Wikipedia liquida la voce "Aristocrazia" con queste poche righe:
"…(dal greco άριστος, àristos, "Migliore" e κράτος, cràtos, "Potere") è una forma di governo nella quale poche persone (i "migliori" secondo l'etimologia greca del termine) controllano interamente lo Stato.
Secondo Aristotele è una delle tre forme più sane di governo, mentre l'Oligarchia è la sua forma degenerata. Questa classe sociale fu introdotta per la prima volta nella civiltà greca.
È stata, assieme alla monarchia, tra le forme di governo più diffuse in Europa negli ultimi secoli, (…) nelle quali il potere del sovrano è controllato da un parlamento composto da soli nobili.
Relativamente alla situazione degli ultimi secoli, il termine indica a volte gli appartenenti alla classe sociale che controlla lo stato, e dunque è usato in modo errato per indicare la nobiltà.".
È incredibile che un argomento così determinante per meglio capire la realtà in cui viviamo da secoli, millenni, possa essere riassunto così superficialmente! Un tema dove la dicotomia tra cronache ufficiali, leggenda e realtà, è spesso di proporzioni inimmaginabili.
Infatti, tutto ciò che è inerente ad "aristocrazia" o "nobiltà", (termine divenuto sinonimo anche di qualità morale e sociale) sotto la superficie di formalità, protocolli, etichette e cerimoniali, da sempre cela segreti, oscurità, enigmi ed eventi inspiegabili, in ambienti come castelli attraversati da sotterranei segreti, tetre magioni colme di sinistri dipinti di antenati, ville sontuose circondate da parchi sconfinati. Un universo a sé stante, atavico, ancestrale, immerso in simbologie ermetiche, ritualità arcane, ricchezze incommensurabili, decadenze economiche improvvise, che rivela nei suoi rappresentanti comportamenti iper-dualistici: da rigorosa religiosità e conservazione delle tradizioni a progressismo e iconoclastia, da rigidi portamenti marziali ad atteggiamenti eccentrici e trovate innovative, che soprattutto in passato determinavano i "trend" che influenzavano il "popolo". Anche dal punto di vista psicofisico la nobiltà sembra riflettere tutto ciò, presentando sia somatiche affascinanti e seduttiva eleganza gestuale, così come malformazioni fisiche e psichiche, il tutto spesso accompagnato da schizofrenia, bipolarismo, ecc. ecc.
Non da meno, anche la definizione Aristocrazia Nera, o Nobiltà Nera, presenta apparenti contraddizioni. Secondo la tradizione europea la nobiltà nera era/è la cerchia di nobili fedeli al Papato, per discendenza ereditaria dalle grandi famiglie medievali romane – le cosiddette "papaline", in quanto tra i propri avi si annoverano dei pontefici – dato anche che poi la massima autorità nella concessione di titoli nobiliari è sempre stata la Santa Sede, senza la quale nessuno avrebbe potuto, per esempio, fregiarsi del titolo di "Imperatore".
Queste famiglie conseguentemente sono connotate dalla fedeltà a ideali monarchici, nazional-socialisti, politicamente di "destra", tradizioni e alte cariche militari.
Più recentemente, almeno dal punto di vista informativo, come teorizzato soprattutto dallo studioso John Coleman, invece Nobiltà o Aristocrazia Nera è più corretto sia applicato all'oligarchia aristocratica Veneziana e Genovese, cioè le due potenze mercantili marinare, assurte, per ovvie ragioni, nelle prime crociate (dove i Templari del priorato di Sion giocarono un ruolo determinante) a un oscuro potere trasversale ed endemico, che già dal XVI secolo inizia a manipolare e gestire da Londra il controllo del mondo e delle sue attività.
Queste due "categorie" sono quindi apparentemente conflittuali e opposte per dinamiche storico-politico-religiose, anche se per esempio in Italia negli anni '70 un evento come il "golpe Borghese" sembrerebbe averle accomunate, visto che in quel caso un'azione di quella portata era condotta da un rampollo dell'aristocrazia nera papalina, di formazione militare fascista, Junio Valerio Borghese, ma finanziata da industriali genovesi, sicuramente appartenenti alle lobby dell'altra "Nera".
