Sabato notte, 9 aprile: in Francia, “Nuit Debout” in oltre 60 città, immense folle, disordini a Parigi. Nuit Debout (notte in piedi) è un movimento dal basso contro le nuove leggi del lavoro, una specie di Jobs Act alla Hollande. Vi partecipano centri sociali, militanti di estrema sinistra ma uno dei loro massimi ispiratori è Frédéric Lordon, economista anti-euro, anti-austerità e sovranista.
“Andiamo a prendere l’aperitivo da Valls!”, hanno gridato centinai di manifestanti, cercando di giungere all’abitazione del primo ministro (che è in Algeria in visita ufficiale): assaltate sei banche, un’agenzia, il commissariato dell’Arrondissement, incendiata una vettura di un’agenzia di auto-sharing; pompieri in azione, polizia coi lacrimogeni, sei fermi. Placee la République è occupata da dieci giorni. Il fatto che il movimento sia sostenuto anche da Le Monde ha creato il sospetto che sia un colpo sotto la cintura di Hollande contro Valls: nel partito si indicono le primarie e i colpi bassi abbondano.
Impressionante il silenzio dell’Eliseo, e la sottovalutazione dei media.
Sabato notte, Calais: notte di terrore per gli abitanti: bande di “profughi” organizzate attaccano le auto, spaccano i vetri con pietre e randelli, pestano e rapinano i passeggeri; altri gruppi formano barricate di pneumatici a cui dano fuoco.
“Un mio amico non ha più macchina, più denaro, solo un trauma cranico e la mascella slogata”,
scrive una persona su Facebook. Altre grosse bande organizzate si sono dirette verso il porto e hanno attaccato gli autocarri in fila per salire sui traghetti per la Gran Bretagna, devastandoli, e devastando le auto in fila dietro i camion.
Il punto è che i media francesi non hanno riportato nulla di questa notte di terrore e saccheggio. Non una riga, non un secondo nei tg. Silenzio totale. Le sole notizie sono apparse su Facebook, resoconti e video di cittadini ribollenti di rabbia.
Paesi Bassi: il referendum che ha detto “No” all’associazione dell’Ucraina nella UE ha avuto una maggioranza inequivocabile, 61 %. È un no all’oligarchia europea. Questa ha risposto, all’unisono, col più aperto disprezzo per la volontà popolare. “La Commissione resta fortemente impegnata a questo sviluppo delle relazioni con l’Ucraina”. Merkel: “il cammino resta non-interrotto”. Hollande: “Per quanto riguarda Francia e Germania, noi continueremo a sostenere l’Ucraina e ad applicare l’accordo di associazione nei rispettivi paesi. Per quanto riguarda l’Europa, essa applicherà tutto ciò che può dell’accordo d’associazione”. Donald Tusk, il presidente della UE: “Vedrò quale conclusione il governo olandese trarrà dal referendum” (sottinteso: farà bene a fregarsene). Persino Poroshenko s’è consentito di far dichiarazioni di disprezzo della volontà del popolo olandese: “Un attacco all’unità dell’Europa!”.
Anche qui, i media si sono distinti: per Riotta, il referendum olandese è “populismo”, detto col tono con cui pronuncia: “negazionismo, antisemitismo, omofobismo”. Le Figaro s’è lanciato a dire che dei referendum bisogna infischiarsene quando, come quello “non esprimono la volontà popolare”, ma “sono il pretesto dei populisti per esprimere malcontento verso l’Europa”.
A Idomeni, la polizia macedone si scontra contro 500 siriani e iracheni che cercano di abbattere il reticolato – organizzati da misteriosi volantini che li assicuravano che il confine stava per essere aperto. Volantini che si possono farri salire ad alcune delle ONG di “volontari” che gestiscono il campo-profughi di Idomeni.
Immediatamente dopo questi incidenti:
- L’Austria riattiva i controlli di frontiera al Brennero, perché (secondo Repubblica) essendo imminenti le elezioni il governo vuol accontentare gli estremisti xenofobi del FPO (Partito della Libertà), “i nipotini di Haider”;
- La Finlandia chiude le frontiere, per una volta in perfetto accordo con la Russia, che fa’ altrettanto;
- Cittadini bulgari catturano e legano gruppi di clandestini che penetrano dalla frontiera con la Turchia, lunga quasi 300 chilometri. Il 60 per cento dei bulgari ritiene gli immigrati di massa “una minaccia alla sicurezza nazionale”.
