Alexis Tsipras. Foto di Arne Müseler, immagine licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0
Eccoci qua. In Grecia ci sono state le tanto attese elezioni che finalmente hanno dato la vittoria a Syriza, il partito di sinistra di Alexis Tsipras, e fioccano commenti di ogni genere. La nostra redazione si astiene da giudizi di varia natura sull’uomo Tsipras e sul suo partito politico, che potranno essere giudicati solo dai fatti. Tra i commenti più acuti, riporto queste righe di Massimo Mazzucco:
Durante le presidenziali americane del 2004, si arrivò ad un testa a testa fra Bush e Kerry nello Stato dell’Ohio, con gli exit polls davano Kerry in vantaggio per 52 a 48. Ma questo non era accettabile: i repubblicani infatti non si potevano permettere di perdere la Casa Bianca proprio nel momento in cui la loro spinta bellica in Afghanistan e Iraq era arrivata al punto massimo. Intervenne così la famosa “manina” (come avremmo saputo in seguito, erano i repubblicani stessi a controllare il sistema elettronico di voto Diebold), e così magicamente, nelle ultime ore della notte, Bush passò in vantaggio e vinse l’Ohio con il 51% dei voti.
Nelle elezioni europee del 2014 gli exit polls davano un Movimento Cinque Stelle che aveva addirittura superato il PD di Matteo Renzi. Ma questo non era accettabile.
Una clamorosa vittoria dei Cinque Stelle avrebbe letteralmente sconquassato il Parlamento europeo, con conseguenze, in Italia e nell’Europa stessa, inimmaginabili. Accadde però che, nelle ultimissime ore dello spoglio, il PD iniziò a recuperare voti, mentre il Cinque Stelle crollava drammaticamente dal 29% degli exit polls ad un misero 20%, che si tradusse per il movimento di Beppe Grillo nella più sonora bastonata della sua breve storia.
Ieri sera, verso le 19:30, gli exit poll della Grecia davano il partito gli Syriza fra i 36,5 e il 38,5%. Questo avrebbe significato la maggioranza assoluta per Tsipras (151 seggi). Ma questo, evidentemente, non era accettabile, e con il passare delle ore il divario fra Syriza e il partito di goverrno ha iniziato a calare, finché Tsipras ha dovuto accontentarsi di una vittoria – che rimane comunque storica – ma che non gli concede la maggioranza in Parlamento.
E così il buon Tsipras potrà svolgere il suo splendido ruolo di gatekeeper, senza peraltro doversi addossare delle precise responsabilità per un suo eventuale (e prevedibilissimo) fallimento nel “portare la Grecia fuori dalla crisi”. Se avesse vinto con la maggioranza assoluta, Tsipras sarebbe stato obbligato a fare la voce forte a Bruxelles, minacciando di uscire dall’Euro se le sue richieste non fossero state accettate. Invece così potrà limitarsi ad abbaiare un po’ più forte degli altri (cosa che anche Renzi sa fare molto bene, peraltro) ma la Grecia resterà nell’Euro, rimanendo così intrappolata, insieme a tutti gli altri, nella spirale del debito infinito. Esattamente quello che serviva a Bruxelles.
Guardate a volte cosa può significare un seggio in meno in parlamento.
Questo ha scritto Massimo Mazzucco sul suo sito Luogo Comune. Nel frattempo, sembra quasi certa l’alleanza di Tsipras non con i liberali di To Potamì, che avevano proposto l’appoggio esterno al governo di Syriza, ma dei Greci Indipendenti di Panos Kammenos, su posizioni anti-austerità. Ancora presto, quindi, per fare pronostici su cosa farà il nuovo governo, soprattutto data la costrizione altra in cui i governanti sono spesso costretti a muoversi, ma anche la fitta rete di giochi e manovrii che avvengono dietro il sipario della politica, che sono di natura varia e molteplice. Questa una notizia, forse banale ma forse no, riportata dalle agenzie di stampa:
All’indomani delle elezioni in Grecia, il Presidente russo Vladimir Putin ha scritto al leader di Syriza Alexis Tsipras per congratularsi con la vittoria del suo partito e augurargli ogni successo. Nel suo messaggio, rendono noto le agenzie russe, Putin “ha espresso fiducia che Grecia e Russia potranno proseguire lo sviluppo della loro tradizionale cooperazione costruttiva in tutti i settori e lavoreranno insieme in modo efficace per la soluzione dei problemi attuali in Europa e nel mondo“.
