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Fratelli (musulmani) d’Italia

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Dei Fratelli Musulmani abbiamo parlato in passato in questo sito, e già su un vecchio numero di Nexus New Times (il n. 61 di aprile-maggio 2006abbiamo ospitato un articolo di John Loftus, ex pubblico ministero presso il Dipartimento della Giustizia USA, in merito alle connessioni tra questa organizzazione, fondata in Egitto negli anni Venti da Hassan al Banna, e il Nazismo; una struttura utilizzata in seguito dagli Stati Uniti per diffondere a proprio uso e consumo l'Islam più integralista.

Un ruolo particolare i Fratelli Musulmani lo hanno giocato proprio nella loro madre patria egiziana; qui nel 2013 una rivolta popolare coadiuvata dall'esercito e dal generale Al Sisi rovesciò l'allora presidente Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani che godeva del sostegno diretto degli Stati Uniti; Morsi sarebbe poi stato sostituito da un governo provvisorio militare ed, in seguito ad elezioni, proprio dal generale Al Sisi. Oggi Al Sisi è nel mirino della stampa italiana (il perché, se volete saperlo, lo spiega bene Maurizio Blondet in questo articolo), reo di non perseguitare le minoranze religiose, di contrastare l'ISIS, di non essersi opposto alla condanna a morte da parte della magistratura egiziana di diversi esponenti dei Fratelli Musulmani considerati responsabili di violenze compiute in difesa del governo di Morsi, e di aver edificato rapporti amichevoli con la Russia di Putin, finanche arrivando a chiedere la possibile affiliazione dell'Egitto all'Unione Eurasiatica. 

Dei Fratelli Musulmani è esponente anche un altro il premier turco Erdogan, uno dei principali sostenitori dello Stato Islamico contro la Repubblica Araba Siriana, che fino ad oggi ha avuto il coltello dalla parte nel manico nella trattativa con l'Europa sulla tratta dei "profughi" ed in particolare verso la Grecia (paese che sembra non considerare quella dei profughi soltanto una emergenza, dato che ha creato addirittura programmi della tv di stato ellenica trasmessi in lingua araba "per i rifugiati"). 

Anche l'amministrazione statunitense stessa sembra aver ospitato al suo interno esponenti dei Fratelli Musulmani, come ad esempio Huma Abedin, vice capo dello staff di Hillary Rodham Clinton quando era Segretario di Stato della prima Amministrazione Obama; lo stesso Obama invitò esplicitamente a introdurre musulmani nell'amministrazione statunitense come segno di integrazione, dopo gli anni dello "scontro di civiltà" rappresentato dalla politica di Bush: “scontro  di civiltà” che la politica di esplicita apertura di Obama non sembra aver attenuato, ma che si è intensificato ulteriormente con il rovesciamento mirato dei governi laici in Egitto, Tunisia, Libia, e il tentativo di rovesciamento di Assad che dura da 5 anni, fino alla creazione dello Stato Islamico in Siria e in Iraq, per tacere dei bombardamenti "mirati" USA sullo Yemen, e ad oggi la pressione sui paesi dell'UE perché accolgano i "profughi" senza se e senza ma, che trova apertura e sostegno incondizionati in papa Bergoglio. 

Come documentato, con tanto di fotografie dell'epoca, in un articolo postato di recente su questo sitoa fare da esempio di come l'intervento degli USA possa aver inciso nell'evoluzione di una società è sicuramente l'Afghanistan: paese dove negli anni Settanta le donne giravano liberamente, studiavano come e con gli uomini, tanto da essere definito la "Svizzera" dell'Asia, e che a partire dal 2001 è stato ricordato soprattutto per i Talebani e per il burqua per le donne come simbolo di estrema repressione. Bene, furono gli USA a sostenere e finanziare i gruppi islamisti (tra i cui coordinatori un certo Osama Bin Laden) che hanno portato al rovesciamento del governo laico di Nur Mohammed Taraki e all'instaurazione della Legge Islamica (shari'a).

