I due approcci infatti, quello politico-materialista e quello confessionale-teista, sono entrambi incompleti e pertanto inadeguati ad afferrare il reale significato dell’evento. Che avrebbe richiesto anzitutto due cose: silenzio esteriore e ricerca interiore. Entrambe in larga parte disattese.
Silenzio esteriore: quella di Eluana è stata una vicenda in primo luogo privata, che nella sua tragicità ha coinvolto degli esseri umani, in particolare i genitori, che avrebbero avuto il diritto di non essere esposti alla gogna mediatica solo per il fatto di voler dar seguito alle richieste della propria figlia nel rispetto delle leggi del proprio Paese. Come si può solo immaginare – non dico urlare, come pur è stato fatto – che un padre possa voler ‘ammazzare’ la propria figlia? Dopo averla amorosamente accudita per anni? Come si può essere così incapaci di mettersi nei panni dell’altro, del proprio fratello, colpito da una tragedia di questa entità, da non rispettarne il dolore e le difficili, drammatiche scelte, qualunque esse siano? Quale umanità è quella di chi predica l’amore per la vita e non è in grado di rispettare neppure il più grande dolore che la vita stessa può riservare ad un essere umano: la morte di un figlio?
Ricerca interiore: la vicenda di Eluana avrebbe dovuto condurre ad una meditazione profonda sul rapporto vita/morte, proprio grazie alla sua condizione border line. La visione materialista, che definisce vita umana solo quella dopo la nascita, e rifiuta che la nascita sia solo un momento di passaggio per l’Essere Spirituale, si è arrogata il diritto di difendere ad oltranza uno stato vitale in cui l’Essere in questione appare a molti non più incarnato sul piano fisico.
La visione confessionale-teista, per converso, propugnata con estrema veemenza da buona parte delle cerchie cattoliche, non ha saputo fare una riflessione neppure sulla istanza di un proprio Papa, Giovanni Paolo II, che chiese espressamente di non essere tenuto in vita artificialmente allorché le sue condizioni si fecero disperate.
Dopo aver scientemente eliminato, con il Concilio di Costantinopoli, la presenza dello Spirito nell’uomo, riducendolo al dualismo corpo-anima, la Chiesa oggi pretende di delimitare i confini della vita senza riconoscere quell’entità squisitamente spirituale che ne rappresenta il senso più autentico e che sola può permettere di comprenderne la differenza tra vita vegetativa e vita permeata dall’Io. In realtà ogni diatriba sul confine vita/morte e sulla definizione di vita è sterile dialettica se non si comprende il senso spirituale dell’esistenza, il destino, l’essenza spirituale dell’uomo.
La vicenda di Eluana ha rappresentato, a mio avviso, una occasione preziosa per consentire pensieri più autenticamente veri sul significato della sua missione sulla Terra nonché sulla dicotomia vita/morte.
Ma è stata un’occasione sprecata.
Invece di portare ad una dignitosa e composta riflessione sul significato reale dell’esistenza, questa vicenda ha costituito solo un pretesto per fini biecamente politici, per tentazioni autoritarie, per manifestazioni di avversione e di gretto manicheismo. Piuttosto che suggerire rispetto per le opinioni degli altri, ha costituito il pretesto per manifestazioni di ‘volontà di potenza’ da parte di improbabili “schieramenti” politici e pseudo-religiosi, che di volta in volta si riconoscono tali solo in funzione dell’ “avversario” da combattere.
La logica del contro anziché del per, della alienazione della responsabilità – io sono nel vero, siete voi a sbagliare…
Eluana ha vissuto per diciassette anni a cavallo tra il mondo terrestre ed il mondo spirituale, quale novello Kaspar Hauser, condannato a non poter realizzare la sua missione sul piano fisico ed al tempo stesso impedito a ritornare – con il distacco dal corpo fisico – nel mondo spirituale.
Un essere, Eluana, che appare come un messaggero tra due mondi, il cui destino è altamente emblematico in un’epoca in cui si vogliono ancora – nonostante i secoli trascorsi dalla vicenda di Galileo – imporre ai popoli verità scientifiche e fedi religiose con la virulenza e l’autorità dell’‘ipse dixit’.
Così ancora una volta si è riusciti a non far pensare liberamente le persone, imponendo loro di allinearsi con il partito, o la chiesa, o con l’esperto di turno.
Ancora una volta si è voluto distogliere l’uomo dal pensare liberamente il mondo, senza dogmi né imposizioni, impedendogli con ciò di realizzare l’autentico senso della sua missione sulla Terra, ovvero conseguire la sua indipendenza interiore e la capacità di cogliere la Verità attraverso l’autonomia del pensare.
Che sono poi le condizioni per la manifestazione dello Spirito.