La “baby-sitter con un occhio solo”
La televisione iniziava a fare il suo ingresso come nuova tecnologia mass-mediatica proprio nel momento in cui venivano pubblicati i risultati del Radio Research Project, nel 1939. Sperimentata dapprima su larga scala nella Germania nazista, durante le Olimpiadi di Berlino del 1936, la televisione fece la sua prima apparizione pubblica alla Fiera Mondiale di New York del 1939, dove attirò vaste folle di persone. Adorno e altri riconobbero immediatamente il suo potenziale come strumento per il lavaggio del cervello di massa. Nel 1944 Adorno scriveva:
“La televisione punta alla sintesi di radio e cinema… ma le sue implicazioni sono enormi e promettono di intensificare l’impoverimento della sostanza estetica in modo così drastico che in futuro l’identità appena velata di tutti i prodotti culturali industriali potrà uscire trionfante allo scoperto, concretando in modo irridente il sogno wagneriano della Gesamtkunstwerk, la fusione di tutte le arti in un’opera unica”.
Come apparve evidente fin dai primi studi clinici sulla televisione (alcuni dei quali furono condotti tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50 da ricercatori del Tavistock), i telespettatori, in un arco di tempo relativamente breve, entravano in uno stato di semi-coscienza simile al trance, caratterizzato dalla presenza di sguardo fisso. Più a lungo si guardava, più pronunciata diventava la fissità dello sguardo. In tali condizioni di semi-coscienza crepuscolare, gli spettatori divenivano ricettacolo di messaggi che potevano essere contenuti nei programmi stessi, oppure, per dislocazione, nella pubblicità. Il lavaggio del cervello era completo [10].
La televisione si trasformò da curiosità di quartiere in strumento ad ampia penetrazione di massa, soprattutto nelle aree urbane, pressappoco tra gli anni 1947-1952. Come ha osservato Lyndon LaRouche, ciò coincise con un momento assai critico della vita psicologica nazionale. Il sogno di milioni di veterani della Seconda Guerra Mondiale e le loro speranze di costruire un mondo migliore, si erano schiantati al suolo dinanzi alla corruzione morale dell’amministrazione Truman e alla successiva crisi economica. Questi veterani si ritirarono nella loro vita familiare, nei loro lavori, nelle loro case, nei loro tinelli. E al centro di quei tinelli c’era il nuovo apparecchio televisivo, le cui immagini banali assicuravano che le scelte moralmente ignobili che essi avevano compiuto erano state quelle giuste.
I primi programmi televisivi si rifacevano ai modelli già sperimentati della radio, come descritti dal Radio Research Project: le “situation comedy”, o “sitcom”, i quiz, i varietà, lo sport e le “soap”. Molti erano in forma seriale, con personaggi, se non storie, collegate tra loro. Tutti erano banali e deliberatamente progettati per essere così.
I figli di questi veterani infelici, i cosiddetti “baby-boomers”, divennero la prima generazione ad essere accudita da ciò che LaRouche chiama “la baby-sitter con un occhio solo”. I genitori incentivavano i bambini a guardare la televisione, spesso come mezzo per tenerli sotto controllo, e loro fissavano per ore tutto ciò che passava sullo schermo. I contenuti dei primi programmi per bambini erano banali (ma non più dei programmi televisivi in generale) e mentalmente devastanti; ancor più devastante fu la sostituzione del contatto concreto con la famiglia con la visione televisiva, quando il “tavolo per la cena” venne rimpiazzato dalla “cena televisiva” di fronte al tubo catodico. Com’era prevedibile, i bambini svilupparono fissazioni ossessive per gli articoli pubblicizzati dalla TV, chiedendo che tali articoli gli venissero comprati, altrimenti non avrebbero potuto essere come i loro amici [11].
