La crisi dei profughi che ha colpito l’Unione europea durante il secondo semestre 2015 è stata orchestrata artificialmente. Tuttavia, parecchi gruppi hanno tentato di strumentalizzarla, sia per distruggere le culture nazionali, sia per reclutare lavoratori a basso prezzo o ancora per giustificare il finanziamento della guerra contro la Siria. In definitiva, una volta passata la tempesta e i danni da essa causati, il problema resta soprattutto africano.
Rete Voltaire | Damasco (Siria) | 2 maggio 2016
Nell'immagine: Arrivo di migranti afghani dalla Turchia in Grecia
Sin dalla pubblicazione coordinata della fotografia di un piccolo bambino curdo, Aylan Kurdi, annegato su una spiaggia turca, il 3 settembre 2015, l’opinione pubblica europea si mobilitò attraverso diverse manifestazioni in favore dei profughi. Immediatamente, il presidente francese François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel si pronunciarono per un “meccanismo europeo di accoglienza permanente e obbligatoria”, mentre una folla immensa, spuntata da non si sa dove, cominciava a piedi la sua progressione attraverso i Balcani. Solo il Primo ministro ungherese, Viktor Orbán, si oppose contro questa improvvisa migrazione di massa.
La proposta dell’ESI (European Stability Initiative)
Fino ad allora, la questione delle migrazioni era un problema economico, principalmente dall’Africa verso l’Italia. A ciò bisognava aggiungere una questione interna all’Unione: la richiesta dell’industria pesante tedesca, espressa dal suo presidente Ulrich Grillo, di potere reclutare in Germania 800.000 lavoratori est-europei che non appartenessero allo spazio Schengen. Da un giorno all’atro, si aggiunse dunque a questi due fattori economici, quello dei profughi umanitari in fuga da una zona di guerra.
La prima proposta concreta per rispondere alla nuova situazione fu formulata il 17 settembre 2015 dall’ESI, un think tank creato a Berlino, più precisamente il 4 ottobre. Si trattava di concludere un accordo tra l’Unione europea e la Turchia in modo da fermare il flusso dei migranti, organizzando allo stesso tempo il trasferimento di 500.000 profughi siriani nell’Unione nel corso dei dodici mesi seguenti. Inoltre, la Turchia si impegnava a riprendere gli altri migrati che continuavano a entrare illegalmente nell’Unione, e in cambio avrebbe beneficiato di una dispensa sul visto per tutti i suoi cittadini residenti all’estero.
«Bisogna riconoscere che la crisi siriana è effettivamente unica e ha creato una crisi umanitaria di un livello tale che l’Europa non ha più conosciuto dalla Seconda Guerra mondiale» [1],
indica l’ESI, e precisa che l’iniziativa deve venire dalla Germania come risposta all’intervento russo in Siria.
Ora:
- l’ESI dà per scontato che i profughi siriani fuggano la «repressione del regime di Assad», sostenuta dalla Russia;
- l’ESI prende in considerazione soltanto i profughi siriani e non i profughi iracheni, che pure sono ugualmente perseguitati da Daesh.
L’ESI precisa che il suo piano ha anche per obiettivo:
- prevenire l’affermazione dell’estrema-destra in Austria (il direttore di questo think tank è austriaco);
- preparare un’operazione similare per 1,1 milioni di profughi siriani attualmente rifugiati in Libano e che saranno mandati in Nord America e in Australia. Si tratta qui dell’applicazione delle teorie di Kelly Greenhill sulla «gestione strategica delle migrazioni come arma di guerra» [2], come gli stessi ricercatori dell’ESI avevano osservato all’epoca dello scoppio della guerra del Kosovo [3].
Inoltre, proponendo di rinviare dei migranti in Turchia, l’ESI sembra ignorare che questo paese non è uno Stato sicuro per i profughi e che la Turchia si è rifiutata di firmare la Convenzione del 1951.
Il Piano Merkel
Il 23 settembre, il Consiglio europeo pubblica un comunicato che mette sullo stesso piano la questione dei migranti e quella del guerra in/contro la Siria [4].
I principi del piano dell’ESI sono ripresi il 7 ottobre dalla cancelliera Angela Merkel, nel corso di un colloquio col giornalista Anne Will sulla televisione ARD.