In ogni caso, le due fazioni sembrano essersi integrate in una lenta inesorabile "dissolvenza incrociata", introducendo nella storia, solo negli ultimi decenni, il misterioso popolo dei Cazari (o Khazari), una genia che oggi molti studi associano a quella degli Ebrei Ashkenaziti (o Ashkenazi), quelli provenienti delle steppe, dagli altopiani del Kazakistan e del Caucaso, che dall'anno 1000, secolo dopo secolo, avrebbero tirato le fila dello scenario mondiale, infiltrandosi geneticamente nelle popolazioni slave e poi germaniche, influenzandone le identità nazionali, in ogni settore della società, attraverso la formula economia/finanza/comunicazione, governando il tutto da enigmatiche società segrete come la Fabian Society, movimenti occulti come il Frankismo, massonerie segretissime come la B'nai B'rith, organizzazioni politico-religiose come il Sionismo, "club" come il Bilderberg.
A NEW ROYAL FAMILY
Utilizzando il filtro scientifico della biochimica e dell'ingegneria genetica, se ci mettiamo nei panni di chi vuole, o deve, colonizzare un intero pianeta (o anche "piano vibrazionale") e la sua umanità, uno dei passi principali sarebbe interconnettersi con l'Aristocrazia imperante, insinuando il proprio dominio prima di tutto nel DNA.
Così nella storia delle complesse architetture genealogiche della nobiltà, che evidenziano i ben noti incroci interfamiliari, si può osservare come da un certo punto in poi l'infiltrazione di un altro DNA prende piede.
I moderni teorici del cospirazionismo ci ricorderebbero subito che ciò è avvenuto in forza delle capacità finanziarie acquisite dagli Ebrei Ashkenaziti, dando la possibilità alle più facoltose stirpi provenienti da questo ceppo di prestare sostanze a quell'aristocrazia per qualche ragione in rovina (spesso provocata ad hoc, come dimostrerebbero la rivoluzione francese e quella russa) e tramite ciò patteggiare gli ingenti debiti con l'unione tra un proprio membro e una rampolla/o delle varie nobiltà dei "gentili".
Inopinabile, certo, ma molto probabilmente dietro c'è un altro intento che va oltre i meri interessi di potere economico politico.
Ciò avrebbe portato all'attuale condizione genetica di Casa Windsor, in cui sono confluite tutte le aristocrazie dominanti euroasiatiche (dai Faraoni Egiziani a Gengis Khan per intenderci, partendo, come vedremo più avanti, da divinità e personaggi della mitologia) dove sia William che Kate, hanno entrambi nelle proprie recenti discendenze geni della stirpe dello Scudo Rosso, i Rothschild, ossia la più potente casata del suddetto popolo, in questo caso rappresentata dalla famiglia Roche, sia nel ramo materno di Lady Diana (forse ebrea al 100% se come si vocifera il padre fu il banchiere Goldsmith) che nella madre di Kate. Pur facendo i finti tonti sul fatto che per la legge ebraica la donna trasporta e impone al 100% il gene "ebraico", questo porta all'evidenza che George Philip Alexander, frutto di due genitori provenienti al 50% dalla stessa famiglia, porta un soverchiante incremento di quel DNA. Ora basterà che il futuro Re d'Inghilterra si unisca, putacaso, con un’altra rappresentante di quella famiglia per fare "bingo"!
Viene da chiedersi se il riflesso di questa strategia genetica potrebbe meglio spiegare perché recentemente gli USA hanno imposto che la razza bianca venga definita "Caucasica"…
Comunque sia, tornando ai coniugi reali, quando i dettagli delle rispettive discendenze saranno di pubblico dominio, il mondo tra non molto potrebbe avere ufficialmente la "Rothschild Royal Family".
L'annunciato Anticristo? D'altronde non è difficile da notare nel blasone di William l'accurata visualizzazione di tutti quegli elementi con cui Giovanni descrive questa entità nell'Apocalisse.
Tornando alla trasmissione genetica, la legge ebraica rivela una differenziazione basilare rispetto alle tradizioni aristocratiche classiche: è la madre, attraverso il mitocondrio, e non il padre a trasmettere il DNA dominante. Le avanzate tesi della moderna scienza genetista lo confermano, è così per tutti, e quindi anche per le antiche nobiltà che, meno schiettamente, delle regole ebraiche mascheravano il tutto con il cognome paterno, portatore di potere virile, energia maschile, dominante, belligerante. Solare.
