale: «Gli americani cambieranno idea, quando ci saranno degli eventi sciagurati, da qui a novembre…».
Poche ore dopo, anche Michael Chertoff, l'israelo-americano che Bush ha fatto ministro della Homeland Security, ha detto al Chicago Tribune di temere gravi attentati per l'estate.
Chertoff non ha citato fonti d'intelligence, bensì le sue «sensazioni di pancia» (gut feelings).
Vale la pena di ricordare che è lo stesso Chertoff che nel 2001, come procuratore a New York, rimandò in patria per visto scaduto i quattro «israeliani danzanti», arrestati perché festeggiavano davanti alle Torri in fiamme, sottraendoli ad ulteriori indagini.
Uno si potrebbe domandare come mai tutte le misure da Stato di polizia adottate dal governo USA non servano a nulla.
E Chertoff, che dovrebbe essere il più informato di tutti essendo a capo del KGB americano, non ha da esibire, come fonte dei suoi profetici timori, che la sua «pancia».
Persino noi sottoscritti, che siamo pochissimo informati, abbiamo qualche elemento più certo per prevedere imminente un mega-attentato di Al Qaeda.
Per esempio: Avigdor Lieberman, l'estremista fatto ministro israeliano degli Affari Strategici nonostante (o forse perché) sia un razzista che proclama la necessità di sterminare tutti i palestinesi, ha dichiarato fresco fresco di aver appena ricevuto un «tacito semaforo verde da Europa e Stati Uniti per un attacco militare israeliano alle istallazioni nucleari dell'Iran».
Lo ha detto alla radio dell'esercito israeliano, e le sue parole sono state riprese da Israel Today dell'11 luglio.
Non sembra una vuota vanteria: Lieberman è reduce da un incontro con alte personalità della NATO e dell'Unione Europea, e riferiva di discorsi tenuti in quella sede.
«Il messaggio che mi hanno fatto intendere è: Israele dovrebbe prevenire la minaccia da sé».
Intanto un analista militare canadese, colonnello Doug Delaney che dirige la scuola di guerra del Royal Military College a Kinston (Ontario), teneva una lezione sul come le guerre d'oggi abbiano bisogno dell'appoggio dell'opinione pubblica, altrimenti falliscono.
Per esempio le guerre in Iraq e in Afghanistan.
Conclusione di Delaney: «Essenziale per rafforzare la volontà occidentale è un altro attacco terroristico come l'11 settembre o l'attentato al metrò di Londra due anni fa. Se non accade nulla, diventa ancora più difficile dire che [questa guerra] è necessaria».
La fonte è il Toronto Star dell'8 luglio («Why military might does not always win», di Andrew Chung, osssia: «Perché la mera forza militare non sempre basta a vincere»).
Guarda caso.
Il generale tedesco Wolfgang Jilke, che comanda il contingente di «osservatori» ONU che controllano la linea di cessate il fuoco tra Israele e Siria sul Golan (1.300 uomini che sono lì da trent'anni) si dichiara allarmato dalla «intensificata attività di Israele» sulla linea.
«Sul versante siriano non vediamo nessun preparativo insolito. Sul lato israeliano, invece, intensa attività», bulldozer che scavano trincee immense, piazzamento di artiglierie pesanti, posizionamento di carri armati; mentre sul lato siriano «si vedono due o tre soldati che tentano di scavare la dura roccia del Golan con una zappa».
«Il diritto di Israele a difendersi è in sé evidente (sic), ma le attività israeliane non contribuiscono a far calare la tensione nella regione».
Lamenta: «Nell'atmosfera tesa che è stata creata, basta un incidente per far scoppiare un conflitto».
La notizia è su Ynet News, fonte israeliana (Gil Yaron, «UN commander in Golan worried by Israeli actions», 11 luglio).
E' evidente che Israele si prepara.
A cosa?
«Il momento favorevole per un attacco all'Iran sta passando», ha lanciato l'allarme il generale israeliano Yossi Kuperwasser, già capo della Divisione di Ricerca dell'intelligence militare.
«Più tempo passa, più diminuisce la vulnerabilità del programma [nucleare iraniano] ad una operazione militare; e sono assai vicini a produrre uranio arricchito su scala industriale», ha spiegato Kuperwasser al Jerusalem Post (Yaakov Katz, «Time's running out for Iran strike», il 10 luglio).
Insomma il tempo stringe.
I khazari hanno fretta di bombardare.
Hanno ricevuto un tacito assenso da Europa e NATO.
Stanno rafforzando la linea contro la Siria come per un attacco imminente.
Tutto è pronto.
Manca solo una cosa: un tremendo attentato della tremenda Al Qaeda, che rovesci l'umore degli americani verso la guerra continua e costosissima.
Che rafforzi la volontà dell'Occidente.
Ed ecco che «Al Qaeda è tornata».
Si è riorganizzata.
E' più forte di prima.
Farà qualcosa di orribile.
Santorum lo prevede.
Chertoff se lo sente «nella pancia».
Guarda caso.