Per presentare il suo progetto, denominato oramai “Piano Merkel”, l’ESI organizza delle conferenze a Berlino, Ankara, Istanbul, Stoccolma, Bruxelles e L’Aia.
Indipendentemente dall’emergenza provocata dalla folla che si ammassa nei Balcani, l’Unione organizza il 12 novembre a La Valletta, un summit per regolare la questione strutturale delle migrazioni economiche venute dall’Africa. Si conviene di creare un Fondo speciale di 1,8 miliardi di euro per i progetti di sviluppo a lungo termine che offriranno una prospettiva economica locale agli africani e li aiuterà a non spostarsi.
L’Unione organizza il 29 novembre un altro summit del Consiglio europeo, questa volta con la Turchia. Il “Piano Merkel” viene adottato dalle due parti. Tuttavia, un ulteriore aiuto economico alla Turchia si aggiunge al primo per un importo di 3 miliardi di euro.
Il Consiglio giustifica questa improvvisa generosità come una cooperazione per l’alloggiamento dei profughi siriani che sarebbe già costato 8 miliardi di dollari alla Turchia, ma non ha intenzione di versare una somma equivalente al Libano e alla Giordania, che ospitano il doppio di profughi siriani che ospita la Turchia. Inoltre, il Consiglio finge di ignorare che le spese turche sono state già rimborsate dall’Onu, dal Qatar e dall’Arabia saudita e che la Turchia ha saccheggiato sistematicamente il Nord della Siria. Infine, la maggioranza dei 2,7 milioni di profughi siriani in Turchia si è integrata nell’economia locale, così che meno di 240.000 sono stati posti sotto la protezione del Programma alimentare mondiale.
In realtà, la Germania e la Francia, che hanno spinto per la creazione di questa sovvenzione, intendono finanziare indirettamente, in questo modo, la prosecuzione della guerra contro la Siria, fatto che – secondo loro – metterà fine al calvario dei profughi e porterà al rovesciamento della Repubblica araba siriana.
Il 21 gennaio 2016, il direttore dell’ESI, Gerald Knaus [5], pubblica una lettera aperta nel Süddeutsche Zeitung, dove difende il principio di una cooperazione più stretta e diretta tra la Germania e la Turchia, senza passare dall’Unione europea. E conclude affermando che un insuccesso del “Piano Merkel” condurrebbe
«al rafforzamento di quelli che vogliono abolire il diritto di asilo, che sono contro i profughi, contro l’Unione, contro la Turchia, contro i musulmani e che sostengono Putin». [6]
Gerald Knaus non spiega però in che modo il fatto di trattare direttamente tra Berlino e Ankara, senza passare da Bruxelles, permetterà di lottare contro l’euroscetticismo. Così come non spiega perché mai la Russia vorrebbe vedere morire annegati i profughi siriani nel mare Egeo.
Nessuno reagisce a queste stupidità soltanto perché da molto tempo ormai la questione dei profughi non è più trattata in modo razionale.
Il Piano Merkel-Samsom
Il 28 gennaio, mentre la presidenza di turno del Consiglio europeo tocca per sei mesi ai Paesi Bassi, il Primo ministro olandese Mak Rutte ed il suo alleato, il presidente del Partito del lavoro Diederik Samsom [7], annunciano al De Volkskrant di avere preparato le modalità concrete per la messa in opera del “Piano Merkel” [8]. Si parlerà dunque oramai di “Piano Merkel-Samsom”, per designare il progetto presentato dall’ESI [9].
Soltanto per caso, si apprende che Diederik Samsom conduce delle consultazioni con diversi governi socialisti europei da novembre e che si è già recato in Turchia.
Il 18 marzo, il Consiglio europeo, presieduto dai Paesi Bassi, conferma la messa in opera dell’accordo del 29 novembre [10]. Tranne che, per una strana magia, i 3 miliardi di euro che dovevano essere versati alla Turchia sono diventati 3 miliardi annui.
Tuttavia, nel tempo intercorso tra i due summit europei, il numero di profughi entrati illegalmente nell’Unione, dalla Turchia passando per la Grecia, è stato valutato in circa 200.000.
