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CONTRO-INCHIESTA (e ricostruzione) DEL SEQUESTRO DI SIMONA PARI E SIMONA TORRETTA di Roberto Saviano

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ha ricostruito lo scenario del
rapimento Pari-Torretta
attraverso

informative e documentazioni
ufficiali raccolte da Rita Pennarola è stato il

mensile La Voce della Campania
che ormai da anni combatte assieme al suo

direttore Andrea Cinquegrani
una solitaria battaglia contro il potere della

camorra e l¹idiozia del
giornalismo italiano, sopravvivendo con dignità

nonostante le querele
milionarie e le minacce continue. Nessuno ha avuto

decenza di dedicare del tempo
allo studio, alla ricerca degli elementi sino

ad ora raccolti dai servizi
segreti e dai magistrati. Nessuno. Presi dal

vortice cadenzato come un
metronomo delle Ansa, dalle notizie
battute dagli

uffici stampa militari, nessuno
ha voluto ricercare con calma e taglio

scientifico cosa poteva esserci
dietro il rapimento in Iraq delle due

volontarie italiane di "Un
Ponte per S"


Nessuno ha voluto indagare o
forse nessuno ha preferito farlo visto che ciò

che in ultima somma ne vien
fuori è una situazione di incredibile connivenza

di poteri che fanno del
sequestro di Simona
Pari e Simona Torretta
un nodo

gordiano insolvibile. Il
sequestro delle due
Simona
che ieri un messaggio

lanciato nel web vuole
addirittura assassinate, è strettamente legato al

sequestro dei quattro
"impiegati" italiani sequestrati in Iraq: Fabrizio

Quattrocchi, Salvatore Stefio,
Maurizio Agliana e Umberto Cupertino.


Questo sequestro invero rientra
in una logica di conflitto le cui parti in

causa nessuna inchiesta ha
voluto svelare ed i cui motivi sono talmente

chiari da avere il ben fondato
dubbio che ci sia una generale e pervicace

volontà di non lasciarli
emergere compiendo una vera e propria scelta di

censura.

Cercherò di almanaccare
i diversi elementi e congetturare con gli strumenti

della ragione e della
ricostruzione il reale motivo del sequestro. Iniziamo.

Le informative dei Servizi
Segreti italiani
dichiarano che la scelta di

sequestrare le due volontarie
italiane non è stata casuale, si dichiara che

i testimoni sfuggiti al
sequestro parlano di un commando che voleva proprio

le due giovani donne e che non
avendo le loro foto le cercava con agitazione

e soprattutto come principali
obiettivi dell¹operazione.


Per comprendere il motivo della
scelta di due italiane legate all’

organizzazione "Un Ponte perS"
come obiettivo di un’azione di rapimento

bisogna procedere a ritroso ed
arrivare sino al 2003 quando la giovane

Valeria Castellani arriva in
Iraq.


Questa intraprendente ragazza
arriva a Bassora collaborando con i volontari

dell¹associazione "Un
Ponte perS" e lavora ad un progetto particolarmente

interessante ovvero permettere
al dattero iraqeno, in assoluto il migliore

al mondo, di potersi nuovamente
imporre sul mercato. La qualità del dattero

di Bassora, il celebre Al
Bakhri, è stato fortemente danneggiato dall’

embargo poiché
l’impossibilità di esportarlo ha costretto alla rovina la

parte maggiore delle fattorie
irakene che coltivavano i datteri. A valutare

tale progetto sembrerebbe che
la Castellani è una giovane piena di idee ed

energia, proprio come i
giornali cattolici (come Famiglia Cristiana)
la

considerano e descrivono.

Nell¹aprile 2004
però dopo l’uccisione di Quattrocchi notiamo che il nome di

Valeria Castellani viene
iscritto nel registro degli indagati dai pm della

Procura di Genova, Francesca
Nanni e Nicola Piacente all’interno delle

indagini sul sequestro e la
morte di Quattrocchi. Come mai una impegnata

volontaria viene inscritta nel
registro degli indagati? Cosa mai potrà

centrare una donna votata al
progetto del rilancio dell¹agricoltura iraqena

senza alcun scopo di profitto
personale, con la melmosa vicenda di

Quattrocchi?

A ben scavare nei dati e nelle
carte giudiziarie viene fuori che Valeria

Castellani risulta essere una
rampante manager di Dts Itc. Security, l’

azienda con sede nel Nevada
(USA) che recluta gli addetti alla sicurezza

privata in Iraq. Castellani
ufficialmente risulta essere l¹amministratrice

dell¹azienda Dts. Per
comprendere come una giovane vicentina figlia della

piccola borghesia possa
arrivare ad essere amministratore di un¹azienda

americana capace di fatturare
cifre altissime perché fornisce contratti per

la protezione dei membri del
Congresso americano in visita in Iraq, bisogna

andare ad indagare sul suo
compagno, Paolo Simeoni. Anche quest¹ultimo,

genovese di 32 anni, è
entrato in Iraq attraverso le associazioni non

governative.