A metà degli anni ’70, Eric Trist, che rimase fino alla sua morte (avvenuta nel 1993) a capo delle operazioni del Tavistock americano, e Fred Emery, “esperto” di media del Tavistock, scrissero una relazione sulle ricerche compiute riguardo all’impatto di 20 anni di televisione sulla società americana. Nel lavoro di Emery del 1975, intitolato Futures We Are In, essi riferivano che il contenuto delle programmazioni non era più tanto importante quanto lo era il totale delle ore trascorse davanti alla televisione. Il tempo di fruizione televisiva media era costantemente cresciuto nei due decenni trascorsi dall’introduzione del mezzo, tanto che a metà degli anni ’70 esso poteva essere considerato un’attività quotidiana, seconda solo al lavoro e al sonno, che occupava circa sei ore giornaliere (e da allora è cresciuta ulteriormente fino a sette ore, con l’aggiunta di videogames, videocassette, e così via); fra i bambini in età scolare, il tempo trascorso a guardare la televisione era inferiore solo al tempo destinato alle attività scolastiche. Queste scoperte, secondo il Tavistock, indicavano che la televisione era paragonabile ad una droga che produce dipendenza. Similarmente, Emery riferiva di studi neurologici i quali, a suo dire, dimostravano che la visione televisiva continuata “spegne il sistema nervoso centrale umano”.
Che le loro affermazioni siano fondate o no su analisi scientifiche, Emery e Trist presentano prove convincenti del fatto che una fruizione televisiva prolungata e massiccia abbassa le capacità di riflessione concettuale su ciò che viene presentato sullo schermo. Gli studi evidenziano che la semplice presenza di immagini sulla televisione, specialmente se presentate nell’appropriato format di documentario o di notiziario, ma anche nel corso della visione in generale, tende a far considerare quelle immagini “autentiche” e a far attribuire ad esse un’aura di “realtà”.
Trist ed Emery non trovano nulla di sbagliato in questa evoluzione, la quale indica che la televisione sta producendo una generazione cerebralmente morta. Al contrario, essi evidenziano come tale evoluzione si inserisca all’interno di un più ampio piano globale di controllo sociale, portato avanti dalla Tavistock e dai network suoi alleati per conto dei loro sponsor. La società, essi affermano in A Choice of Futures, libro pubblicato nello stesso periodo, è sprofondata in stati di coscienza mentale sempre più bassi, al punto che anche uno Stato fascista di tipo orwelliano ormai non sarebbe più realizzabile. A questo punto, grazie alla televisione e ad altri mass media, il genere umano versa in uno stato di dissociazione le cui implicazioni politiche si manifesteranno in una società di stampo “Arancia Meccanica”, dal nome del libro di Anthony Burgess, in cui gang giovanili scatenate commetteranno atti di violenza casuale, per poi tornare a casa a guardare i notiziari e vedere sullo schermo ciò che hanno compiuto.
Gli artefici del lavaggio del cervello sottolineano che questa evoluzione, che secondo loro ha il proprio modello nella violenza in Irlanda del Nord, non è stata indotta dagli effetti della sola televisione. La società è passata attraverso una “turbolenza sociale” dovuta ad una serie di shock politici ed economici, che comprendono la guerra in Vietnam, il rialzo dei prezzi petroliferi e l’assassinio di alcuni leader politici. L’impatto psicologico di questi eventi, la cui responsabilità essi omettono di attribuire all’establishment anglo-americano, è stato amplificato dalla loro penetrazione nelle case, in dettagli crudi e spaventosi, attraverso i notiziari televisivi. Nello scenario descritto da Trist e Emery, sembra quasi di sentire il possibile sommario di un futuro telegiornale: “La fine del mondo: tutti i dettagli nell’edizione delle 11”.
Consolidare il paradigma
Nel 1991, in un’antologia dei lavori del Tavistock che egli stesso aveva pubblicato, Trist scriveva che tutti i “nodi” internazionali o centri dell’apparato di brainwashing dell’istituto miravano allo scopo fondamentale di consolidare uno spostamento di paradigma verso un “ordine mondiale postindustriale”. Il loro obiettivo, egli affermava, era di rendere questo cambiamento irreversibile. In quest’opera, e in altre, Trist, proprio come Alexander King, invita ad una campagna di “rieducazione” di massa che distrugga le ultime vestigia di resistenza nazionale, soprattutto all’interno degli Stati Uniti, a questo nuovo ordine mondiale.