Osservazioni su una deriva
In sei mesi e mezzo, si è passati da una crisi concernente i profughi che provengono principalmente dall’Africa e che annegano in Mediterraneo prima di avvicinare le coste italiane, a una fortuna per l’industria pesante tedesca pronta a impiegare 800.000 lavoratori a basso salario, poi a un’operazione di finanziamento della guerra contro la Siria e di dislocamento della sua popolazione.
È attestato difatti che:
- Il rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu incaricato delle migrazioni internazionali, Peter Sutherland [11], ha costretto il Programma alimentare mondiale a diminuire i sussidi destinati ai profughi siriani, al 1 luglio 2015, rendendo difficile la sopravvivenza di circa 240.000 di essi in Turchia. D’altra parte, il gruppo di pressione anglosassone che egli rappresenta intendeva organizzare una crisi che minasse dall’interno le identità nazionali europee. Questa decisione, malgrado le dichiarazioni di ospitalità del presidente francese e della cancelliera tedesca all’indomani della pubblicazione della foto del cadavere del giovane Aylan, hanno spinto molti profughi siriani a tentare la loro avventura in Europa. In seguito, Peter Sutherland si è opposto al “Piano Merkel-Samsom” perché stabilizza le popolazioni (e strumentalizza la crisi solo contro la Siria).
- Il Poligrafico nazionale francese, che forniva fino al 2011 i passaporti siriani, ne ha fabbricato un grande numero che sono stati distribuiti all’inizio della crisi ai migranti «economici» non siriani – principalmente libanesi – in modo da aumentare la pressione dei «rifugiati» in Europa.
- Le filiere delle migrazioni sono state organizzate, non per portare i profughi siriani della Turchia verso l’Europa, ma per andare a cercare dei siriani a casa loro, in Siria, e condurli in Europa. Alcune voci sono state lanciate facendo intendere condizioni di accoglienza lussuose per i profughi siriani in Europa, una linea aerea speciale è stata aperta da Beirut e una linea marittima da Tripoli per istradare ad Izmir dei siriani che non erano dei profughi. In alcune settimane, abbiamo visto dei borghesi di Damasco e di Latakia – che avevano sempre sostenuto la Repubblica araba siriana – vendere i loro commerci e prendere la strada dell’esilio.
In definitiva, contrariamente a certe dichiarazioni ufficiali:
- Il legame tra le pressioni migratorie in Europa e la guerra in/contro la Siria è artificiale. È stato creato deliberatamente in modo da provocare al tempo stesso l’accettazione delle migrazioni e il finanziamento indiretto della guerra da parte dell’Unione. Se alcune centinaia di migliaia di siriani sono stati spinti ad attraversare il Mediterraneo, è poco probabile che i milioni di altri vorranno seguirli.
- La mescolanza di popolazioni che si è organizzata per formare la folla che ha attraversato i Balcani è particolarmente esplosiva. Comprende tanto dei siriani e degli iracheni, quanto degli afgani, degli albanesi e dei kosovari. Il fatto che tutte queste persone siano per la maggior parte musulmane non cela che esse abbiano delle culture e un’interpretazione della loro religione molto differenti; nonché origini sociologiche e motivazioni senza legame le une con le altre.
- Al di là dell’episodio del secondo semestre 2015, la pressione migratoria sull’Europa resta essenzialmente africana. Tuttavia, nei prossimi anni, potrebbe diventare turca. Se infatti Ankara priverà, come ha annunciato, 6 milioni dei suoi cittadini residenti all’estero della loro nazionalità, queste persone tenteranno con tutti i mezzi di fuggire il loro paese di origine, se possibile prima di diventare apolidi. Un trasferimento che potrebbe essere facilitato dall’abrogazione dei visti necessari ai cittadini residenti all’estero turchi per entrare nello spazio Schengen.
Da ricordare:
Tre gruppi differenti hanno manipolato la crisi dei profughi del secondo semestre 2015:
- i sostenitori della distruzione delle culture nazionali, intorno all’ex presidente dell’OMC Peter Sutherland che pensava così di favorire il libero scambio globale;
- l’industria pesante tedesca, intorno al suo presidente Ulrich Grillo, che sperava così di disporre di 800.000 nuovi lavoratori a basso salario;
- la Francia e la Germania, rappresentati da François Hollande e Angela Merkel, che hanno visto un modo per legittimare il finanziamento indiretto della loro guerra contro la Siria.
