Come già aveva fatto capire, Gonzàles non ha ceduto di un millimetro, continuando a sostenere di non aver fatto "sostanzialmente" nulla di sbagliato, nonostante la quantità sempre crescente di documenti e testimonianze che suggeriscono l'esatto contrario.
L'atteggiamento di Gonzàles è stato così rigido ed arrogante che ha finito per irritare gli stessi componenti repubblicani della commissione (*). Il primo a perdere la pazienza è stato Arlen Specter (l'inventore della famosa teoria del "proiettile magico", nella storica Commissione Warren sul caso Kennedy): dopo essersi sentito rispondere per la terza volta "non ricordo", da parte di Gonzàles, Specter gli ha chiesto con quale cura normalmente prepari le sue testimonianze; Gonzàles ha risposto con supponenza "Io preparo sempre al meglio le mie testimonianze", al che Specter è sbottato dicendo: "Si era preparato al meglio anche quando ha affermato che non c'era stato nessun contatto con la Casa Bianca sui licenziamenti dei giudici e sugli eventuali sostituti?"
A quel punto la marea ha chiaramente iniziato a montare contro Gonzàles, e non ha più invertito il proprio flusso fino alla fine.
Per ben 45 volte infatti, nell'arco dell'intera sessione, Gonzàles ha riposto "non ricordo" a domande sulle quali era semplicemente impossibile che non ricordasse. La cosa è diventata talmente irritante che alla fine il senatore Coburn – uno dei più conservatori fra i repubblicani – ha dichiarato seccato: "Se è vero che lei ha licenziato i giudici federali solamente per 'scarsità di performance', come lei sostiene, lo stesso criterio dovrebbe essere applicato andhe a lei: suggerisco quindi che lei rassegni al più presto le sue dimissioni".
Si possono quindi immaginare gli interventi al vetriolo da parte dei senatori democratici – Ted Kennedy e Charlie Schumer soprattutto – che hanno letteralmente crivellato di colpi la sempre più debole difesa di Gonzàles.
Alla fine – forse per la prima volta nella storia americana – undici senatori su undici si sono ritrovati uniti nel chiedere le dimissioni di uno dei più importanti membri del governo in carica.
Nonostante questo, Alberto "non ricordo" Gonzàles ha dichiarato che non ha nessuna intenzione di dimettersi, ben cosciente che la decisione finale spetta esclusivamente alla Casa Bianca (è il presidente che nomina i suoi ministri, ed è lui soltanto che può licenziarli).
Ma il silenzio da parte della Casa Bianca non fa che aumentare la profonda spaccatura fra presidenza e parlamento, con l'ala moderata dei repubblicani che si è ormai dichiarata apertamente contro la stoltezza, la cecità e l'inaccettabile incapacità da parte di Bush di riconoscere un qualunque suo errore.
Non sono certo scelte di tipo "morale", e nessuno qui si illude che i repubblicani perseguano ora la "Giustizia" con la maiuscola, ma questa sembra una conferma, da parte loro, che certe "regole del gioco" – per quanto coperte di ipocrisia e limitate alle apparenze – non si possano in alcun modo violare.
In altre parole, sembra che gli stessi repubblicani vogliano dire, con la loro presa di posizione unitaria contro Gonzàles, che per poter continuare a fingere di vivere in una democrazia bisogna prima di tutto che certe apparenze vengano rispettate.
Chi ci rimette, in un modo o nell'altro, è sempre e comunque il normale cittadino.
* Le commissioni parlamentari sono solitamente composte da 5 repubblicani e 5 democratici, con l'undicesimo voto che va alla presidenza. Questa, a sua volta, viene assegnata ad un membro del partito che ha in quel momento la maggioranza in parlamento. Ecco perchè la recente vittoria dei democratici nelle elezioni "intermedie", nelle quali hanno conquistato la maggioranza sia al Senato che alla Camera, è stata particolarmente importante. In questo caso però non c'è stato nessun bisogno che il Senatore Leahy facesse sentire il peso del suo undicesimo voto, per mandare alla Casa Bianca il messaggio collettivo sul caso Gonzàles.
(Tratto da www.luogocomune.net)