La partita volge tristemente al termine. Arroccati nel loro fazzoletto di terra, chiusi fra il mare da un lato e i cannoni israeliani dall’altro, ai Palestinesi di Gaza rimane soltanto il cordone ombelicale dei tunnel “proibiti” che raggiungono a sud il territorio egiziano, per venire definitivamente strangolati e cancellati per sempre dalla faccia della terra.
Naturalmente, è tutta colpa loro. Sono stati loro a lanciare otto razzi Katiusha contro i soldati isareliani che “pattugliavano” il confine, e quindi si meritano ora di vedere un ulteriore giro di vite applicato alle loro già risicatissime condizioni di sopravvivenza.
Dopo aver dichiarato di abitanti di Gaza una “entità nemica", lo scorso settembre, Israele ha infatti deciso di chiudere tutti i valichi di frontiera, permettendo solo il transito in entrata dei prodotti medicinali di primissima necessità.
A sua volta, quindi, il blocco delle esportazioni ha comportato la paralisi quasi totale della già misera economia interna palestinese, proprio nel momento in cui i raccolti di fragole e pomodori avrebbero potuto fornire una boccata di ossigeno agli abitanti locali, mentre ora finiranno a marcire nei capannoni di raccolta.
Nel frattempo è esploso il mercato nero delle merci contrabbandate attraverso i tunnel che portano in Egitto: dove una volta passavano Kalashnikov e mine anti-uomo, oggi passano cibo, ricambi d’auto, sigarette, e beni di consumo di ogni genere.
Non passa però, ad esempio, la benzina, e questo sta obbligando centinaia di palestinesi a convertire artigianalmente le loro auto al consumo di gas da cucina. Sono finite le scorte di cemento, bloccando di colpo il 95% delle costruzioni in corso nel territorio. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, 70 mila persone hanno perso ultimamente il lavoro, in un paese dove già l’80% della popolazione vive sotto la linea di povertà.
E ora Israele si prepara a ridurre di due terzi le forniture di elettricità, delle quali naturalmente mantiene il pieno controllo.
Tutto questo, ha detto di Israele, deriva dalla “incapacità di Hamas di tenere sotto controllo i guerriglieri palestinesi“, mentre circolano voci – chissà dove saranno nate? – che lo stesso Abbas, il presidente dei moderati di Fatah, abbia tacitamente approvato le sanzioni contro le “ teste calde“ del territorio di Gaza.
È un vero peccato, infine, che tutto questo accada proprio all’alba di una serie di incontri fra israeliani e palestinesi, intesa ad appianare almeno i problemi più urgenti di questo momento.
E’ lo stesso tipo di “ sfortuna“, d’altronde, che deve aver portato Israele a distrarsi, al tempo delle elezioni palestinesi di due anni fa, quando non si accorse che un partito dichiaratamente violento come Hamas aveva deciso di partecipare alle elezioni, quando gli accordi di Oslo prevedevano chiaramente che nessun “partito armato“ avrebbe mai potuto andare al potere nei territori occupati.
Questo invece è avvenuto, ed ora i palestinesi si ritrovano non solo prigionieri in casa propria, ma divisi fra di loro, e obbligati ad ammazzarsi l’un l’altro per un pezzo di pane.
E il mondo rimane a guardare.
(Tratto da luogocomune.net)