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Podemos, la Scozia, Cameron, la Polonia. Kaczyński, Putin e Tsipras. Forse, nel Vecchio continente non tutto è così vecchio e qualcosa si muove… verso dove?

È notizia di oggi la presa di posizione della premier scozzese e leader dello Scottish National Party, Nicola Sturgeon, contraria all'uscita del Regno Unito (e quindi anche della Scozia) dall'Unione Europea. La Sturgeon è diventata famosa anche nelle cronache continentali, oltre che d'Oltremanica, per la vittoria alle elezioni parlamentari britanniche: 56 seggi sui 59 scozzesi. E anche se il Partito nazionalista scozzese si è presentato solo in Scozia, ha assunto una rilevanza nella politica di Londra per il suo ancoraggio a sinistra: la nuova leader, subentrata ad Alex Salmond in seguito alla sconfitta nel referendum per l'indipendenza della Scozia dell'anno scorso – ne abbiamo parlato nell'articolo Brogli elettorali in Scozia (il miracolo mancato di Sant'Andrea) – ha promosso una politica di “sinistra”, contro l'austerità e a favore di un welfare europeo, distante da quanto proposto dai Laburisti e quindi subentrando in Scozia al tradizionale partito della sinistra britannica. Un indipendentismo di sinistra, quindi, come quello che connota in parte anche l'indipendentismo catalano. La Sturgeon però ha sempre espresso la propria contrarietà all'uscita della Scozia dall'Unione Europea e quindi anche al possibile referendum per l'uscita dall'UE del Regno Unito promesso da David Cameron all'indomani della vittoria conservatrice del 7 maggio scorso. Ebbene ecco quanto riporta oggi il quotidiano in rete L'Indipendenza Nuova:

La premier scozzese ha detto che continuerà a opporsi alle politiche di austerità di Londra, che chiederà più poteri per la Scozia e che farà una campagna aggressiva affinché tutto il Regno Unito resti nell’Ue. Per la Sturgeon, “un’uscita dall’Unione europea è possibile solo se tutte le quattro nazioni del Regno Unito (Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del nord) sono d’accordo”. Questo meccanismo, chiamato di “doppia maggioranza”, eviterà alla Scozia di ritrovarsi “obbligata a uscire dall’Unione europea contro la sua volontà”.

Difficile, non sapendo leggere nel Futuro, se Cameron in realtà aspiri davvero a chiedere il parere del popolo britannico sulla permanenza del paese nella UE, né se davvero la “doppia maggioranza” della Sturgeon sia un'opzione praticabile, nel caso di un referendum esteso a tutto il Regno. In ogni caso, oggi i cittadini britannici, sempre più disertanti le urne o attirati dall'UKIP di Nigel Farage, hanno una giustificazione in più per restare nell'UE: evitare la secessione della Scozia. E gli scozzesi sono già avvisati: anche se non più sudditi della monarchia britannica, resteranno “in Europa”. E magari con l'Euro. Che qualcuno non pensasse di avvicinarsi all'Unione Eurasiatica, come provocatoriamente suggerito da Putin, che aveva ritenuto “molto possibile” la richiesta di adesione ad una eventuale Scozia indipendente, mentre l'allora leader scozzese Salmond era stato accusato di essere filo-russo per i suoi apprezzamenti all'attuale leader del Cremlino.

Chi invece nell'Euro sembra non volerci entrare è l'elettorato polacco, che alle elezioni di domenica scorsa ha eletto a Presidente Andrzej Duda, candidato del partito nazionalista (di destra) Diritto e Giustizia, guidato da Jarosalaw Kaczyński, già premier polacco e fratello di Lech Kaczyński, Presidente polacco morto nell'incidente sospetto di Smolensk, in Russia, il 10 aprile di 5 anni fa: una vera e propria strage della classe dirigente polacca, che ha destato molti sospetti (vedi l'articolo Curiose sincronicità). All'epoca Lech Kaczyński trovò la morte proprio mentre stava tentando di riavvicinare la Polonia alla Russia, e la commemorazione dell'eccidio di Katyn a cui si stava recando era l'occasione simbolica per questo nuovo inizio. In seguito, la vittoria di Komorowski alle elezioni presidenziali dello stesso anno e la conferma al potere del premier Donald Tusk (oggi Presidente del Consiglio Europeo) ha fatto rimanere la Polonia nella scelta anti-russa dei suoi governanti, tanto che il governo di Tusk ha avuto un ruolo importante nell'armare ed addestrare i miliziani ucraini prima del caos a Kiev del 2013, contribuendo così al rovesciamento di Yanukovich.
Anche Duda è stato descritto dai media occidentali come anti-russo, e quindi altrettanto ostile a Putin quanto alle ingerenze di Bruxelles. Eppure anche Lech Kaczyński inizialmente lo era. E lo era inizialmente anche l'attuale premier ungherese Victor Orban, prima di trovare sulla sua strada il sostegno di Mosca e di esserne punito dall'Unione Europea con una campagna mediatica di demonizzazione. Riporta L'Indipendenza Nuova sul nuovo Presidente polacco:

In Polonia il partito Diritto e giustizia (Pis) ha festeggiato fino a notte fonda l’elezione a presidente di Andrzej Duda, che segna il primo successo alle urne della formazione nazionalista ed euroscettica dal 2005. I mercati hanno però reagito negativamente, sia per l’incertezza che questo esito alimenta in vista delle elezioni politiche di fine ottobre che per la linea economica del partito di Jarosalaw Kacynski, ostile all’ingresso nell’euro e che ha promesso di sganciare i mutui dal franco svizzero per collegarli allo zloty. La divisa polacca ha perso lo 0,7% sul franco e lo 0,3% sull’euro mentre i titoli delle principali banche, PKO, Pekao e BZ WBK, hanno perso fino al 4%. Il successo dell’avvocato 43enne Duda, sostenuto dalla Chiesa cattolica e votato soprattutto da agricoltori, operai, studenti, disoccupati e pensionati, potrebbe preludere al ritorno di Kaczynski alla guida del governo, nel voto autunnale.

Jarosalaw Kaczyński, fratello di Lech, premier quando il fratello era Presidente, rivale di Komorowski nel 2010, potrebbe diventare nuovamente Primo ministro in Polonia, quindi. E forse, seguire la politica che il fratello ha lasciato da parte. O forse, no. Chissà. Continua l'articolo:

Duda si insedierà il 6 agosto e tra i primi a congratularsi c’è stato il presidente russo, Vladimir Putin, che, nonostante le tensioni avute in passato con i gemelli Kaczynski, ha auspicato “un rapporto costruttivo tra Russia e Polonia, basato su principi di buon vicinato e sul rispetto dei reciproci interessi”, anche per “una migliore stabilità e sicurezza dell’Europa”.

Chissà. Chissà che ne sarà anche della Spagna, dove la vittoria alle elezioni amministrative del partito Podemos in molte realtà sembra aver adombrato la campagna secessionistica catalana, dopo l'impegno delle autorità di Madrid per il fallimento del referendum per l'indipendenza del 9 novembre 2014, che ha visto l'80% dei catalani scegliere l'Indipendenza ma con un'astensione molto alta e senza alcun riconoscimento giuridico. Nonostante la Catalogna si stia già preparando all'indipendenza tessendo una propria rete di rappresentanza diplomatica all'estero, un proprio sistema fiscale e tutto quanto serva ad una Catalogna indipendente (vedi l'articolo La Catalogna studia proprie ambasciate e un nuovo sistema fiscale per prepararsi all'indipendenza, nella rubrica Sotto la lente di PuntoZero n.10).

Lettera43 riporta le dichiarazioni festanti della neo-sindaca di Barcellona:

«Oggi è stata una rivoluzione democratica» ha esultato nella notte la futura nuova sindaca post-indignada della capitale catalana, Ada Colau. Una rivoluzione «che deve allargarsi ora a tutto il sud-Europa».

Allargarsi al Sud Europa vuol dire allargarsi all'Italia, al Portogallo, alla Grecia dove già il governo di Alexis Tsipras mostra un relazionarsi diverso nei confronti di Bruxelles, e anche di Mosca. Tanto che di recente il Ministro della Difesa greco, Panos Kamenos, ha ribadito la contrarietà di Atene alle sanzioni contro la Russia di fronte al vice Segretario per la Difesa USA, Christine Wormuth, che gli aveva chiesto di aderire alla politica anti-russa di Washington.

E Podemos? Il suo leader Pablo Iglesias così commentava nel novembre scorso l'atteggiamento verso la Russia dell'UE riguardo l'Ucraina:

Non si dovrebbe dimenticare che l'UE ha supportato il cambio di governo illegale in Ucraina e la salita al potere di un partito neo-nazista al governo ucraino. Alcuni leader europei, insieme ai neo-nazisti, hanno preso parte a pubbliche manifestazioni in Ucraina, e questo è troppo lontano dai valori europei.

A riportare le sue parole era la Pravda del 19 novembre 2014, in un articolo a firma di Lyuba Luiko dal titolo Partito filo-russo scuote la Spagna. Forse definire Podemos e Iglesias “filo-russi” è azzardato. Eppure anche Tsipras….


Vedi anche: Il grande risiko sopra le nostre teste


 

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