Mentre anche in questo caso è la femmina, come è naturale che sia, a processare e perpetrare la "razza". La Dea, ovvio: Lilith, Diana, Iside, Ishtar, Inanna, ecc. ecc.
Ed è la Dea ora, il femminino sacro, che i nostri tempi stanno ritualizzando e glorificando, attraverso tutte le possibili forme di comunicazione.
IL VALORE DEL DNA
Nella scarna definizione della voce "Aristocrazia" su wikipedia, continua a risuonare controversa l'etimologia greca del termine. "Il potere migliore" o "il potere dei migliori", come ci fa intendere Aristotele? E chi sarebbero questi migliori? E chi potrebbe decidere chi sono i migliori se non altri migliori? E chi sceglie i primi?
È difficile, considerando l'infinita quantità di variabili qualitative che presenta il genere umano, pensare che si possa stabilire, financo in epoche antiche, una tale categoria.
Un "migliore" può essere il figlio di poveri contadini africani che in pista corre più veloce di tutti, o il figlio di un umile prete ortodosso e di una donna analfabeta che diventa un eccelso scienziato, oppure la figlia di una donna delle pulizie proclamata miss mondo per la sua bellezza (o, se maschio, persino un Führer, ma bisognerebbe vedere chi è il vero padre…)
Allora, forse i "migliori" che intendeva Aristotele, potrebbero semplicemente essere quelli con un DNA più "informato"; e un DNA è più informato se trasportato da individui che hanno avuto accesso alle informazioni più diverse e di "alto livello" politico, culturale, esoterico, bellico, scientifico, artistico, ecc. ecc.; un "database" che viene tramandato e arricchito discendente dopo discendente.
E dove, se non nei rappresentanti della nobiltà, è stato possibile scrivere nei geni la più grande e specifica quantità di informazioni?
Conseguentemente, come non amplificare ai massimi livelli il valore della "famiglia", che così diventa "Dinastia", per istruire, proteggere e tramandare questi individui colmi di informazioni?
Perché, se guardiamo all'integrale albero genealogico di certe famiglie aristocratiche, esse pretendono di discendere addirittura dagli Dèi, cioè dai "primi", destinate quindi a governare il mondo, ad influenzare l'umanità. Sviluppandosi all'interno di un ambiente di potere, che sarà sempre soverchiante su qualsiasi altra cerchia umana, perché si alimenta generazione dopo generazione, perché ha sempre un passato più "glorioso" di chiunque altro da rivendicare, perché discende da Pontefici, da Re, da Principi, perché sin dai primordi possiede i territori che gli potranno esser tolti solo da individui, o famiglie, di pari potere, quindi di pari discendenza.
In fondo, aveva senso quel che teorizzava Aristotele: un governo di aristocratici è un governo di esseri con più informazioni, quindi più adatti, teoricamente, ad affrontare qualsiasi situazione ad alto livello, poiché nei geni possono avere persino i dati di condottieri medievali, che non solo comandavano eserciti, per via del rango, ma si battevano gagliardamente sul campo di battaglia, pronti a morire, trascinati dalla gloria di eternare il proprio nome ai posteri. Nel DNA dei nobili c'è anche questo: il sangue, la polvere, le spade, il terrore, la morte violenta, la ferocia, la sopraffazione. La durezza e la fragilità della materia.
Ma come proclama il conte Dracula in un passaggio del celebre romanzo:
"…il tempo delle guerre è finito… il sangue è una cosa troppo preziosa in questi tempi di disonorevole pace, e le glorie delle grandi stirpi sono state già raccontate…"
Accidenti, queste poche parole sembrano descrivere i tempi moderni! E chi se non un nobile, quindi un "vampiro" (o viceversa), ha più diritto di esserne portavoce?
Difatti, ad un governo àristos cràtos, che ancora domina sino all'Impero Austro-Ungarico, si è sovrapposta dai dopoguerra un'altra modalità governativa, basata su sistemi politici che prescindono dagli uomini, regolata da ideologie, strutture auto-regolanti, ideali codificati, formule commerciali, comunicazione di massa, livellamento sociale e gerarchico.
