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BTC & crypto: fine di un’era?

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Il 20 Maggio u.s. Giuseppe Coco, noto economista nazionale, ha scritto un breve articolo sul websiteThink Tank Quotidiano” dell’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia dal titolo “Ecco perché bitcoin e i suoi fratelli sono un disastro”. Lo trovate qui: https://www.ripartelitalia.it/giuseppe-coco-economista-ecco-perche-bitcoin-e-i-suoi-fratelli-sono-una-calamita/  (sì, in realtà s’intendeva ‘calamità’ ma non si possono avere Url contenenti accenti).

Nemmeno 24 ore dopo Christine Lagarde, Presidente della BCE, dichiarava pubblicamente che “Le criptovalute sono basate sul nulla e non valgono nulla”. Lapidaria.

Passano quindi soli tre giorni e a rincarare la dose stavolta è Kristalina Georgieva, direttrice dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale) dichiarando che “Il Bitcoin contiene la parola ‘coin’, ma non è una moneta perché per essere tale deve essere anche una riserva di valore. Di fatto i Bitcoins, e le criptovalute, sono una classe di investimento senza garanzie. Se qualcuno promette il 20% su qualcosa non garantito da niente, come la chiameremmo nel mondo reale? Una piramide? Questa è una piramide nel mondo digitale. Ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare che tutto nel mondo digitale sia errato” (riferendosi alle monete digitali gestite da banche centrali).

In scia, poi, è arrivato anche Francois Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia e membro del consiglio direttivo BCE che ha rimarcato come, a suo dire, “le persone stiano perdendo fiducia in questi prodotti”. Infine, al ‘coro da requiem’, si sono aggiunti anche il notissimo finanziere Warren Buffett e Scott Minerd, quest’ultimo responsabile degli investimenti Guggenheim, secondo il quale il valore del Bitcoin potrebbe scendere dagli attuali circa 30.000 a soli 8000 dollari.

E tale profluvio di dichiarazioni nel breve volgere di una sola settimana. Alcune, peraltro, provenienti da Davos in Svizzera, ove si è aperto l’annuale appuntamento del WEF (World Economic Forum). 

Coscienti quindi dell’impatto che alcune tra tali dichiarazioni possono avere sui cittadini del mondo nella loro vita quotidiana, come NEXUS New Times abbiamo quindi chiesto sulle principali asserzioni un commento ad uno dei massimi esperti del settore, Marco Amadori. Con l’affabile disponibilità che lo contraddistingue ci ha prontamente risposto. Di seguito ne riassumiamo i punti salienti:  

Perché lo stupore circa “l’eccezionalità dell’occasione presente di discesa”?: nel 2012 il BTC scese da 31 a 2 dollari dunque la domanda, eventualmente, aveva ed ha un senso. Eppure all’epoca è stata posta e si è cercata una vera risposta? Già, no. Dunque, è bene sempre ricordarsi, quando si fanno certe affermazioni, che il presente non è più importante del passato. Pertanto, soprattutto in Economia ciò che davvero conta, casomai, è l’importanza dell’analisi di traiettoria. Altresì si rischia di comunicare più “opinionismo astratto” che “contenuti seriamente ponderati”.

Proprio quanto già accaduto parecchie volte dal 2009 a oggi definisce, e casomai inquadra, tale dinamica come “bolla speculativa ciclica” e non come mera “bolla speculativa”. Andrebbe quindi pertanto analizzata come tale, cosa che ancora non ho visto fare…

Le instabilità di prezzo di tale ‘materia prima digitale’ sono al di fuori del “controllo di Cesare” lasciandolo al mercato? e dipendono dalla dimensione del mercato? Il mercato si è più volte mosso, si è anche rimpicciolito, e dunque è molto volatile. È normale, poiché il BTC è un asset collezionabile che sta scoprendo il proprio prezzo da parte del mercato come riserva di valore.

La percezione di valutazione dell’economia digitale non si può basare su una mera opinione “macro” e al contempo “generica”, concetto basilare esattamente valido come per l’economia fiat e/o per qualunque altro campo dello scibile umano. Ciò significa che quantomeno in entrambi i contesti la familiarità e il livello di conoscenza peculiare posseduta determina largamente la percezione stessa. Il che, naturalmente, porta con sé un invito ad approfondire maggiormente la propria competenza per tutti coloro che fossero eventualmente interessati a tale nuovo paradigma. Invito decisamente più cogente, invece, per gli economisti classici. 

Anonimato delle crypto: il denaro, da un po’, è informazione, pertanto, viaggia nel mondo con un trasferimento da un Punto A ad un Punto B. Dunque la valutazione circa “l’anonimato tout court” di un trasferimento, peraltro non completamente vero – anche se fatta in astratto teorico – non si capisce perché non debba essere oggigiorno considerata al pari della “libertà di parola”. Su quest’ultima e sulla relativa importanza democratica quale irrinunciabile assetto valoriale e diritto inalienabile qualcuno si sognerebbe mai di obiettare validità e valenza? Eppure sfugge a molti che i più grandi “evasori” – oggi come in passato – eludono, o evadono, proprio a norma di legge e sfruttando esattamente metodi classici assolutamente tracciabili. Dunque il punto non è nel “mezzo” che realizza eventualmente la dinamica, quanto piuttosto nell’approccio complessivo che mira a limitare la libertà di ognuno, perché la domanda sottesa (e impronunciabile pubblicamente) in realtà è: a te cittadino cosa ti serve la libertà (di parola, o anche finanziaria)? Quale cattivo uso intendi farne perché ti serve di averla? Perché non vuoi che si trasferisca tale potere limitativo alle gerarchie superiori (politiche, economiche) e ai sistemi di controllo? Da cittadino potrei rispondere: perché tali istituzioni sono sempre più lontane da quella che dovrebbe essere davvero, invece, una democrazia. Atteso che quest’ultima non sia solo una parvenza di facciata.