Paese che vai, tecnica di influenza che trovi: se nei paesi europei e negli USA al momento non si scorgono primavere arabe o guerriglie islamiche, l'Afghanistan è un esempio di come un paese laico e moderno possa di colpo piombare nel Medio Evo, lasciando solo alle sue generazioni più vecchie il ricordo di ciò che è stato; così, per chi non fosse stimolato a fare delle ricerche nel web, l'Afghanistan potrebbe sempre essere stato "islamista" e "talebano". 

Perché questa premessa? 
Perché la totale apertura dei governi occidentali ai Fratelli Musulmani può significare anche la totale apertura alla loro ideologia, che è ben espressa dalla loro dichiarazione di intenti:

“Allah è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. La jihad è la nostra via. Morire nella via di Allah è la nostra suprema speranza”.

Con queste premesse, che solitamente non vengono mostrate dai divulgatori di notizie, riporto uno stralcio di un articolo pubblicato sul sito de Il Giornale in data di ieri, 27 aprile 2016: si parla della candidatura alle prossime elezioni comunali di Milano di Sumaya Abdel Qader, esponente dei Fratelli Musulmani. Blogger e articolista, un passato recente di attivismo islamico in Europa e in Italia, Sumaya è una candidata "indipendente" nella lista del Partito Democratico:

Sumaya Abdel Qader milita nel Progetto Aisha che si ispira alla "sposa bambina" di Maometto. Il Profeta la fece sua moglie quando la piccola aveva dodici anni, ma i due stavano insieme già quando lei ne aveva sette. È proprio su queste nozze che sono state pronunciate le fatwe che nei Paesi islamici giustificano i matrimoni con le bambine. Subito dopo i macabri fatti di Colonia, Sumaya Abdel Qader aveva dichiarato: "Il problema di scarso rispetto nei confronti delle donne non è legato soltanto all'islam ma anche a fattori diversi, come per esempio l'introduzione della pornografia – tipico prodotto occidentale – in contesti più arretrati e chiusi. La fruizione del porno da parte di uomini che non possono culturalmente e socialmente dare sfogo ai loro impulsi – aveva giustificato – può portare alle molestie". Oltre a far parte del direttivo del Coordinamento associazioni islamiche di Milano (Caim), Sumaya Abdel Qader è anche la responsabile della sezione "Youth & Students" della Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa che è considerata una costola della Fratellanza Musulmana a Bruxelles.

Al di là delle considerazioni di Sumaya sulla pornografia, può essere più che legittimo per una cittadina italiana di fede islamica, che aderisce ad un movimento internazionale che propone la shari'a come legge universale, voler partecipare alla vita politica della città in cui vive; sul suo blog Sumaya motiva così la sua decisione:

Mi candido per portare il mio contributo come donna, come madre, come project manager, come attivista per i diritti delle donne e delle minoranze e come persona che ha avuto il privilegio di vivere a pieno una identità plurale.

Non so cosa significhi "vivere a pieno una identità plurale", ma a leggere questa frase più che evocare l'idea di una società multiculturale (come quella delle metropoli statunitensi, i cui conflitti sociali sono sotto gli occhi di tutti), sembra quasi evocare l'unica condizione esistenziale possibile per rifarsi ad Aisha e al contempo lottare per i diritti delle donne, e soprattutto per candidarsi da affiliata alla Fratellanza Musulmana in un partito che in Parlamento ha votato le legge Cirinnà e proposto nelle sue amministrazioni comunali l'adozione dei libri gender nelle scuole, non proprio il tipo di famiglia e di educazione prescritte dalla shari'a. C'è da chiedersi che tipo di "identità plurale" viva il Partito Democratico, per proporre Sumaya ai suoi elettori.