Eppure, come da sempre vocifera il "cospirazionismo", dietro tutto questo, spacciato come un'evoluzione della società connotata dai termini democrazia e socialismo, ci sono sempre alcune "famiglie" saldamente configurate in una architettura piramidale, quindi altamente gerarchica.
Credo sia utile offrire a questa riflessione una conoscenza diretta come esempio specifico, per quanto ristretto ad una sola famiglia, ma credo emblematico di quello che stiamo trattando.
Chi scrive discende da parte matrilineare dalla famiglia Piccolomini, una delle cosiddette grandi famiglie nobili "romane", cioè le "papaline", quindi aristocrazia nera, prima definizione. Una famiglia che però, a differenza delle altre, non ha mai ecceduto in rappresentazioni gloriose del proprio nome. I Medici, gli Orsini, i Colonna, i Borgia, gli Sforza, tanto per citarne alcuni, non hanno mai mancato di esternare, tra arte ed edilizia, quanto il loro potere fosse "divino", preoccupati attraverso i loro membri più importanti ad eternare il loro ruolo nella storia.
I Piccolomini in questo sono sempre stati stranamente discreti, con esempi estremi come mio nonno, il conte Plinio, che, misteriosamente, ha rinunciato a qualsiasi proprietà e privilegio frutto della sua discendenza (nel suo caso i Clementini-Piccolomini, il ramo di Papa Pio II) per condurre una vita ritirata, normale, lontana dalla vicinanza con il nobil parentato, pur sposando una gentildonna veneziana di sobria nobiltà austro-ungarica, con origini mongoliche (e forse Cazare, come sto ipotizzando recentemente).
Così allevata, sua figlia, contessa Maria Rosa, si è unita con un membro dei Venturi, una sana antica famiglia centro italiana, connotata, oltre che da cavalieri e briganti, perlopiù da artisti, architetti e scienziati come Giovan Battista Venturi, un uomo che nel XVIII secolo, oltre ad aver scoperto un rivoluzionario fenomeno fisico noto come Effetto Venturi (o paradosso idrodinamico) ha capito per primo la seria importanza scientifica nelle opere “tecniche” di Leonardo Da Vinci, vincendo i pregiudizi dell’Accademia delle Scienze di Francia.
Il prodotto di queste due famiglie ha generato il sottoscritto, che disinteressato in gioventù alle suddette origini, se n'è avvicinato più tardi per studiarle, quando ha capito quante informazioni cruciali e segreti da rischiarare nascondevano.
IL FASCINO DISCRETO DEI PICCOLOMINI
Il secondo romanzo della trilogia Wallenstein, che il grande drammaturgo Shiller (Friedrich von) completò nel 1799, si intitola I Piccolomini. La qualità innovativa di questo titanico dramma è l'aspetto realistico su cui si basa, in quanto utilizza personaggi davvero esistiti per elevarli al rango poetico di "eroi tragici" di stampo Goethiano o Shakespeariano.
Qui il protagonista, il condottiero boemo Wallenstein, distintosi nel XVII secolo nella guerra dei trent'anni, si trova a che fare con il comandante Max Piccolomini – rappresentazione finzionale del principe fiorentino Ottavio Piccolomini – che nel dramma, così come nella realtà storica, riesce ad impedire al comandante di rendersi indipendente dal controllo dell'Imperatore del Sacro Romano Impero Ferdinando II.
Stemma familiare dei Piccolomini
Non ci sono molti casi in cui il cognome di una famiglia è stato utilizzato come titolo di una grande opera drammaturgica, credo nessuno. Potrei sbagliare, ma nell'aristocrazia italiana (anche se poi vedremo quanto la nazionalità di queste famiglie sia da sempre stata fittizia) solo in saggi storici, memoriali araldici, biografie, ecc., come nel caso dei Medici (tra l'altro una delle famiglie centrali nella cospirazione mondiale dell'aristo-oligarchia nera veneziana).
Fanno eccezione i Borgia che, prima delle due odierne serie televisive, sono stati eternati, attraverso la rampolla più "hot" della storia, dal dramma di Victor Hugo: Lucrezia Borgia…. CONTINUA A LEGGERE SU PUNTOZERO N. 1