Ecco cosa è accaduto: l'Unione Atei Agnostici Razionalisti (UAAR) ha chiesto, ovviamente a pagamento e secondo regolamenti, alla ditta che gestisce la pubblicità sui tram genovesi di affiggere una comunicazione. La Uaar non voleva pubblicizzare un prodotto ma un'idea: è possibile ritenere che dio non esiste. Tale messaggio era formulato in un modo accattivante, quasi ironico: "Una cattiva notizia: dio non esiste. La buona: non ne hai bisogno".
La reazione a questa iniziativa è stata convulsa, talmente estrema che ha rivelato una realtà che si credeva ormai lontana: l'intolleranza religiosa. Com'era prevedibile, sono stati i preti a gridare all'orrore più di altri, ma non sono stati i soli.
L'isterismo ha raggiunto toni grotteschi, come quando si è straparlato di "obiezione di coscienza", per cui non si sarebbe dovuto pagare il biglietto salendo sui tram blasfemi. Altri sacerdoti, forse toccati più saldamente dalla santa grazia divina, hanno replicato con toni all'apparenza più pacati, ma comunque gonfi di intransigenza. Dai preti è ingenuo aspettarsi la minima disponibilità a parlare di ateismo, e non li criticheremo per questo: fanno il loro mestiere e lunghi anni di seminario li hanno allenati alla più incrollabile certezza di possedere, essi soli, tutta la verità, nient'altro che la verità.
Ma ciò che in un prete è una sorta di "deformazione professionale", in un laico è qualcosa di ancora più inquietante e inaccettabile; la libertà di opinione è un diritto fondamentale e – anche se l'Italia di oggi ha imboccato con sciagurata indifferenza la paurosa china della censura e della repressione – dovrebbe essere difesa con chiarezza da tutti coloro che si riconoscono in pochi ma forti valori, primo fra i quali la possibilità di esporre il proprio motivato pensiero.
Gli atei intendevano soltanto far conoscere alla massa della gente (per questo hanno scelto una forma di pubblicità vistosa) che l'ateismo non è un peccato o una perversione, ma una posizione filosofica cui hanno aderito e aderiscono milioni di persone in tutto il mondo e che ha avuto sostenitori illustri in ogni tempo. Fino a qualche secolo fa, l'ateismo era punito con la morte; oggi, nell'anno di grazia 2009, dovrebbe essere accolto molto più serenamente, ma a quanto pare non è così, vista la furia con cui molti si sono sentiti in diritto di criticare, minacciando, l'iniziativa della Uaar.
Eppure, i credenti – di ogni fede – possono tranquillamente esporre al pubblico le loro convinzioni. Ogni chiesa cattolica, in fondo, non è che un solo messaggio tradotto in forme architettoniche: "dio esiste". Ogni crocifisso esposto in aule scolastiche, tribunali, ospedali è un messaggio al pubblico: "dio esiste". Ogni processione, ogni cerimonia religiosa, ogni benedizione pubblica, ogni suono di campane sono un messaggio: "dio esiste". Vi sono, insomma, centinaia di manifestazioni pubbliche che hanno come fondamento l'opinione che dio esiste. Tale opinione viene proposta come ovvia, naturale, al di là di ogni dubbio. Il concetto "dio esiste" viene presentato perentoriamente, senza spiraglio per alcuna obiezione.
Gli atei non si sono mai sognati di chiedere l'abolizione di queste manifestazioni; perché allora i credenti attaccano con tanta virulenza le idee dei non credenti? Un bus con una scritta atea non rappresenta alcuna minaccia alla fede religiosa: non si perde la fede in dio solo per aver letto una frase (e se ciò accadesse, bisogna dire che era una fede proprio da poco…).
Questa vicenda dimostra che l'intolleranza religiosa non è solo un male d'altri. Ci vantiamo di essere molto superiori alle culture teocratiche, ma ciò che è accaduto a Genova ci rivela che la fede in un dio è sempre un dito puntato che accusa chi non la condivide.
La reazione a questa iniziativa è stata convulsa, talmente estrema che ha rivelato una realtà che si credeva ormai lontana: l'intolleranza religiosa. Com'era prevedibile, sono stati i preti a gridare all'orrore più di altri, ma non sono stati i soli.
L'isterismo ha raggiunto toni grotteschi, come quando si è straparlato di "obiezione di coscienza", per cui non si sarebbe dovuto pagare il biglietto salendo sui tram blasfemi. Altri sacerdoti, forse toccati più saldamente dalla santa grazia divina, hanno replicato con toni all'apparenza più pacati, ma comunque gonfi di intransigenza. Dai preti è ingenuo aspettarsi la minima disponibilità a parlare di ateismo, e non li criticheremo per questo: fanno il loro mestiere e lunghi anni di seminario li hanno allenati alla più incrollabile certezza di possedere, essi soli, tutta la verità, nient'altro che la verità.
Ma ciò che in un prete è una sorta di "deformazione professionale", in un laico è qualcosa di ancora più inquietante e inaccettabile; la libertà di opinione è un diritto fondamentale e – anche se l'Italia di oggi ha imboccato con sciagurata indifferenza la paurosa china della censura e della repressione – dovrebbe essere difesa con chiarezza da tutti coloro che si riconoscono in pochi ma forti valori, primo fra i quali la possibilità di esporre il proprio motivato pensiero.
Gli atei intendevano soltanto far conoscere alla massa della gente (per questo hanno scelto una forma di pubblicità vistosa) che l'ateismo non è un peccato o una perversione, ma una posizione filosofica cui hanno aderito e aderiscono milioni di persone in tutto il mondo e che ha avuto sostenitori illustri in ogni tempo. Fino a qualche secolo fa, l'ateismo era punito con la morte; oggi, nell'anno di grazia 2009, dovrebbe essere accolto molto più serenamente, ma a quanto pare non è così, vista la furia con cui molti si sono sentiti in diritto di criticare, minacciando, l'iniziativa della Uaar.
Eppure, i credenti – di ogni fede – possono tranquillamente esporre al pubblico le loro convinzioni. Ogni chiesa cattolica, in fondo, non è che un solo messaggio tradotto in forme architettoniche: "dio esiste". Ogni crocifisso esposto in aule scolastiche, tribunali, ospedali è un messaggio al pubblico: "dio esiste". Ogni processione, ogni cerimonia religiosa, ogni benedizione pubblica, ogni suono di campane sono un messaggio: "dio esiste". Vi sono, insomma, centinaia di manifestazioni pubbliche che hanno come fondamento l'opinione che dio esiste. Tale opinione viene proposta come ovvia, naturale, al di là di ogni dubbio. Il concetto "dio esiste" viene presentato perentoriamente, senza spiraglio per alcuna obiezione.
Gli atei non si sono mai sognati di chiedere l'abolizione di queste manifestazioni; perché allora i credenti attaccano con tanta virulenza le idee dei non credenti? Un bus con una scritta atea non rappresenta alcuna minaccia alla fede religiosa: non si perde la fede in dio solo per aver letto una frase (e se ciò accadesse, bisogna dire che era una fede proprio da poco…).
Questa vicenda dimostra che l'intolleranza religiosa non è solo un male d'altri. Ci vantiamo di essere molto superiori alle culture teocratiche, ma ciò che è accaduto a Genova ci rivela che la fede in un dio è sempre un dito puntato che accusa chi non la condivide.