All'ospedale Carlo Poma di Mantova un anziano di 73 anni, colpito da infarto e già dichiarato morto, é tornato in vita dopo 35 minuti; il fatto è accaduto nell'ottobre del 2005.
Come si legge sul sito di Repubblica il primario dell'ospedale ha così commentato il fatto:
"Casi inusuali ma che fanno parte della medicina. Questa mattina l'uomo ha ripreso a respirare autonomamente e a parlare regolarmente e ha persino consumato un pasto leggero."
Nello stesso articolo leggiamo che un medico del reparto di cardiologia ha affermato:
"Può succedere che qualche piccolo movimento elettrico del cuore, non rilevato dalla macchina, vi sia stato, magari un battito al minuto, e probabilmente quello è bastato a tenerlo in vita".
Apprendiamo quindi che, per dichiarare morta una persona (e magari iniziare la procedura per l'eventuale espianto) ci affidiamo a delle macchine che potrebbero non registrare dei piccoli segnali di vita e la cui utilità nel certificare uno stato di morte, o quanto meno di "coma irreversibile" é quindi decisamente relativa. Ad esempio un elettroencefalogramma potrebbe risultare "piatto" semplicemente perché il segnale elettrico cerebrale é più debole di quello rilevabile dallo strumento. Nel caso di un trauma cranico con versamento di liquido l'edema potrebbe addirittura impedire il passaggio del segnale agli elettrodi che rileverebbero un segnale nullo pure in presenza di attività cerebrale.
Per altro di recente (come già denunciato dalla Lega contro la predazione degli organi) a lato della falsa “morte cerebrale” dichiarata d'autorità a cuore battente su persone ventilate, per ottenere organi vivi pulsanti, si sta diffondendo un nuovo stratagemma sanitario praticato a tradimento in alcune nazioni: la morte dichiarata in arresto cardiaco precoce di soli 2/5 minuti. Ricordiamo che l'anziano infartuato di Mantova (di cui abbiamo riportato la storia in apertura di articolo) si é riavuto dopo 35 minuti di arresto cardiaco!
Da una notizia diramata dall'agenzia Adnkronos apprendiamo un altro fatto similare e ben più recente:
Asuncion, 8 ago – I medici lo avevano dichiarato morto subito dopo il parto, e ne avevano spedito a casa il corpicino in una scatola per i medicinali. Ma quando il padre ha aperto la cassettina, per dare l'ultimo saluto alla sua creatura, ha trovato il piccolo che ancora respirava. L'incredibile vicenda è avvenuta in Paraguay, nella capitale Asuncion, e ancora nessuno riesce a trovare una spiegazione. (…) "Si tratta di un caso rarissimo", ha dichiarato Ernesto Weber, primario del reparto di terapia intensiva pediatrica nell'ospedale statale in cui il piccolo è venuto alla luce.
Dal Corriere della Sera del 5/10/05 riporto queste altre righe
In coma sentiva tutto !
S. C. catanese di 38 anni, entra in coma per incidente 1' 11/2/03 che gli procura gravi lesioni cerebrali e si risveglia nel luglio 2005. In un'intervista il fratello riporta le sue affermazioni:
"I medici dicevano che non ero cosciente ed invece sentivo tutto. Dicevano che non ero in grado di avere sensazioni ma io sentivo e capivo tutto. Forse i medici non si rendono conto delle sensazioni del comatoso, come possono capire se un coma è irreversibile?"
Tutte queste storie si ricollegano ad altre due di cui abbiamo già parlato in passato su questo blog.
La prima é avvenuta a Parigi nel febbraio 2008: un 45enne vittima di un infarto per strada viene rianimato in ambulanza per 10 minuti e consegnato all'ospedale La Pitiè-Salpetriè che lo considera “morto per arresto cardiaco”, ma continua la rianimazione per trasformarlo in donatore. L'équipe dell'espianto tarda a venire e i medici nell'attesa sono costretti a praticare il massaggio cardiaco per un'ora e mezza, non per salvarlo ma per mantenere l'attività circolatoria elemento indispensabile per ottenere organi (reni) utili al trapianto.