Questi tre gruppi hanno in comune il fatto di sostenere la NATO, di frequentarsi, particolarmente durante gli incontri del Gruppo Bilderberg, e di condividere lo stesso cinismo nei confronti delle popolazioni. Ma i loro interessi restano divergenti, così che in definitiva gli Stati hanno prevalso sui sostenitori del libero scambio globale.
Come spesso accade in questo tipo di crisi, le popolazioni volontariamente messe in movimento non hanno superato alcune centinaia di migliaia persone. Si sono aggiunte ad altri flussi, più vecchi e costanti. È la falsa interpretazione mediatica che ha dato l’impressione di un trasferimento imminente di milioni di persone.
Thierry Meyssan
Traduzione di Pier Francesco De Iulio – Fonte: Megachip
NOTE
[1] “It is a recognition that the Syrian crisis is genuinely unique, creating a humanitarian crisis on a scale not seen in Europe since the Second World War.”
[2] “Strategic Engineered Migration as a Weapon of War”, Kelly M. Greenhill, Civil War Journal, Volume 10, Issue 1, July 2008.
[3] Nel 1999, la CIA organizzò lo spostamento, in tre giorni, di più di 70 000 kosovari di Serbia verso la Macedonia, davanti alle cineprese delle agenzie di stampa occidentale. Si trattava di fare credere a una repressione etnica voluta dal governo di Slobodan Milošević, in modo da giustificare la guerra a venire.
[4] «Déclaration du Conseil européen sur la vague de migration», Réseau Voltaire, 23 septembre 2015.
[5] Si veda la sua biografia in “Quelli che tirano i fili della crisi migratoria”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 2 maggio 2016 [l'abbiamo riproposto più sotto in questa pagina, ndr NEXUS].
[6] «Ein Plan B für Merkel», Gerald Knaus, Süddeutsche Zeitung, 21. Januar 2016.
[7] Si veda la sua biografia in “Quelli che tirano i fili della crisi migratoria”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 2 maggio 2016 [l'abbiamo riproposto più sotto in questa pagina, ndr NEXUS].
[8] «Nederland wil vluchtelingen ’per kerende veerboot’ terugsturen naar Turkije. Samsom en Rutte willen met kopgroep EU doorbraak in asielcrisis forceren», Marc Peeperkorn, De Volkskrant, 28 januari 2016.
[9] “Rights groups criticise Europe refugee resettlement plan”, Patrick Kingsley, The Guardian, January 28th, 2016.
[10] “Next operational steps in EU-Turkey cooperation in the field of migration”, Voltaire Network, 16th March 2016.
[11] Si veda la sua biografia in “Quelli che tirano i fili della crisi migratoria”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 2 maggio 2016 [l'abbiamo riproposto più sotto in questa pagina, ndr NEXUS].
QUELLI CHE TIRANO I FILI DELLA CRISI MIGRATORIA
Le biografie dei tre principali organizzatori della crisi migratoria e della risposta che le rivolge l’Unione europea attestano i loro legami con l’amministrazione statunitense e la loro anteriore volontà di abolire i confini. Per loro, la migrazione corrente non è un problema umanitario, bensì l’occasione per mettere in pratica le loro teorie.
Rete Voltaire | Damasco (Siria) | 2 maggio 2016
Peter Sutherland, rappresentante speciale del Segretario generale dell’ONU sulle migrazioni internazionali
Irlandese, ex commissario europeo per la concorrenza, poi direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (1993-1995); ex direttore di BP (1997-2009), presidente di Goldman Sachs International (1995-2015); ex amministratore del Gruppo Bilderberg, presidente della sezione europea della Commissione Trilaterale, e Vice Presidente della Tavola rotonda europea degli industriali.
Se Sutherland non perde occasione per sottolineare il dovere morale di aiutare i profughi (cattolico tradizionale, è stato consigliere della IESE Business School dell’Opus Dei e, dal 2006, consulente dell’Amministrazione del Patrimonio Santa Sede) è soprattutto un turiferario che incensa le migrazioni internazionali.
Durante un’audizione del 21 giugno 2012 da parte della Commissione degli Affari Interni della Camera dei Lord, ha dichiarato che tutti dovrebbero avere la possibilità di studiare e lavorare nel paese di loro scelta, cosa incompatibile con tutte le politiche di limitazione delle migrazioni; e che le migrazioni creano una dinamica cruciale per lo sviluppo economico, checché ne dicano i cittadini dei paesi d’accoglienza. Pertanto, ha concluso, l’Unione europea deve minare l’omogeneità delle sue nazioni [1].