Ma la giovane blogger non è l'unico esponente vicino ai Fratelli Musulmani candidato nelle file del partito renziano. Prima di lei, per cronologia e per importanza, troviamo Khalid Chaouki, volto televisivo del PD immigrazionista, eletto nel 2013 alla Camera dei Deputati. Di lui scrive il quotidiano online Qelsi:

Marocchino, trent’anni, eletto deputato alle ultime elezioni politiche, è comparso in varie trasmissioni televisive per perorare la causa dello ius soli. Nel suo passato però non c’è solo il PD. Fu infatti responsabile fino al 2011 dei Giovani Musulmani italiani, la sezione giovanile dell’Unione Comunità Islamiche d’Italia (UCOII). L’UCOII ha da sempre tenuto un comportamento ambiguo nei confronti dello stato: da una parte mostrava un atteggiamento aperto al dialogo, dall’altra alcune sue azioni lasciavano molto perplessi sulla sua volontà di integrazione, come ad esempio il rifiuto a firmare la Carta d’intenti dell’Islam italiano con la motivazione che nella Carta si faceva riferimento “all’uguaglianza fra uomo e donna”. Da quanto si evince da una interrogazione parlamentare l’UCOII è stata spesso accusata di contiguità ideologica con l’organizzazione dei Fratelli musulmani, una organizzazione islamica estremista che predica uno stato governato dalla legge islamica.

A mettere in guardia il PD dalla candidatura di un possibile affiliato alla Fratellanza Musulmana è stata anche Souad Sbai, marocchina integrata in Italia da molti anni ed allora candidata alla Camera per il centrodestra, che in occasione della candidatura di Chaouki nel 2008 alle elezioni comunali di Roma, disse: 

sul caso di Khalid Chaouki consiglio ai dirigenti del Pd di non cadere nella trappola dei fratelli musulmani che, praticando la Taqiya (in arabo ‘dissimulazione’), affermano di non far parte di questo movimento pur condividendone i fini e le idee… pericoli dell’estremismo islamico… I rappresentanti delle comunità religiose e non solo musulmana – conclude – conoscono bene questi estremisti dal comportamento ambiguo e ne hanno già preso le distanze”.

La candidatura di Chaouki alla Camera dei Deputati non era stata gradita anche da "musulmani moderati" e militanti del PD, in particolare per chi lavorava all'integrazione tra immigrati e popolazione italiana, resa più difficile dalle idee estremiste dei Fratelli Musulmani; tra questi Mustapha Mansouri, anche lui marocchino, fondatore del movimento Nuovi Italiani, che per il PD aveva fatto il procacciatore di consensi tra la popolazione immigrata, che a Libero ammetteva di provare

«Profonda delusione, ecco come posso definire l’atteggiamento di un partito che si è aperto a noi paventando inclinazione verso i moderati e che invece ha tradito ogni speranza di rinnovamento. Non ci rimane che riconsegnare le nostre tessere, denunciando quella che è, a tutti gli effetti, un’operazione di ribaltamento della volontà delle comunità, moderate e non certo favorevoli ad essere rappresentate da chi non ha mai rinnegato certe sue discutibili appartenenze».

Proteste comprensibili, da parte di chi forse cercava in Occidente una fuga alla società di appartenenza, e che spingono a chiedersi: perché sacrificare il tempo e le energie spese da parte del PD al fianco di Mansouri, per poi volgere lo sguardo alla Fratellanza Musulmana, di tutt'altre vedute? 
Un'altra domanda sorge invece spontanea in merito alla "Taqiya", nominata da Souad Sbai, che secondo la voce britannica di Wikipedia sarebbe una pratica prevista dal diritto islamico, ovvero la dissimulazione della propria fede religiosa ammessa in casi estremi sia tra gli Sciiti sia tra i Sunniti. È possibile che, come sembra suggerire l'ex parlamentare italo-marocchina, qualcuno utilizzi questo strumento per dissimulare la propria appartenenza all'Islam radicale ed infiltrarsi nelle istituzioni occidentali? 
Una domanda che resta una semplice ipotesi, e come tale va considerata.

Sempre Souad Sbai, in una intervista a Libero di Pietro Senaldi, pubblicata il 18 gennaio scorso, ci forniva un avvertimento molto chiaro sulla facile islamizzazione degli immigrati che arrivano in Occidente, e che vi trovano spesso un Islam più radicale di quello vissuto nel proprio paese di origine. Un avvertimento quindi anche alle società in cui gli immigrati vorrebbero inserirsi.
 

Ne riporto uno stralcio, necessario alla comprensione:

«Allora ti vengo a prendere domani, arrivi con l' aereo delle velate».