Circa dieci anni prima, un altro dei serventi del Tavistock, Bernard Gross, in una relazione consegnata alla conferenza del 1981 sulla Società del Mondo Futuro, presieduta da Al Gore, offriva uno spiraglio sulle caratteristiche di questo “nuovo ordine mondiale”. Gross affermava che nel periodo che stava per iniziare il mondo si sarebbe trovato di fronte a ciò che il Tavistock ama chiamare una “scelta critica”: una serie di opzioni, ciascuna delle quali appare cattiva, ma, a causa del terrorismo diffuso e della pressione degli eventi, una decisione va comunque presa scegliendo l’opzione che rappresenta il “male minore”. La società industriale dell’occidente scivolerà nel caos; questo caos, egli affermava, potrà condurre o a un fascismo di tipo autoritario, come quello che gli inglesi contribuirono ad instaurare nella Germania nazista; oppure ad una forma di fascismo più umana e benevola che Gross definiva “fascismo amichevole”. La scelta, sosteneva Gross, è tra il tentativo di ritornare al vecchio paradigma industriale, nel qual caso avremo un fascismo di tipo nazista; oppure di abbracciare il post-industrialismo, in cui avremo il “fascismo amichevole”. Quest’ultimo, egli affermava, è chiaramente preferibile, poiché esso rappresenta una mera transizione verso un nuovo “ordine mondiale di informazione globale”, che comporterà una maggiore libertà e possibilità di scelta individuale, una vera democrazia di massa aperta e partecipativa.
Per Gross la scelta è chiara: in ogni caso vi saranno dolore e sofferenza; ma solo il “fascismo amichevole” dell’informazione globale, di una società interconnessa da TV via cavo, satelliti e reti informatiche, offre speranza per un “futuro” migliore.
Ma chi amministrerà questo ordine mondiale del “fascismo amichevole”? Gross spiegava che oggi esiste una vera e propria “Internazionale Aurea”, termine che egli ricalcava sull’Internazionale Comunista (Comintern) di Nikolai Bukharin. Si tratta di un’illuminata elite internazionale, avente per fulcro la potente oligarchia eurocentrica che controlla l’industria della comunicazione globale, nonché varie altre risorse chiave e la finanza globale. Questa elite deve essere istruita e informata dall’intelligence delle reti Tavistock; deve comprendere che le grandi masse di zombi teledipendenti possono essere facilmente costrette ad amare questo nuovo mondo, grazie alla persuasione degli spettacoli televisivi e all’infinita fornitura di “informazione”. Una volta conquistate le masse attraverso questa “educazione”, la resistenza dei settori nazionali si sgretolerà.
Nel 1989, per iniziativa di Trist, il Tavistock tenne un seminario presso la Case Western Reserve University per discutere dei mezzi con cui arrivare a creare un fascismo internazionale “senza più Stati”, un nuovo ordine mondiale basato sull’informazione. Nel 1991 il Tavistock incaricò il suo giornale, Human Relations, di pubblicare gli atti di quel seminario. Molti interventi contengono un appello ai mass media affinché si schierino a favore di questo progetto.
Inoltre, a partire dal 1981, esisteva ormai un’altra tecnologia a disposizione dei funzionari del lavaggio del cervello: internet. Secondo Harold Permutter, uno dei partecipanti al seminario della Case Western, internet rappresenta uno strumento sovversivo per penetrare i confini nazionali con “informazioni” relative a questo nuovo ordine mondiale; esso funziona anche come collante per un network di organizzazioni non governative che avrebbero fatto circolare propaganda a favore del nuovo ordine mondiale. Queste ONG avrebbero dovuto essere la sovrastruttura su cui sarebbe stato edificato il nuovo ordine mondiale. Perlmutter e altri partecipanti alla conferenza affermarono che il loro movimento non poteva essere sconfitto, perché non esisteva in senso formale. Risiedeva solo nelle menti dei suoi cospiratori, menti che erano a conoscenza della macchina per il lavaggio mediatico del cervello creata dal Tavistock. Come la televisione era stata la droga informativa dell’ultima parte di questo millennio, così internet, con la sua abbondanza di chat e “informazione” per la maggior parte inutile, con i suoi messaggi sovversivi programmati, sarebbe stato la droga del nuovo millennio, si vantava il Tavistock. [12]
“Gli americani, in realtà, non pensano. Hanno solo opinioni, sensazioni”, diceva Hal Becker di The Futures Group in un’intervista del 1981. “La televisione crea le opinioni e poi le conferma. La gente ha davvero subito un lavaggio del cervello ad opera del tubo catodico? In realtà c’è molto di più. Io credo che la gente abbia perso la capacità di collegare insieme le immagini della propria vita senza l’intervento della televisione. E’ questo che intendiamo quando diciamo che ci troviamo in una società catodica. Ci dirigiamo verso una società orwelliana, ma Orwell commise un errore in 1984. Il Grande Fratello non ha bisogno di guardarti, finché sei tu a guardarlo. E chi può dire che si tratti, in fondo, di una cosa così malvagia?”.
