Si tratta dell’analisi dei partiti politici italiani, la loro attuale struttura, il loro rapporto con la società. I risultati dell’indagine sono preoccupanti.
Gli iscritti ai partiti sono in progressiva, continua diminuzione (oggi costituiscono circa il 5% dell’intero corpo elettorale); i partiti sono sempre più verticistici, legati a singole figure che detengono quasi in esclusiva la capacità decisionale.
Lo studio ha registrato “una tendenza alla centralizzazione e verticalizzazione del potere, che ha svuotato gli organi collettivi a favore di quelli monocratici”.
Che, in lingua povera, significa: nei partiti comanda e decide una minuscola minoranza di capi; accade cioè l’esatto opposto di quella partecipazione diffusa e paritaria, realmente democratica, che è lo scopo stesso per cui dovrebbero esistere i partiti.
I dirigenti dei partiti, ed i loro uomini di fiducia, coincidono quasi sempre con i parlamentari, dando la prova pratica – se mai ce ne fosse stato bisogno! – che il parlamento italiano non rappresenta altro che la casta dei politici professionisti che gestiscono il potere in varie forme e misure.
I partiti, prosegue lo studio bocconiano, sono sempre più costosi, in barba alla volontà popolare che, con un referendum assai partecipato, avrebbe voluto spazzare via il finanziamento pubblico di quelle macchine mangiasoldi che realizzano il rivoltante paradosso di far pagare i sudditi per essere resi e mantenuti tali.
Tutti i partiti politici, tramite l’infame giochetto del “rimborso elettorale”, incassano cifre da capogiro, quantificabili nell’ordine dei milioni di euro.
In quello stesso quotidiano, poche pagine dopo, leggo un’altra notizia, graficamente meno appariscente ma non meno agghiacciante.
In questi giorni, alla Camera dei Comuni britannica si discute una proposta di legge che vorrebbe installare nelle strade delle città migliaia di minuscoli microfoni-spia, attivi 24 ore al giorno, e in grado di registrare tutti i suoni.
La proposta è stata giustificata dalla necessità di fornire nuovi strumenti per la lotta alla criminalità, al terrorismo e a comportamenti antisociali. I microfoni-spia verrebbero ad aggiungersi alle telecamere a circuito chiuso (CCTV) già così numerose in Inghilterra.
Le due notizie sembrerebbero non avere proprio nulla in comune, ma a pensarci bene con è così.
L’esigua minoranza di chi detiene il potere (potere politico-economico-giuridico-militare: ormai un solo monolito) non ha più altra politica sociale se non il controllo e la repressione.
Mentre per loro stessi i potenti preparano leggi che assicurano ogni privilegio, per la gente si elaborano tecniche di dominio sempre più brutale e capillare.
I potenti si confezionano leggi su misura che li mettono al riparo da controlli e verifiche; i potenti adattano le leggi alle loro esigenze: la gente normale dovrebbe essere felice di venire spiata sempre e dovunque; i potenti strillano alla persecuzione quando si mettono in piazza le loro squallide miserie morali. Ciò che per gli uni è una doverosa tutela della sicurezza, per gli altri è una inaccettabile intrusione nella loro sfera privata.
Per la gente comune, microfoni e telecamere dovunque; per i potenti, un limbo di inviolabile discrezione, tra fumi d’incenso e soavi aromi di mirra.
Noi oggi viviamo in una condizione feudale. E intendo questo non come metafora, ma tecnicamente, cioè letteralmente.
Non è puro feudalesimo quella situazione in cui i sedicenti rappresentanti del popolo vengono scelti e imposti dalle segreterie politiche dei partiti?
Noi viviamo in uno stato prepolitico feudale, in cui la piramide del potere ha il suo vertice autocratico (lì svetta il potente, l’inavvicinabile, il più-che-uomo). Scendendo sempre più in basso, abbiamo le grigie schiere dei servi zelanti, dei portaborse solerti, dei collaboratori fidati: tutta una laida fauna di schiene curve e nuche prone: vassalli, valvassori, valvassini.
Il potere rivola giù, come un torrente, e chi ne ha poco, lotta rabbiosamente per poterne strappare una porzione maggiore.
La gigantesca mole della piramide opprime la massa viva della popolazione. Si ripete, quasi esattamente, quanto avveniva nel 1789 in Francia, in cui uno stato feudale gravava sulla società civile, e lo fece così tanto e così a lungo che la reazione fu drammatica e travolgente.
Ma i potenti di oggi non hanno il minimo timore di una nuova rivoluzione: da decenni vedono (immagino più divertiti che stupiti) che la gente sopporta tutto con rassegnazione di bestia da soma.
Sopporta soprusi e angherie, ingiustizie e umiliazioni, irrisioni e ceffoni.
I parigini gridarono di sdegno quando si sparse la voce che Maria Antonietta, a chi le diceva che la povera gente non aveva pane, avrebbe risposto: “Che mangino brioches!”
I potenti di oggi dicono e fanno molto peggio, sicuri e felici della loro inesauribile impunità.
FEUDALESIMO, OGGI di Paolo Cortesi
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