La definizione stessa del BTC necessita di categorie nuove per essere effettivamente compresa, poiché non aderisce ad una definizione preesistente già nota in letteratura: ecco perché non può essere “inquadrato e stretto” solo come “moneta” o “valuta” o “asset” che sono definizioni categoriche ‘vecchie’ e che possono unicamente aiutare ad inquadrare la complessità dello stesso. Tuttavia, le ‘vecchie metafore’ non vanno minimamente usate per formulare previsioni future. Perché non solo si fanno degli errori incredibili, ma si cade rovinosamente proprio nel considerare tali metafore – al più vagamente esplicative – come predittive!

Parlare di “schema Ponzi tout court per il BTC”, inoltre, è totalmente errato. Innanzitutto perché è argomento decisamente trito e già ‘smontato’ sin dal 2011. Purtuttavia, perché? Perché l’asserzione citata nell’opinione è talmente “larga” che sarebbe valida, a questo punto, per qualunque ‘bene’ un individuo decidesse di comprare sul mercato, sia esso “petrolio”, “oro”, “farfalle” o “zucchero”. Secondo tale logica, se si va davvero a guardare la corretta definizione di “schema Ponzi”, non vi sarebbe dunque alcuna differenza, basterebbe l’esistenza stessa di alcuni “polli” interessati per creare “un mercato” stesso. E tuttavia: un kilo d’oro vale sempre più di un litro d’acqua potabile? No affatto, dipende. Se mi trovo su Marte la risposta, probabilmente, sarà che varrà più il secondo del primo, il che fa istantaneamente capire a chiunque come “il valore” sia una componente soggettivamente attribuibile da ogni individuo. E al riguardo il concetto di “scarsità”, in Economia, non può essere ignorato, perché ne è proprio la base! Dunque se tale discorso è incontrovertibile è anche facile comprendere come non via sia differenza alcuna tra chi, ad esempio, abbia comprato 20 anni fa azioni Apple a “X” e oggi magari le rivende a “X+Y”, realizzando un guadagno incredibile, solo perché all’epoca questi aveva attribuito un valore potenziale prospettico a suo giudizio sufficiente per comprare tale ‘bene’, e chi ha scelto d’investire in BTC.

Il BTC consuma tantissimo, spreca tantissima energia” è asserzione davvero troppo superficiale per come affermata e contestualizzata. Poiché in realtà richiederebbe una seria analisi di confronto, soprattutto parametrata agli elementi attuali del nostro ‘sistema attuale’ basato – a mero titolo di esempio – su “armi”, “oro”, “controlli”, “camere di compensazione”, “varie banche centrali”, “varie banche medie”, “varie banche d’affari”, etc. etc. Ebbene: quanto, complessivamente, tali elementi consumano? Se ciò non è noto o non viene ad essere calcolato ed immesso quale parametro di confronto in un’analisi davvero seria e profonda, com’è possibile fare simili affermazioni “astratte”? Confrontiamolo, ad esempio, col gaming online, o anche solo con il consumo dei led di standby degli elettrodomestici USA, e vedremo che consumerà meno energia in totale e che la quota di rinnovabile sarà superiore essendo quei consumi – cittadini  e non – vicino alla (sovrap)produzione. Ora il valore che si vuole dare, come Umanità Collettiva, all’apologia della pigrizia d’avere un led accesso 24h che ci ricorda come l’elettrodomestico è funzionante e acceso… capisco sia fondamentale e irrinunciabile. Il Bitcoin permette solo alcune libertà personali e sistemiche, come paragonarlo quindi? Non così.

 

La critica alla posizione pubblicamente espressa qualche giorno fa dalla signora Lagarde sulle criptovalute è, principalmente, una sola: si è per caso resa conto d’aver fatto una critica su quello che è, tecnicamente, un “design requirement”, ovvero un “requisito progettuale” o “vincolo progettuale” del BTC? Probabilmente… no! Ebbene: le critiche alle criptovalute e al BTC d’essere “senza Cesare” nonché “senza controllo centralizzato” non sono un difetto, ma proprio il loro punto di forza! Risultato raggiunto peraltro dopo anni di ricerche da parte di numerosi ricercatori nel mondo. Dunque scambiare il requisito caratteristico principale – cioè proprio il principale punto di forza con un difetto – è a dir poco… semplicemente “meraviglioso”! E se ci pensiamo attentamente tutto ciò che in tecnologia viene ad essere compreso nel concetto di “disruptive innovation” ha avuto bisogno di tempo, e sviluppo, per essere poi effettivamente compreso, e usato, dalla larga maggioranza delle persone rispetto ai pochi, primi coraggiosi individui.

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