Certamente oggi ci diranno che le elezioni del Donbass sono una farsa, che non esistono i requisiti minimi per un corretto esercizio della volontà popolare, che il risultato era già stabilito in partenza, che non c’è stata una vera campagna elettorale. Ci diranno che queste elezioni sono state un attentato al memorandum ed al protocollo di Minsk e nel caso Kiev decida ora di riprendere le operazioni su vasta scala, ci diranno che è stata colpa dei “separatisti” che si sono permessi di tenere una consultazione elettorale. Ci diranno che una elezione è un vero attentato alla pace, di fronte al quale bazzecole come il bombardamento del monastero di Sviato Iverskj con cimitero annesso da parte dei paladini del mondo libero passano ovviamente in secondo piano. Faranno il possibile e l’impossibile per convincerci che il bianco è nero, e per cancellare le immagini che ci sono arrivate ieri mattina, all’ apertura dei seggi:
E ieri pomeriggio, durante la consultazione:
E ieri notte, ancora dopo l’orario di chiusura dei seggi:
Per cancellare questa imponente manifestazione di volontà popolare, ottimamente espressa da una donna che, all’ uscita dal seggio, riferiva all’ intervistatore, commossa ma composta:
“Abbiamo tenuto duro. Il Donbass non è arreso. Il nostro futuro sarà duro ma luminoso”
useranno ogni mezzo disponibile. Useranno il silenzio. E quando il silenzio non sarà possibile, useranno la calunnia. E se non basterà, useranno la violenza.
Devono farlo. Perché i cittadini del Donbass stanno dando una testimonianza di qualcosa di insopportabile. Stanno dicendo che non c’è solo un pensiero. Non c’è solo un paese. Non c’è solo un modo di vivere la nostra esistenza di uomini. Non siamo tutti Americani. Nonostante Hollywood. Nonostante le serie TV. Nonostante la road 69, l’allunaggio dell’ Apollo, la musica commerciale, Maibu, il blues, gli hamburger e tutta la cangiante varietà di miti veri e falsi che consentono al circuito mediatico di spacciare l’american way of life come l’unica vita possibile e desiderabile.
I cittadini del Dobass urlano al mondo l’eresia: ci sono persone, sotto la luce di questo sole, che non solo non sono disposte a rischiare la vita attraversando mari e deserti per elemosinare le briciole del nostro banchetto, che non solo resistono al richiamo delle sirene che ci seducono con uno spettacolo di diritti civili per tutti e ci trasformano in schiavi sottraendoci ogni diritto economico, non solo non accettano di organizzare grottesche pagliacciate colorate con l’unico risultato di precipitare il proprio paese in una guerra civile utile solo a Washington. Non solo queste persone sono indifferenti a tutto questo. Ma sono disposte a sacrificarsi per qualcos’altro. Sono pronte a votare per qualcos’altro, affrontando rischi e disagi in una fredda domenica di novembre nonostante una esistenza già sconvolta da una guerra di sterminio. Sono addirittura pronte a morire arruolandosi volontariamente e combattendo per qualcos’altro, mentre ormai la difesa dell’Impero è delegata a professionisti ben retribuiti. A vivere e a morire per un sistema di valori che è altro. Per una vita che è altra. Perché non esiste una sola vita possibile.
Ecco lo scandalo che bisogna silenziare. Ecco la verità che non si deve conoscere: esiste qualcos’altro. Si può essere altro, volere altro. Forse anche noi europei, forse anche noi italiani, potremmo essere qualcos’altro. Potremmo farci delle domande. Potremmo chiederci se per caso le decisioni politiche di questa classe dirigente così amica degli Stati Uniti non siano in conflitto con i nostri interessi e con la nostra identità. Potremmo chiederci se non sia possibile anche per noi, come per la Russia dello scorso decennio, scuotere le catene e liberarci. Per questo la gente del Donbass deve essere descritta come pazza, fanatica, terrorista: perché sono eretici, eretici del pensiero unico. Perché la loro piccola, nascente nazione, bombardata ogni giorno, schiacciata ogni giorno, rappresenta una minaccia morale per l’ideologia su cui si fonda uno dei più grandi, potenti e pervasivi imperi della storia umana.
Fonte: Volti del Donbass
Nell'immagine in apertura: le nazioni sorelle di Russia e Novorossija si tengono per mano e guardano insieme al futuro. Volgono i loro volti a Ponente, dove qualcuno, forse, ricambierà lo sguardo. Immagine tratta dal profilo VK di Faina Matveeva.