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GIORNALISTI E “BLACK OPS” di Tom Bosco

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aggiungere nulla alla
questione.
Concordo però sull’ipotesi secondo la quale potrebbe essere
stata rapita
nell’ambito di quelle operazioni “antiguerriglia” messe in piedi dal Pentagono,
in quanto avrebbe potuto diffondere informazioni critiche su quanto
è accaduto
davvero a Falluja dove, secondo testimoni oculari, camion e bulldozer
militari
hanno rimosso tonnellate di detriti dai quartieri di Julan e Jimouriya,
le
località dove l’anno scorso si sono verificati i combattimenti
più aspri. Pare
che siano stati spianati due chilometri, proprio come fu fatto presso
l’aeroporto di Baghdad dopo l’invasione, e dove gli americani avrebbero
usato
le loro armi speciali.

Sembra inoltre che i militari
siano penetrati in ogni abitazione sparando
ai serbatoi dell’acqua, apparentemente per cercare di occultare la
presenza di
composti chimici nell’acqua, ma questo soltanto in certe aeree, come
Julan e la
zona del mercato. Che questo abbia qualcosa a che fare col presunto
impiego
illegale di napalm, o peggio, da parte delle forze armate statunitensi?

Nel frattempo, l’assassinio
dell’ex primo ministro libanese Rafiq Hariri e il modo in cui
l’attentato è
stato dato in pasto all’opinione pubblica dai media mi hanno subito
spinto a
domandarmi: a chi giova? Soprattutto la storia dell’autobomba imbottita
di
tritolo proprio non mi convince: non occorre essere dei luminari in
esplosivi
per notare che il gigantesco cratere prodotto dall’esplosione e i vasti
danni
agli edifici circostanti mal si conciliano con questo scenario. Questa
è
un’operazione bellica altamente sofisticata, realizzata da
un’organizzazione
estremamente efficiente e tecnologicamente ben attrezzata. Qui
c’è di mezzo
qualche servizio segreto, e se osserviamo le reazioni internazionali
seguite
all’evento non è difficile puntare il dito in qualche direzione.


Il Tehran
Times
non ha
dubbi: si tratta di un tentativo di destabilizzare un paese simbolo
della
coesistenza pacifica di svariate religioni e gruppi etnici, devastato
da 15
anni di guerra civile innescata da fattori interni, regionali e
internazionali
durante gli anni ’70 e ’80, e infine ricostruito e stabilizzato
economicamente
in parte anche grazie agli sforzi di Hariri. Ora gli Stati Uniti e il
regime
sionista, così lo definisce il quotidiano, stanno cercando di
gettare il Libano
in una crisi, allo scopo di estendere la propria presenza politica e
militare
in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Un passo fondamentale è
l’estromissione
della Siria dal Libano e il suo isolamento regionale: sebbene né
il governo né
la popolazione libanese vedano di buon grado la presenza militare
siriana nel proprio
paese, nondimeno un suo ritiro spianerebbe la strada alle macchinazioni
ordite
da Stati Uniti e Israele. Ora, la domanda è: chi trae vantaggio
dall’assassinio
di Hariri, un uomo che ha giocato un ruolo costruttivo nel riportare
sicurezza
in Libano? Tutte le evidenze indicano che sia opera del Mossad, il servizio di
intelligence israeliano, dato che in precedenza aveva pianificato
l’assassinio
di importanti figure politiche libanesi. A quanto pare, la
stabilità del Libano
non è un vantaggio per Israele.

Che poi da tempo la Siria
fosse nel mirino dell’amministrazione statunitense è cosa ben
nota: le
provocazioni messe in atto da questo governo in seguito all’assassinio
di
Hariri sono una chiara indicazione che a Washington si preparano ad un
intervento militare in Siria e in Libano. I media hanno presto iniziato
ad
addossare la colpa dell’attentato alla Siria, e il fatto che gli USA
abbiano
persino ritirato il proprio ambasciatore non è certo un buon
segno…

Washington ha giustificato
le proprie accuse alla Siria col fatto che negli ultimi mesi Hariri si
era
avvicinato all’opposizione anti-siriana in Libano, unendosi ad una
richiesta
del ritiro delle truppe siriane dal paese prima delle elezioni di
aprile.
Hariri si era dimesso da primo ministro quattro mesi fa, dopo essere
entrato in
conflitto col presidente filo-siriano, Emile Lahud.

La Siria nega energicamente
qualunque coinvolgimento, e in effetti non avrebbe tratto alcun
vantaggio da
un’iniziativa del genere. Gli USA, d’altra parte, hanno conti aperti
con Iran e
Siria, e al momento quest’ultima è senz’altro la gatta
più facile da pelare… e
non è escluso che ci si possano mettere di mezzo anche i
francesi, dati gli
storici interessi in quella regione.

Sia quel che sia a
Washington, recentemente, hanno ricevuto visite da uno strano oggetto
volante
immortalato da una webcam:


E mentre un gruppo di
scienziati ricomincia a sollevare la possibilità della presenza
di vita su
Marte, dal pianeta rosso arrivano un paio di immagini interessanti. La
prima è
una “piramide” che spunta in questa foto, ma curiosamente sinora non
sono
disponibili altre immagini di questa zona.


Chissà, forse c’è qualche
malfunzionamento dovuto a fattori anomali: ad esempio, le strane tracce
osservabili sul pannello solare di Opportunity che assomigliano proprio
a
quelle che lascerebbe una comune lumaca terrestre di passaggio…

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