In quanto esperto di operazioni
di sminamento e bonifica del territorio

Simeoni ha collaborato con "Un
Ponte perS" e soprattutto con Intersos

organizzazione umanitaria nata
con il finanziamento delle Confederazioni

Sindacali. Paolo Simeoni
è un ex incursore del Battaglione San Marco, poi

nella Legione Straniera a
Gibuti e in Somalia, successivamente andato in

missioni in Africa, Kosovo
Afghanistan ed alla fine in Iraq. Diviene nel

2002 un volontario umanitario
delle ong, approfittando delle sue qualità di

sminatore riesce ad essere ben
voluto ed anzi richiesto da molte ong. Ma ben

altro ha in mente che
bonificare terreni minati. Conosce perfettamente le

logiche dei paesi in guerra e
sa bene che non esiste cosa più redittizia che

fornire servizi militari alle
truppe in difficoltà.


La sicurezza privata è
un business che tende progressivamente ad aumentare

con l’impossibilità
delle truppe militari regolari di monitorare le

strutture che vengono ad
edificarsi. Costruzione di aziende, il viaggio dei

tir, spostamento di civili e
politici, cantieri. La necessità di guardie

private si è palesata
dalle prime ore della guerra irakena. Ed un occhio

esperto lo comprende
nell’immediato.


Paolo Simeoni infatti fonda in
un primo momento la Naf Security amministrata

dalla Castellani con sede in
Iraq, ma per la particolare situazione di paese

invaso la Naf non riesce a
vicere neanche un appalto. Le gare sono vinte

solo da aziende degli USA. La
coppia Simeoni-Castellani non demorde, muta in

brevissimo tempo tutto e
riescono a fondare in america la Dts Security.

L’azienda è la medesima,
identico amministratore, stessi impiegati, cambia

solo il nome e la sede che
infatti sarà in Nevada negli USA. Ciò gli basta

per vincere le gare d’appalto.
Vengono così chiamati dall¹Italia gli amici

di Simeoni, tra cui Fabrizio
Quattrocchi. Sfortuna però volle che gli USA

decisero di non inviare
più politici in Iraq, troppo pericoloso e così il

motivo primo della Dts Security
sembrò svanire.


La versatilità
imprenditoriale però non ha limite e così tutti gli
impiegati

piuttosto che tornare indietro
iniziarono ad essere "piazzati" dall’azienda

a difesa del personale delle
multinazionali americane ed in altre operazioni

di tutela di cittadini e di
aziende americane. Così la Dts Security in breve

tempo diviene una sorta di
azienda capace di fornire difese a tutti coloro,

imprese ed uomini stranieri,
che essendo esposti ne avevano bisogno. Diviene

in molti territori dell’Iraq un
esercito parallelo a tutela del flusso di

capitali che giunge in iraq
sottoforma di macchinari, politici, o trivelle.

La nostra coppia
Castellani-Simeoni quindi si è recata in Iraq attraverso le

ong ma giunta una volta sul
luogo dopo pochissimo tempo ha portato avanti il

suo progetto di edificare un
azienda di scorta e servizio armato.


Insomma Paolo Simeone e Valeria
Castellani hanno utilizzato le associazioni

non governative per inserirsi
su un territorio con la massima agilità e

copertura, poi lentamente hanno
mutato la loro prassi hanno abbandonato il

loro lavoro di volontariato
iniziando ad impegnarsi sul piano

imprenditoriale. Del resto
quale migliore copertura che quella del

volontariato quando si è
in luoghi di guerra? Ogni sospetto sulla

possibilità di fornire
mercenari svanisce dinanzi al passepartout dell¹

impegno civile e sociale.

Valeria Castellani a Vicenza
era nota per una sua spiccata simpatia per la

estrema destra antisemita ma
dopo la sua partecipazione alla missione di

Intersos in Afghanistan e dopo
aver collaborato con "Un Ponte perS" in Iraq,

beh ha indossato una robusta
panoplia di purezza. A questo punto si

comprende facilmente che le due Simona sono
state rapite per una logica

interna ai servizi di sicurezza
privati.