In sala operatoria il suo cuore riprende a battere autonomamente, il paziente dà segni di sofferenza: è vivo. Quel ritardo è stato provvidenziale, ora parla e cammina.
La seconda é quella di Zack Dunlap, dichiarato morto in seguito ad un incidente e poi risvegliatosi dalla "morte" . I medici non riescono a capire come il 21enne si sia ripreso dopo l’incidente ma piuttosto che trarre le dovute conseguenze da questa loro profonda ignoranza intorno ai reali confini tra la vita e la morte continuano a praticare colpevomente espianti da persone della cui morte non si può mai essere certi, piuttosto che darsi da fare per replicare in ogni reparto di rianimazione la terapia dell'ipotermia cerebrale controlla dal computer che ha restituito alla vita il 50% dei pazienti "cerebralmente morti" secondo le presuntuose ed arroganti definizioni di morte scientifica.
Dovrebbe quindi essere chiaro che la nostra avanzata e supertecnologica scienza medica ufficiale é ben lontana dal comprendere esattamente cosa siano la vita e la morte e quale sia il sottile confine che separa questi due stati. Figuriamoci ora se tale scienza presuntuosa (e spesso criminale) potrebbe mai indagare seriamente eventuali casi di reincarnazione. Sono rari i casi di medici che indagano sulla sopravvivenza della coscienza oltre la morte e sulle esperienze di Pre-morte più in generale, durante alcune delle quali vengono riportate persino esperienze sconcertanti di precognizione. Su un articolo comparso il 19-5-1997 sul quotidiano La stampa si legge ad esempio questo resoconto di un "ritornato in vita":
Io, dall'alto, vidi arrivare i miei compagni, i soccorritori, potei raccontare le cure che mi erano state prestate. Nel frattempo rivedevo la mia vita e guardavo il futuro. Vidi che mi sarei sposato, avrei avuto dei figli, ho avuto la percezione di avvenimenti precisi che poi si sono verificati.
Una eccezione positiva nel campo della ricerca scientifica sul rapporto tra vita e morte é quello del fisico russo Korotkov, docente di biofisica all'Università di San Pietroburgo e presidente della IUMAB (International Union of Medical and Applied Bioelectrography ovvero Unione Internazionale della Bioelettrografia Medica ed Applicata) che ha al suo attivo la pubblicazione di più di 200 articoli scientifici e di 5 libri tra i quali Human Energy Field (Il campo Energetico Umano) e Light after Life (La luce dopo la vita) oltre alla registrazione di 15 brevetti. Uno di questi è quello relativo al suo strumento per la registrazione dei campi bioelettrici associati alle creature viventi denominato GDV (Gas Discharge Visualization) che viene correntemente utilizzato nell'ambito della medicina naturale come strumento diagnostico e che permette secondo il suo inventore misure di un campo bio-energetico che restituisce informazioni sul livello di benessere psico-fisico, sul funzionamento dei vari organi interni da una parte e dei chakra dall'altro.
Korotkov ha realizzato anche un sito in inglese sulle sue scoperte, sulle applicazioni del GDV e sulla "scienza olistica della cura della persona" (The science of whole person healing); alcune informazioni in italiano le potete trovare sul sito mednat.org.
Tale strumento ha permesso di fare anche delle scoperte straordinarie riguardo al momento di passaggio tra la vita e lamorte e che quindi riguardano quel sottile confine di cui tratto nel presente articolo. Come potete leggere in un articolo scritto da Giulietto Chiesa sul quotidiano La stampa del 20 maggio 1995 e intitolato Indagine sull'aldilà, il campo misurato dallo strumento di Korotkov non scompare immediatamente dopo la morte e …
a quanto sembra l' "emissione", tra l'altro, ha un rapporto con le "modalità della morte". Per esempio: i defunti per vecchiaia fanno registrare un graduale indebolimento del "segnale" nelle prime 48 ore dopo il decesso. Ma esso si stabilizza e permane, seppure debole, anche oltre.