Mi scusi, onorevole Sbai, ma chi sono le velate?
«Le italiane, mia sorella le chiama così. Quando vado a trovarla a Casablanca mi vede scendere dall'aereo che arriva da Roma circondata da marocchine immigrate. Sono tutte velate, vestite di nero, con gli occhi bassi».

E non è normale?
«Per niente. Sono arrivata in Italia a 19 anni, per amore, e prendo quell'aereo dagli anni '80. Era un tripudio di voci e colori. Sbarcavano sorrisi, donne felici, vestite di arancione, giallo, azzurro. Ora sembrano tutte vedove, solo che il marito è vivo e il lutto che portano è per la loro vita. La cosa terribile è che sono partite dal Marocco libere. Sono diventate schiave in Italia».

Mi spiega più nel dettaglio questo processo di schiavizzazione?
«L' islamico arriva in Italia per lavorare e ha tutte le difficoltà dell'immigrato: è solo, disorientato, debole. Ma noi non lo integriamo, non gli diamo i nostri valori, le regole, i costumi, ce ne disinteressiamo con la scusa di rispettarlo. Così l' unico riferimento che gli resta è la moschea fai da te. Lì predica un imam che risponde direttamente a Riad, quando non a Raqqa, e su cui lo Stato non esercita alcun controllo e l' immigrato impara l' islam estremista. Quando torna a casa lo impone alla famiglia. Quando poi in un palazzo la prima donna porta il velo, il gioco è fatto, gli altri mariti per dimostrare di essere loro a comandare in casa, lo impongono alle loro mogli. E, quando compiono 11 anni, alle figlie».

Il Qatar finanzia la costruzione di 33 nuove moschee in Italia…
«Non dovremmo consentirlo. Diventeranno vivai di terroristi. Il Marocco chiude le moschee integraliste, noi le apriamo. Siamo ignoranti, non capiamo che la seconda generazione farà più danni della prima. Nell'islam lo scontro tra padri e figli è più forte che in Italia ed è capovolto: nell'islam i giovani sono più rigidi e tradizionalisti dei padri. Io la chiamo la generazione dei convertiti, perché sono passati dall' essere musulmani a essere fanatici».

Com' è potuto accadere?
«La prima ondata migratoria, negli anni '80, era culturale o di lavoro qualificato; erano pochi, arrivavano da un islam pacificato, volevano integrarsi e avevano curiosità per il diverso, come l' avevo io. Poi è arrivata l' immigrazione rurale, su cui ha avuto presa l' islam estremista salafita predicato in molte moschee. Si è formata una comunità poco aperta al dialogo ma ancora rispettosa delle leggi. Ora tocca ai figli, che dovrebbero integrarsi in un' Italia in crisi, di valori ed economica. Non hanno lavoro né soldi ma vedono i soldi dei loro coetanei italiani, e non hanno neppure la propensione al sacrificio dei loro padri. Sono carne da macello per il jihad, migliaia di potenziali reclute del terrorismo islamico».

Come avviene il reclutamento?
«Con i soldi. L' Arabia, lo Yemen, il Qatar, l'Isis, fanno arrivare soldi alle moschee. I giovani vengono coccolati, pagati, viziati. Cadono nella rete e non possono più venirne fuori. Verrebbero uccisi se ci provassero».

Ma l'Italia cosa può farci?
«Deve smettere di dare soldi alle associazioni islamiche, perché vengono usati per fare proselitismo. E deve imporre il proprio modello, non lasciar fare. L' integrazione dev'essere obbligo non optional. Servono regole e divieti, perché gli estremisti vanno dove hanno più libertà. La nostra tolleranza ci condanna; gli islamici la interpretano come debolezza, si esaltano, ci giudicano molli e incapaci e attaccano. La conquista dell'Occidente è stata pianificata nella penisola araba negli anni '90. Punta a radicalizzare lo scontro e islamizzare l'Occidente infedele. È stata messa a bilancio una somma, sono state costruite moschee, formati imam, spediti in Europa soldi, armi e uomini per fare proselitismo».