Del resto i primi a dare
notizia di come era avvenuto il rapimento sono

stati proprio Simeone e
Castellani. Insomma erroneamente con grande

probabilità viene
attaccata "Un Ponte perS" e vengono sequestrate Simona


Pari e Simona Torretta
al fine di attaccare l’agenzia di protezione che ha

avuto persone in qualche modo
provenienti dall¹associazione.


Ora bisogna comprendere se le
organizzazioni non governative, se le

associazioni di volontariato
che utilizzano i contatti con queste persone

sapevano chi erano questi
personaggi oppure hanno subito un operazione d’

infiltrazione. E’ facile del
resto poter entrare in un’operazione di

volontariato. Volontà e
serietà oltre che competenza sono gli elementi di

scelta nessun¹altra
selezione è presente. Oltre che sommarie indagini sui

propri volontari le ong non
hanno spesso la forza di conoscere a fondo i

personaggi che decidono di
partire per i propri progetti spesso, tra

l’altro, deficitari di
individui. O seguendo invece una tesi opposta si

potrebbe ipotizzare che le ong
preferiscono avere dei rapporti come dire,

strategici con questi
personaggi capaci di avere le mani dappertutto e

contatti in ognidove.
L¹unico ambito su cui bisogna (e spero di non dover

dire bisognava) è
proprio quello delle agenzie che garantisco servizio

privato e "soldati a pagamento".

Hanno mentito politici, media,
giornalisti distratti o zittiti da direttori

scrupolosi maestrini delle
verità d’ufficio. Invece di inventare mediazioni,

mediatori, e colpi di scena
televisivi bisogna riflettere sul ruolo

fondamentale di queste aziende
di protezione che nella strategia dello

scacchiere irakeno vengono
considerate dalla guerriglia vere e proprie spine

nel fianco perchè
tappano i buchi aperti delle truppe d’invasione.


I gruppi guerriglieri, i nuclei
terroristi hanno ovviamente tutto l’

interesse di a porre in crisi
le organizzazioni private che garantiscono

protezione a personaggi ed
aziende che l¹esercito USA non riuscirebbe a

proteggere in misura adeguata.
Le due ragazze volontarie ora sono nelle mani

di individui che per motivi
radicalmente diversi dal loro ruolo in Iraq le

usano come strumento di
pressione vero il governo italiano che finge

ovviamente di non sapere in
qual senso il rapimento è stato messo in

pratica.

L¹associazione "Un Ponte
per…" che da anni cerca di organizzare in Iraq

progetti che hanno
l¹esclusivo imperativo di concedere dignità e
possibilità

di vita ad una civiltà
devastata da decenni di embargo prima ed ora da un’

assurda guerra. "Un Ponte perS"
ha iniziato a lavorare in Iraq molto prima

che sulle sue città
devastate si accendessero i riflettori delle tv di mezzo

mondo.

Un lavoro certosino, continuo,
diuturno. Era prioritario che il Ministro

degli Esteri cercasse di
smentire il frainteso dei gruppi terroristi ovvero

di idenfiticare le due ragazze
in relazione all¹azienda di servizi di

sicurezza. Era fondamentale che
si facesse riferimento alla totale

estranietà di queste
ragazze al mondo "italiano" delle scorte e dei

mercenari. Ma in questa vicenda
sembra che più che a cuore del ritorno delle

due donne ci sia la
volontà non di far emergere la cancrena dei rapporti

economici di imprenditori
italiani che riescono ad entrare nel succulento

mercato iracheno attraverso la
mediazione militare dei servizi di scorta che

ovviamente sapranno far pendere
la bilancia dalla parte degli industriali

italiani quando ve ne
sarà bisogno.


Godere di un esercito
parallelo, non controllato dai media, che non conosce

divise e morti dichiarate
è forse in questa guerra l’elemento più

delicatamente fondamentale
ancor più perchè invisibile all’occhio ed

all’orecchio dell’Occidente.

Queste due donne pagano sulla
propria pelle le scelte imprenditoriali di

alcuni italiani che ben hanno
saputo dove affondare i canini della finanza

ed ora spolpano l’osso
dell’Iraq facendo finire tra le ferine ganasce due

donne innocenti che in Iraq non
erano per guadagnare stipendi lussuosi come

militari ed imprenditori ma per
portare avanti reali progetti di crescita

sociale. Indagare e riflettere
sulle aziende italiane che in Irak speculano

ed investono, capire che la
gestione dei mercenari, in breve, è nelle mani

di organizzazioni private
italiane, questo è l’ambito unico su cui bisogna

ragionare.

Mentre Rai e Mediaset
continuano a mandare in onda i volti dolci e

sorridenti delle due giovani
ragazze non viene pronunciata su questa vicenda

che una bugia perenne.

[email protected]
Fonte:www.reporterassociati.org

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