Altro esempio: i decessi per incidente o per cause improvvise. In questo caso si registra un brusco aumento del "segnale" nelle prime venti ore, seguito da un'altrettanta brusca caduta, fino a un livello stabile e debole. Il terzo esempio è il più inquietante.
Riguarda i decessi in condizioni di acuta sofferenza, in seguito ad assassinio, violenze fisiche.
Qui l'emissione post mortem ha un andamento irregolare che si prolunga per l'intero periodo di osservazione (finora per i cinque giorni successivi alla morte) e non registra alcuna stabilizzazione (esplosioni d'intensità cui fanno seguito cadute improvvise).
In particolare i suicidi mostrano un andamento delle emissioni talmente convulso da poter essere distinto da tutte le altre cause di morte.
Notevole é anche quanto affermano i due medici Peter Fenwick (neuropsichiatra londinese) e Sam Parnia (ricercatore clinico presso l'ospedale di Southampton) i quali, come si legge su 055news.it, in seguito ad analisi definite strettamente scientifiche hanno ipotizzato che la mente sia indipendente dal cervello e che l'anima continui quindi a vivere dopo la morte cerebrale.
Ci troviamo quindi (come in molti altri casi) in una situazione nella quale le religioni secolari dal un lato e la scienza ortodossa dall'altro, ognuna coi propri dogmi cristallizzati, collaborano nell'oscurare e nascondere la verità ostacolandone la ricerca. Tra improbabili paradisi ed inferni da una parte e negazione assoluta di ogni possibile esistenza di una coscienza disincarnata dall'altra, c'è poco spazio per avviare un serio percorso di ricerca, a meno che non si intraprenda un percorso di ricerca della spiritualità sganciato dai dogmi religiosi o che, nell'ambito della scienza, si osino esplorare dei territori proibiti.
Siicuramente é per questo che sono rari i casi di studiosi occidentali che affrontano con serietà un'indagine sui casi (presunti?) di reincarnazione. Qui di seguito, tratto dalla pagina degli amputati, il resoconto di uno di questi casi (del quale ovviamente é arduo verificare di persona l'autenticità).
Notizie simili sono molto comuni in India, dove nessuno si sogna di dire ai bambini che riferiscono di vite passate, che "Sono tutte fantasie"…
Manisha, una bambina di 4 anni che vive vicino a Nuova Dheli, é stata ampiamente creduta dai suoi attuali genitori quando ha raccontato loro di essere morta a 15 anni per febbre tifoide e di chiamarsi Suman.
Già a due anni, non appena aveva iniziato a parlare, Manisha/Suman aveva detto che il suo vero padre si chiamava Kamal e sua madre Santosh, aggiungendo ogni giorno nuovi ricordi, molto dettagliati, alla sua storia, come il fatto di avere tre fratelli che con lei vivevano in una grande casa a tre piani.
Essendosi sparsa la notizia fra i vari villaggi, anche i suoi precedenti genitori ne sono venuti a conoscenza e grazie ai precisi dettagli forniti da Manisha, hanno ritenuto che fosse proprio la loro figlia morta quattro anni prima ad essere tornata sulla terra. Sono così andati in un villaggio vicino dove la bimba, appena li ha visti, é corsa loro incontro per abbracciarli. Poiché gli Induisti credono fermamente nella Reincarnazione, i genitori attuali non hanno mosso alcuna obiezione al fatto che quella figlia non gli apparteneva più, così hanno acconsentito a che i presunti, precedenti genitori, se la riportassero nella sua vecchia casa. Come prima manifestazione di gioia per questo inaspettato ritorno, sono stati subito rimossi i fiori posti davanti alla foto di Suman/Manisha, che da quattro anni veniva venerata nel tempietto insieme alle altre immagini sacre.