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“Facciamo nuove tutte le cose”. Intervista ad Alberto roccatano.

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Ho avuto la fortuna, il 13 novembre scorso, di intervistare l'autore di un'inchiesta che sembra destinata, a tutti gli effetti, a mettere non pochi bastoni tra le ruote ai nostri attuali governanti. L'intervista, condotta durante la trasmissione Il coraggio delle idee su Radio Gamma 5  (94 mhz in Veneto) per il Circolo Culturale P.L. Ighina , si è trasformata in una chiacchierata aperta in diretta radiofonica, dove Alberto Roccatano – perché di lui si parla- seppur con angelica delicatezza, non ha risparmiato frecciate a coloro che attualmente vorrebbero continuare a governare gli umani. A distanza di qualche settimana, le parole pronunciate da Roccatano sembrano quasi profetiche, in questi giorni di tensione tra una parte della gente italica che manifesta per chiedere le dimissioni della classe dirigente ed un Palazzo che ormai rappresenta solamente se stesso.

Giorni fa, infatti, dopo la rottura interna al centrodestra tra i berlusconiani ed i cattoli(compli)ci sostenitori del governo Napolitano-Letta alias Monti bis, venti procellosi sembravano scuotere e confondere i banchi del Parlamento. Il riferimento è alla sentenza della Corte Costituzionale sulla non costituzionalità dell'attuale legge elettorale firmata da Berlusconi e Calderoli nel 2005. Una calamità istituzionale per molti, perché sembra portare dritta ad un bivio: da un lato la necessità, paventata dalla maggioranza, di modificare la legge elettorale, dall'altro le opportune valutazioni di chi ritiene illegittimi anche i governi, i parlamenti ed i capi di stato (o meglio il Capo di stato) nati grazie al cosiddetto Porcellum. Da un lato, quindi, un probabile tentativo di ostacolare il conferimento del premio di maggioranza al Movimento 5 stelle, che azzererebbe tutti i livelli operativi di nomina partitica del Paese, rischierebbe di rimettere in discussione la permanenza dell'Italia nell'Euro, ma anche di voler far luce su aspetti finora oscuri della storia italica degli ultimi decenni. Dall'altro lato, invece, la conferma palese dell'illegittimità di queste istituzioni: se la legge elettorale con cui sono stati eletti i nostri 'rappresentanti del popolo' è contraria all'ordinamento Costituzionale, come possono non esserlo l'attuale governo Letta (come i precedenti) e soprattutto l'attuale presidente Napolitano, rieletto in pompa magna dalla maggioranza che di lì a poco avrebbe sostenuto il nuovo governo? Una maggioranza che non disdegna di aver tentato una rilevante modifica all'articolo 138 della Costituzione (golpe strisciante lo definisce Roccatano), con la complicità di esponenti della Lega Nord, e nemmeno di aver sostenuto gli accordi transatlantici di libero scambio, ulteriore sottrazione di sovranità nazionale, questa volta verso Washington.

Chissà se i nostri parlamentari hanno avuto l'occasione di leggere il libro Dalle stragi del 1992 a Mario Monti (integrato di recente con l'inchiesta Il governo dei congiurati e la freccia di Apollo)… E chissà se ne ha avuto occasione Giorgio Napolitano, che si è visto rifiutare, da parte del procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, la richiesta di non partecipare come test al processo sulla Trattativa Stato-Mafia. “Non ho da riferire alcuna conoscenza utile al processo, come sarei ben lieto di potere fare se davvero ne avessi da riferire” aveva scritto infatti il Capo dello stato in una missiva inviata il 25 novembre scorso alla Procura del capoluogo siciliano, dove avrebbe dovuto essere interrogato circa i colloqui intercorsi tra il suo consulente giuridico Loris D'Ambrosio (deceduto l'anno scorso) e Nicola Mancino. Napolitano aveva aggiunto di non essere a conoscenza di eventuali ipotesi formulate da D'Ambrosio – “che restano solo ipotesi” ci teneva a sottolineare -, ma per il procuratore aggiunto la lettera non può essere intesa come sostitutiva della testimonianza, come invece richiesto dalla difesa, perché “non esaurisce l’argomento da chiarire così come da capitolato di prova”. “È una richiesta alquanto curiosa” secondo Teresi “quella delle difese poiché questa lettera non è un documento formale, in quanto tale. È un atto che il presidente ha inteso inviare quale persona chiamata a testimoniare. Non credo che questo atto 'diverso' possa trovare ingresso nel dibattimento. Mentre la deposizione del capo dello Stato potrà chiarire alcuni aspetti fondamentali”. Magari Napolitano potrebbe presentarsi a Palermo in qualità di semplice cittadino potenzialmente informato sui fatti, anziché da Presidente, come conseguenza della decisione della Corte Costituzionale, senza aspettare che a pretendere le sue dimissioni siano i migliaia di italiani che con ogni probabilità si aggiungeranno a quelli che già stanno tentando di bloccare l'Italia dal 9 dicembre. Magari aiutati dai loro cugini francesi, anzi bretoni, che da una protesta contro l'aumento della tassa sui trasporti decisa dal governo Ayrault sono arrivati ad un vero e proprio assedio a Parigi, rispolverando il loro spirito separatista e chiedendo le dimissioni del dittatore Hollande (come è stato definito il Presidente francese). Mentre il Front National svetta nei sondaggi come primo partito di Francia e una valanga di voti anti-europeisti si prepara a sommergere l'Europa alle elezioni per l'Europarlamento del 2014.

Vale la pena chiedersi, però, se il voto sia davvero l'esercizio di un diritto sovrano oppure se non sia una scelta di de-responsabilizzazione. E più in generale, se la democrazia sia davvero il “governo del popolo”, inteso come gestione della res publica da parte di tutti i membri di una comunità, o non sia invece un governo sul popolo, come ha spiegato Roccatano anche nella sua intervista radiofonica. Ve la propongo, quindi, nella sua integrità. Buon ascolto.

Jacopo Castellini 

Ascolta l'intervista:

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