Si chiama "Opzione Salvador". È la nuova strategia con cui il Pentagono intende avere ragione della Resistenza irachena. Il pantano Iraq è ormai una realtà, l'operazione dello scorso novembre a Falluja, concordano molti analisti, non è riuscita a rompere la spina dorsale dell'insurrezione come aveva ottimisticamente annunciato il generale dei marine John Sattler. È un dato di fatto, una realtà con cui l'amministrazione Bush deve fare i conti.
Così arriva la soluzione dal nome latinoamericano, triste riferimento a pratiche di repressione di reaganiana memoria. La trovata del ministero della Difesa americano è stata rivelata qualche giorno fa dal settimanale Newsweek, con una tranquillità che ha del terrificante: il Pentagono sta infatti dibattendo intensamente su un'opzione che ricalca la strategia "segreta" utilizzata dall'amministrazione Reagan contro l'insurrezione della guerriglia in Salvador e nel resto dell'America centrale nei primi anni Ottanta. Si parla degli "squadroni della morte": le bande paramilitari finanziate da Washington che davano la caccia ai ribelli sudamericani, per poi torturarli e ucciderli. La stessa sorte toccava ai simpatizzanti della guerriglia: donne, bambini sono stati massacrati senza pietà, intere generazioni sono scomparse nel nulla durante la repressione delle lotte di liberazione che negli anni '80 hanno attraversato l'America Latina. E la longa manus statunitense, che tutelava gli interessi delle multinazionali in quella parte di mondo nella pedissequa applicazione della dottrina Monroe – quella che considera l'America centrale un'area di esclusiva "competenza" yankee – ha lasciato in quei luoghi le sue impronte digitali. Tracce che ora ritroviamo a Baghdad. Non è infatti un caso che l'attuale ambasciatore americano in Iraq sia John Negroponte, plenipotenziario statunitense in Centro-America negli anni ottanta, ambasciatore in Honduras durante gli anni della rivolta, che ottenne "un buon successo" nella repressione dei movimenti di liberazione. Era lui ad organizzare il finanziamento e la formazione degli "squadroni della morte". Una esperienza che non poteva certo rimanere infruttuosa… "Opzione Salvador" sarà il nome dell'ondata di sanguinosa repressione che gli atlantici intendono mettere in atto in Iraq per uscire dall'empasse in cui li ha cacciati la guerriglia antiamericana. ''Quello su cui tutti concordano è che non possiamo andare avanti così – ha riferito al Newsweek un'alta fonte militare Usa -. Dobbiamo trovare il modo di passare all'offensiva contro gli insorti. Ora stiamo giocando in difesa. E stiamo perdendo''. Una proposta, ha quindi rivelato il periodico statunitense citando fonti militari, è quella di inviare squadre speciali americane a consigliare e addestrare gruppi iracheni di elementi scelti uno a uno fra i peshmerga curdi e i miliziani sciiti per dare la caccia, anche oltre il confine con la Siria, a insorti sunniti e loro sostenitori, con lo scopo di assassinarli o forse sequestrarli. Resta infatti non chiarito se questa "Opzione" debba essere una strategia di eliminazione fisica o di rapimento dei "bersagli", per trasferirli in località segrete e interrogarli.
Considerate le tecniche di interrogatorio utilizzate impunemente dai militari Usa, il nocciolo del problema non cambia di certo. Secondo le notizie raccolte dal settimanale americano, le forze speciali Usa dovrebbero effettuare le operazioni di rastrellamento dei ribelli fuori dai confini iracheni, ad esempio in Siria, mentre le attività all'interno del Paese occupato sarebbero affidate ai paramilitari iracheni finanziati da Washington. Gli insorti, ha riferito a Newsweek una fonte del Pentagono, "sono soprattutto nelle aree sunnite dove la popolazione, quasi 200.000 persone, collabora con la resistenza. Il fulcro del problema – ha chiosato – è che la popolazione sunnita oggi non paga alcun prezzo per l'aiuto fornito ai terroristi. La nostra nuova strategia è volta proprio a incutere terrore nella gente della strada sui rischi insiti nell'aiutare i ribelli". Per avere la gestione di questa splendida e risolutiva proposta si starebbero già accapigliando il Pentagono e la Cia. "Con Rumsfeld – ha scritto Newsweek – il Pentagono ha cercato aggressivamente di costruire il proprio apparato di intelligence clandestina, guidato dal sottosegretario alla Difesa Stehen Cambone". Ma questo urta la suscettibilità dei vertici Cia, contrarissima a cedere al ministero della Difesa un compito che, storicamente, le spetta: torturare e uccidere gli oppositori alle politiche d'importazione americana. Una prassi pienamente condivisa, anzi, incoraggiata dal premier interinale iracheno. Pare infatti che Ayad Allawi sia uno dei più fermi propugnatori dell' "Opzione Salvador", che verrebbe coordinata da Abdallah Al-Shahwani, direttore dell'intelligence irachena, lo stesso personaggio che di recente ha, guardacaso, più volte sostenuto che i capi della resistenza irachena, i ba'athisti che guidano i ribelli, sono rifugiati in Siria. È quindi una coincidenza che Allawi, il burattino degli Usa, stia da mesi chiedendo la pena di morte per gli esponenti dell'Associazione degli Studenti Musulmani, religiosi sunniti che si oppongono alle elezioni, mentre nel frattempo due di questi religiosi sono stati assassinati da una mano sconosciuta? Forse gli "squadroni della morte" di Negroponte, in Iraq dalla scorsa estate, hanno già iniziato a lavorare. E su indicazione dell'uomo-Cia Allawi. Nessuno, però, si scandalizza. Quando a perseguitare, torturare, e uccidere sono coloro che assegnano le patenti di "democraticità", tutto rientra nella normalità della cosiddetta guerra al terrorismo. Il mondo allineato farà il tifo per i "cacciatori di teste sunnite", in una grottesca – voluta – confusione di ruoli, responsabilità, diritti. La democrazia americana si regge e prospera sui cadaveri delle genti sfruttate, umiliate, invase e trucidate da "squadroni della morte" di volta in volta approntati alla bisogna. In ogni parte del mondo. Oggi in Iraq. Domani chissà.
Fonte: Rinascita