Gerald Knaus, direttore fondatore della European Security Initiative (ESI)
Sociologo austriaco. Ha lavorato dal 1993 al 2004 in Bulgaria, Bosnia-Erzegovina e in Kosovo – alla fine del mandato di Bernard Kouchner – prima per delle ONG, e poi per l’Unione Europea. Ha svolto attività di ricerca dal 2005 al 2011 presso il Carr Center for Human Rights Policy all’Università di Harvard, dopo di che ha pubblicato Can Intervention Work? Ha fondato l’ESI nel 1999, in Bosnia-Erzegovina. L’Istituto ha ricevuto la sua prima borsa di studio dall’US Institute of Peace, l’istituzione sorella del NED, dipendente dal Pentagono. Poi Knaus è partito per Washington, dove è stato ricevuto esattamente dal National Endowment for Democracy (NED) e poi dalla Carnegie Foundation, nonché dall’American Enterprise Institute. Inoltre, è stato ricevuto da James O’Brien e James Dobbins presso il Dipartimento di Stato e da Leon Fuerth alla Casa Bianca. Ben presto, l’ESI è stato finanziato dal German Marshall Fund, dalla Mott Foundation, dall’Open Society Institute (George Soros), dalla Rockefeller Brothers Foundation, e dai governi olandese, irlandese, lussemburghese, norvegese, svedese e svizzero.
Nel 2004, ha pubblicato un rapporto volto ad assicurare che l’imputazione secondo cui 200.000 serbi sono stati espulsi dal Kosovo è una menzogna della propaganda russa. Nel 2005, ha lanciato la teoria secondo cui il partito turco AKP è una formazione “calvinista islamica” che cerca di creare una forma di “democrazia musulmana”.
Nella sua opera, Can Intervention Work? – che ha pubblicato con Rory Stewart, l’ex precettore dei principi William e Harry del Regno Unito, che aveva conosciuto in Kosovo e successivamente è diventato uno degli assistenti di Paul Bremer durante l’occupazione dell’Iraq, poi direttore del Carr Center for Human Rights Policy – saluta positivamente le guerre statunitensi e sviluppa una nuova concezione di colonizzazione. Secondo lui, l’«interventismo umanitario» è legittimo, ma può avere successo solo se si tiene conto delle realtà locali. Scrive così l’elogio di Richard Hoolbroke, che aveva conosciuto in Kosovo. Il suo libro sarà promosso da Samantha Power, che, come lui, è un’ex collaboratrice di Hoolbroke, e aveva creato e diretto il Carr Center for Human Rights Policy, dove è stato ricercatore.
Diederik Samsom, deputato olandese, presidente del partito del Lavoro
Fisico nucleare, ex manager della campagna sul clima e l’energia di Greenpeace. Eletto deputato (con la proporzionale) dal 2003, è diventato presidente del suo gruppo parlamentare e poi presidente del suo partito. Tuttavia, non riesce a ottenere la presidenza del Parlamento né la carica di primo ministro. Si è rifiutato di entrare nel governo di coalizione che sostiene ed è restato presidente del suo gruppo all’Assemblea.
Avrebbe un QI di 136 e ha vinto due volte un concorso televisivo di test di intelligenza. Si dichiara ateo militante, è rigorosamente non-fumatore e vegetariano. Fu invitato assieme al primo ministro Mark Rutte, nel giugno 2014, al Gruppo Bilderberg dove entrambi poterono discutere con Peter Sutherland, ma non con Rory Stewart, che era stato invitato alla riunione del 2012.
Secondo gli osservatori politici olandesi, è la principale vittima del referendum per il sostegno all’accordo europeo con l’Ucraina. Si era personalmente impegnato su questo tema e contro la Russia. La sua sconfitta si traduce, secondo i sondaggi, in un arretramento da metà a tre quarti dell’influenza del suo partito.
Thierry Meyssan – Traduzione di Matzu Yagi – Fonte: Megachip
NOTE
[1] “EU should ’undermine national homogeneity’ says UN migration chief”, Brian Wheeler, BBC, June 21st, 2012.