La mosca nella pomata
Ma perfino i circoli elitari dei network internazionali del Tavistock hanno la vaga sensazione che ci sia qualcosa di terribilmente sbagliato nel loro piano. Questa sensazione fu espressa da un autore che Emery citava nel 1973, il quale si chiedeva cosa sarebbe successo quando la generazione di baby-boomer teledipendenti fosse arrivata alle redini del potere. Li avevamo davvero preparati ad esercitare il comando? Sarebbero stati in grado di ragionare e di risolvere problemi? Emery ignorava il problema, affermando che esiste tempo sufficiente per addestrare i nuovi quadri dirigenti. Ma la questione rimane aperta. Nel 1981, alla conferenza Società del Mondo Futuro, durante la quale Gross intonò il suo peana al nuovo ordine globale dell’informazione abbigliato da “fascismo amichevole”, Tony Lentz, assistente professore di lingue presso la Pennsylvania State University, fece notare di aver personalmente osservato una devastazione delle capacità di espressione scritta e orale, dovuta ai mass media e alla televisione; molti studenti non solo non riuscivano più a scrivere in modo corretto, ma non riuscivano più nemmeno a pensare in modo intelligente. Non si trattava di un semplice caso di scarsa istruzione, come egli faceva notare nel suo articolo “The Medium is Madness”, ma del fatto che essi non sentivano più alcun desiderio di pensare. Ricordando che, secondo Platone, la nostra conoscenza del mondo deve fondarsi sulla conoscenza del pensiero di qualcuno che conosce il mondo, Lentz affermava che la televisione ha instillato nelle persone l’idea che le semplici immagini rappresentino la conoscenza. Non esistono più interrogativi, non vi è più lo sforzo per penetrare il pensiero di altre persone, ma soltanto dialogo e immagine, suono e furia, che naturalmente non significano nulla. [13]
“Permettere a noi stessi di essere influenzati dalle sottili ma potenti illusioni presentate dalla televisione”, scriveva Lentz, “conduce ad una sorta di follia di massa che potrebbe avere implicazioni piuttosto spaventose per il futuro della nazione… Inizieremo a vedere cose che non esistono, daremo a qualcun altro il potere di creare per noi le nostre illusioni. La prospettiva è agghiacciante, e visto il nostro retaggio culturale dovrebbe essere motivo di riflessione”.
di L. Wolfe, tratto da The American Almanac del 5 maggio 1997
visto su www.global-elite.org
traduzione di Gianluca Freda
Note
10. Per una più completa trattazione sulla televisione, sulla sua programmazione e sul lavaggio del cervello che essa produce sul popolo americano, si veda la serie di 16 articoli “Turn Off Your Television” dello stesso autore, pubblicata su New Federalist, 1990-93. E’ disponibile in ristampa presso la EIR.
11. Una delle specializzazioni del Tavistock è lo studio della manipolazione psicologica dei bambini e dell’impatto della pubblicità sulla mente dei minori. Tali pubblicità vengono progettate con cura per indurre i bambini a desiderare il prodotto pubblicizzato.
12. Vi sono stati investimenti massicci sull’infrastruttura di internet, sproporzionati rispetto alle possibilità di rientro a breve o a medio termine. Ciò porta a pensare che si tratti in realtà di “investimenti a fondo perduto” per favorire l’impatto psicologico delle nuove tecnologie.
13. Queste espressioni riecheggiano il pensiero di Platone, ma ne sono appunto soltanto un’eco. Per una migliore comprensione dei problemi educativi si veda Lyndon LaRouche, On the Subject of Metaphor, Fidelio, Autunno 1992.