Il Parlamento francese autorizza l’insediamento di basi NATO sul territorio nazionale. Da mesi si stanno raccogliendo firme per “un appello trans partitico per la denuncia dell’Alleanza Atlantica e ritiro delle armate francesi dal comando integrato”: i siti che stanno raccogliendo le firme “sono di un attacco permanente e invasivo di spam”. Hollande è al punto più basso nei sondaggi.
Vien da chiedersi: l’oligarchia europea non teme il rigetto che sembra nascere nell’opinione pubblica? Ma forse si è già provveduto a convogliare la protesta verso esiti innocui.
Rivoluzione a noleggio
Abbiamo citato il neonato movimento Nuit Debout. Come ha rapidamente scoperto Thierry Meyssan, nel movimento si riconosce la mano (è il caso di dirlo) di Gene Sharp, lo stratega dell’”utilizzo della non violenza nei conflitti di tutto il mondo”, della cui alta professionalità il Dipartimento di Stato si è servito per innescare “rivoluzioni colorate” ad Est (a cominciare dalle manifestazioni studentesche contro Milosevic a Belgrado per finire con la Georgia 2003 e l’Ucraina 2004), “primavere arabe”, manifestazioni pacifiste come preludi ai cambi di regime, sempre nel superiore interesse della ‘democrazia’ ossia degli Usa. Su mandato, Gene Sharp mobilita la sua equipe di agitatori di piazza (una ONG chiamata Albert Einstein Institution, oggi ribattezzatasi Centre for Applied Nonviolent Action and Strategies – Canvas) dovunque nel mondo. Ha avuto una parte in piazza Tahrir come nelle manifestazioni anti-Erdogan a Istanbul per salvare il parco di Gezi.
http://www.voltairenet.org/article191181.html#nb5
Con quale mira è all’opera in Francia? Qui si appoggia – o si identifica – con una organizzazione para-sindacale “Convergence des Luttes” che mira appunto a far convergere (o controllare) le ”Lotte” più disparate perché – come suona il proclama emesso –
“sono l’illustrazione delle stesse collere, delle stesse speranze e della stessa convinzione: la necessità di una società nuova, dove democrazia, dignità e libertà non sono dichiarazioni vuote”.
Nuit Debout è sceso in piazza contro la riforma del lavoro “per i salariati e i precari”, ma anche per i LGBT, contro il TAFTA e contro la costruzione di un aeroporto in Alsazia a Fessenheim, veganismo e femminismo… Lo slogan “Non si torna a casa”, dice Meyssan,
“non comprende alcuna rivendicazione positiva, non propone niente: tipico di Sharp”.
Ancor più tipico il logo del nuovo movimento spontaneo: il pugno chiuso alzato, che fa tanto Che Guevara, immediatamente attraente per qualunque fesso “di sinistra”. Questo logo s’è già visto, con minime variazioni, in Serbia nel 2000, in Georgia nel 2003, in Russia nel 2005, in Venezuela nel 2007, e in piazza Tahrir al Cairo, ottimo a confondere anche i Regeni di passaggio in crisi d’astinenza di una causa “progressista” e libertaria. A quale progressista, dice Meyssan: la radio del movimento è “discretamente sostenuta dalla Unione Europea”. Del resto,
“Gene Sharp interviene con ricette miranti sia a cambiare regimi, sia al contrario a sterilizzare l’opposizione, come è il caso qui”.
L’unico dubbio è se a pagare il noleggio della Compagnia Sharp sia stata Bruxelles, o proprio Hollande, molto interessato a incanalare la protesta di piazza – storicamente pericolosa a Parigi – verso sbocchi sterilizzati.
Sembra che il movimento spontaneo “Nuit Debout” stia per apparire anche in Spagna e in Germania. E in Italia no? Forse non occorre: da noi la sinistra extraparlamentare si prodiga per incanalare la protesta verso esisti favorevoli alla Superpotenza. Pensate alle enormi masse di lettori de Il Manifesto che, pretendendo “la verità su Regeni”, hanno costretto il governo a contribuire alla distruzione di Al Sisi e all’andata al potere dei Muslim Brothers, come vuole Obama.
E pensate al Movimento 5 Stelle. Una volta, fu lo stesso Grillo ad ammettere: “Se non ci fossimo noi, arriverebbero i populisti”, il caos. Forse è questo l’argomento con cui lui e il fu Casaleggio si proposero all’ambasciatore Ronald Spogli, in quel famoso colloquio del 2008. Sappiamo che subito dopo l’ambasciatore telegrafò al Dipartimento di Stato (allora c’era Condoleezza Rice): “Interlocutore politico credibile”. Incanalatore ideale di rivolte.
Articolo tratto dal sito Blondet & Friends