Le aggressioni di Colonia rientrano in questo piano?
«Certo, alla voce terrorismo sessuale. È stata una rappresaglia. Dopo che la Merkel aveva annunciato una stretta sull'accoglienza e sulle norme anti-terrorismo è esplosa la rabbia integralista. Stuprare le donne del nemico è uno dei più classici atti di guerra».

Le donne occidentali hanno sottovalutato l'episodio?
«Le donne occidentali sono più buone e tolleranti con gli immigrati islamici che le stuprano che con i loro mariti. Immagini se quello di Colonia fosse stato un raid dell'estrema destra cosa avremmo sentito. Queste signore radical chic con la borsa Hermés che dicono che non bisogna strumentalizzare gli stupri di Colonia sono prigioniere dei loro stereotipi e non possono più tornare indietro. Identificano l'immigrato con il debole e non vedono altro. Ma così lo trattano da inferiore, sempre da immigrato e mai da uomo, si preoccupano solo di mettergli il panino in bocca. È un misto di buonismo perverso e ingenuità».

Cosa possono fare le donne italiane per le islamiche d'Italia?
«Farle uscire di casa, creare una rete amicale, degli incontri. E battersi contro il velo».

Dovremmo vietarlo in Italia?
«Il burqa, ma anche il velo. Difendere il velo non è rispetto per la cultura islamica ma complicità con chi sottomette le donne. Non conosco donne che portino il velo con orgoglio».

Ultimamente alcuni grandi stilisti occidentali hanno firmato collezioni con la donna velata…
«Sono contrarissima. Gli stilisti studino la moda marocchina, con capi bellissimi e rigorosamente senza velo. Avanti così, i padri italiani tra qualche anno si vedranno tornare a casa le figlie con il velo. Si comincerà per gioco, per imitare la compagna di classe, ma non si sa come finirà».

La Serracchiani in Iran ha esibito il velo, pubblicando un' allegra e orgogliosa fotogallery…
«Doveva rifiutarsi, per le straniere è obbligatorio solo in moschea. Ha voluto essere più realista del re. La Fallaci era diversa, non si mise il velo neppure davanti a Khomeini. Altre donne e altri tempi, l' Occidente è regredito. E la prova sono le velate. Oggi il Marocco importa estremismo dall'Italia. Da ragazza andavo in spiaggia in costume da bagno, ora non potrei. L' islam estremista, quello arabo-wahabita, attraverso l'Europa sta conquistando Paesi musulmani dove non aveva mai attecchito in centinaia d' anni».

Pensa che anche i media abbiano delle responsabilità?
«Enormi. I media hanno fame di islam integralista. Ormai in tv se non hai il velo non sei ritenuta attrezzata per parlare di islam, non ti chiamano come esperta di mondo arabo. Io sono un' eccezione, ma lo devo anche all'esperienza politica. E pensare che ero venuta in Italia per laurearmi in Lettere e studiare Petrarca e Leopardi».

E poi cos' è successo?
«Alla Sapienza mi hanno detto che di studiosi di Leopardi ne avevano tanti e che serviva qualcuno che si specializzasse in diritto islamico, per confrontarsi con il mondo arabo. Ho avuto un osservatorio privilegiato per studiare il fallimento dell'integrazione e della società multiculturale».

I moderati islamici chiedono un' intesa con lo Stato che regolamenti e dia diritti alla religione musulmana in Italia. Cosa ne pensa?
«Assolutamente no, la comunità islamica non ha nessun referente autorizzato a trattare. Sono tutte associazioni rappresentative solo di loro stesse. Sarebbe il caos, esattamente come nel mondo arabo di oggi».

Il resto dell'intervista lo trovate qui

L'Italia, e i paesi europei, potrebbero finire come l'Afghanistan? E perché i "democratici" italiani (e statunitensi) sembrano voler favorire chi rischia di buttare ancor più benzina sul fuoco dello scontro di civiltà anziché favorire la pacifica convivenza tra gli esseri umani dentro e fuori i nostri confini?


Sopra: una ragazza afghana in tenuta balneare nel suo paese, negli anni Settanta. Oggi i sostenitori dell'integrazione islamica in Europa, tra cui Sumaya Abdel Qader, propongono delle piscine separate per uomini e per donne:


 

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