Facendo una ricerca in rete, si può scoprire che Tsipras ha fatto tappa anche a Mosca durante un suo tour nei paesi europei nel maggio dello scorso anno, cosa rara tra i leader dei partiti politici europei, che in maggioranza aderiscono alla tesi di Putin “nemico dell’Europa” (a parte la Le Pen, Salvini e Iglesias di “Podemos”). Una visita i cui dettagli non erano stati rivelati in anticipo, durante la quale una delegazione di Syriza con il suo leader ha incontrato la Presidente della Camera Alta del Parlamento Russo, Valentina Matvienko, il 13 maggio 2014. In questa occasione, come riporta il sito in lingua inglese GR Reporter, Tsipras e Matvienko hanno parlato della crisi ucraina ed il leader greco, allora all’opposizione, ha affermato che il suo paese “deve diventare un ponte per la cooperazione tra l’Europa e la Russia” e che tutti i paesi europei dovrebbero cooperare per una risoluzione pacifica alla crisi ucraina nell’interesse di tutti. Inoltre Tsipras ha sostenuto che un governo a guida Syriza avrebbe perseguito una politica estera totalmente diversa dai precedenti, e non avrebbe riconosciuto immediatamente il governo golpista ucraino come legittimo (qui e qui la notizia sulla sua visita a Mosca).
Da segnalare anche una curiosità legata alla visita moscovita del giovane leader greco. Con Tsipras ci sarebbe stato anche Basil Markezinis, figlio di Spiros Markezinis, che fu Primo ministro in Grecia all’epoca del regime militare. Non si sa bene, pare, quali siano i rapporti di questi con la formazione politica della sinistra greca.
Qualche settimana fa, sulla Voce della Russia, ho letto una notizia, intitolata La Grecia ha firmato con la Russia un contratto militare nonostante le sanzioni. Molto incuriosito, ne ripropongo anche a voi il contenuto (è del 21 dicembre 2014, reperibile a questo indirizzo sul sito dell’agenzia russa):
La Grecia ha considerato più importante la propria capacità di difesa delle sanzioni e ha firmato un contratto con la Russia per la fornitura di pezzi di ricambio per i sistemi di difesa aerea “TOR-M1” e “OSA-AKM,”, ha detto una fonte militare di Atene.
L’importo del contratto non è stato reso noto. “Per la Grecia questo contratto è molto importante perché consente di mantenere il corretto livello di difesa aerea” ha detto la fonte. Nonostante il fatto che la Grecia non stia acquistando nuove armi russe, tuttavia acquisisce ricambi dal sistema russo, concentrandosi sulla propria disponibilità e il mantenimento ad un livello adeguato.
Chissà. Forse non c’è nessun legame con le parole di Putin e la visita a Mosca di Tsipras in compagnia di Markezinis, o forse sì. All’epoca Tsipras non c’entrava perché ancora all’opposizione, eppure perché firmare un contratto con la Russia, mentre tutta l’Europa appoggia la politica di sanzioni a Mosca? Ricordiamo inoltre che il governo greco firmò specifici contratti per l’acquisto di armamenti e carri armati con Berlino e Parigi, in cambio dei finanziamenti concessi attraverso i governi di Germania e Francia. Chissà.
Forse il mio collegare e ricercare è dovuto al fatto di aver citato la terra Ellenica anche nell’articolo che ho scritto su PuntoZero, dal titolo “Frammentazione e Realtà. Perché la guerra in Europa nel XXI secolo?“. Qui paragonavo la situazione di drammatica offensiva del governo di Kiev contro gli ucraini dell’Est, in maggioranza di lingua russa e di religione cristiana ortodossa, all’offensiva perpetrata con altre armi, quelle della finanza, a danno di un’altra nazione ortodossa, la Grecia appunto. E riportavo le parole del Metropolita ortodosso del Pireo, Seraphim:
Viviamo in un momento tragico per il nostro Paese. La causa della catastrofe non è stata un cataclisma naturale, ma l’avidità e un piano deliberato del Governo Mondiale”.
Parole forti. Parole che indicano una responsabilità precisa negli eventi in corso sino ad ora in Grecia. E forse anche in Ucraina. Chissà. Se la volontà del nuovo governo della nazione ortodossa fosse quello di emanciparsi dai responsabili di quanto sinora accaduto, non tutto sarebbe perduto. Anzi. Potrebbe trovare sulla sua strada anche un’altra nazione che si affaccia sul Mediterraneo e dalla sapienza Antica, l’Egitto. Di recente, il governo di Al-Sisi, dopo aver firmato diversi accordi per le forniture militari con Mosca, ha espresso attraverso l’ambasciatore egizio in Russia, Mohammed Badri, l’interesse a creare una zona di libero scambio con i paesi che aderiscono all’Unione Economica Eurasiatica. Quell’Unione Economica Eurasiatica a cui voleva aderire Kiev, prima del golpe contro Yanukovich. Quell’Unione Eurasiatica a cui Mosca ha chiesto all’Europa di aderire, lasciando al suo destino Washington ed il trattato di “libero scambio” transatlantico. Chissà. Chissà se Tsipras…