Nulla in realtà potrà mai cambiare, come abbiamo detto altre volte, in una mente monocromatica – e si teme monosillabica – come quella dell’attuale presidente, che si considera letteralmente infallibile, al di sopra di ogni giudizio umano, e titolare di tanti diritti quanto libero dai rispettivi doveri.
È suo diritto mandare al fronte 20.000 soldati in più, ma non è suo dovere spiegare agli americani perchè ne siano già morti tremila di troppo, quando la promessa era quella di una passeggiata indolore fino alle mura dell’Antica Babilonia.
È suo diritto trascinare in guerra un’intera nazione, per scovare le cosiddette armi di distruzione di massa, ma non è suo dovere spiegare poi perchè non se ne sia trovata mezza, nonostante lui e il suo vicepresidente si dicessero certi della loro esistenza.
Ma soprattutto, è suo diritto decidere da che parte stiano il bene e il male, senza dover poi spiegare al mondo come mai la stragrande quantità del male provenga proprio dal lato che dovrebbe generare soltanto del bene.
Criticare la "brutalità medioevale dell’Islam", solo per partorire un orrore come Abu-Grahib. Dirsi paladini di giustizia, pace e libertà, per poi invadere a piacimento nazioni sovrane, scatenare sanguinose guerre civili, e impiccare l’ex-dittatore dopo un "processo" in cui non gli è nemmeno stato permesso di aprire bocca.
È chiaro che ci troviamo di fronte ad un problema che non è soltanto politico, ma forse, prima di tutto, è psichiatrico: leggendo qui e là fra i brani del discorso di Bush, si trova soltanto la conferma del completo distacco ormai avvenuto fra la mente dei neocons e l’attuale realtà che ci circonda. Da una parte, i contorni sempre più sfumati di un sogno di dominio mai realizzato, dall’altra cifre immagini e fatti che parlano sempre più chiaramente di una sconfitta di dimensioni e portata storiche: quanti anni ci vorranno – se mai questo accadrà – prima che gli Stati Uniti riescano a ristabilire quel minimo di credibilità di fronte al mondo che avevano prima dell’avvento di questa amministrazione?
E soprattutto – non dimentichiamolo mai – quante responsabilità hanno tutti quei governi che nel mondo l’hanno appoggiata, o comunque non si sono mai opposti con determinazione alla sua strategia, pur sapendo benissimo di quali crimini si stessero macchiando i suoi eserciti invasori?
Nell’unica nazione che sia mai riuscita a iniziare una gerra mondiale sul fronte degli sconfitti, solo per terminarla dalla parte dei vincitori, siamo tutti molto bravi a criticare Bush, ma ci stiamo dimenticando molto in fretta di essere stati ufficialmente i suoi alleati, tanto sul campo di battaglia quanto sul palcoscenico della politica internazionale.
Che ciascuno si prenda le sue responsabilità, fino in fondo. È alla storia che Bush dovrà rispondere per le sue azioni scellerate, come è alla storia che dovrà farlo ogni altro leader politico di tutte le nazioni che hanno partecipato in qualche misura alle razzie e alle distruzioni in Afghanistan e Iraq. Ma dovranno farlo, soprattutto, tutti coloro che hanno finto di credere – politici, giornalisti, e normali cittadini, non fa nessuna differenza – alla plateale bugia dell’undici settembre, a cui tutto questo orrore si vorrebbe ancora oggi far risalire, quando avevano chiaramente la possibilità – anzi il dovere – di verificarne prima a fondo la natura, l’origine e le vere intenzioni.
(Tratto da www.luogocomune.net)