Forse nessuno capisce di più sulla metafisica del danaro dei capi delle banche centrali: ma essi raramente accennano a tale aspetto. Il mondo della finanza, nel quadro della deriva scientista del mondo moderno, si è spesso presentato come una monolitica corporazione di “esperti”, nonostante le macroscopiche divergenze delle vedute. Quando un campo di studi, sia esso economico medico o di altro tipo, diventa un puro e semplice “instrumentum regni”, emerge una strana dissonanza cognitiva: quando serve al potere il parere degli esperti, riuniti in qualche consesso “tecnico scientifico”, la loro opinione diventa il “verbo” dal valore quasi di una rivelazione divina. Criticare tali opinioni diventa eresia se non addirittura reato, con censure e persecuzioni. Mentre loro invece si autorappresentano in pubblico come laici e razionali, scevri da ogni fideismo e allergici ad ogni aspetto metafisico della realtà.
In un discorso svolto a Francoforte lo scorso gennaio, il Direttore generale della Banca dei Regolamenti Internazionali, Agustin Carstens, si è espresso in termini “metafisici”, con tutte le cautele del caso. Si è chiesto: “Qual è l’anima del danaro?”. La risposta è stata, la fiducia (1).
Era sottintesa anche una domanda preliminare del tipo: “il danaro ha un’anima?”, con risposta evidentemente positiva. Quindi si mettono in campo due qualità immateriali se non addirittura teologiche, quali anima e fiducia, quest’ultima che si ricollega alla fede, una delle virtù teologali. La fiducia comporta anche aspetti psicologici, dagli esiti imprevedibili per coloro i quali la vorrebbero imporre con la forza.
Nel discorso si evincono peraltro aperture alle criptovalute e strumenti affini, purché rimangano nelle mani dei banchieri centrali, unici soggetti degni di “fiducia” e che vengono persino associati alla “magia” del mondo digitale. E la “magia”, avverte Carstens, può anche sfuggire di mano agli apprendisti stregoni (2).
Il riferimento alla “Magia del danaro” ci ricorda anche il titolo del libro di uno dei banchieri centrali più famosi del Novecento, Hjalmar Schacht, Governatore della banca centrale tedesca prima e durante il periodo nazista.
Com’è noto, la BRI è un organismo fondato nel 1930 a Basilea per fare da raccordo tra le banche centrali, anche in tempo di guerra e di crisi; infatti, tra le 63 banche centrali membri della BRI vi è anche quella della Federazione Russa. Nessuno, a quanto pare, ha messo in discussione la partecipazione della banca russa nell’organizzazione di Basilea.
Da millenni il danaro si presenta sulla scena storico-religiosa come un quantum metafisico, un ponte energetico tra il mondo visibile e quello invisibile, idoneo a facilitare la vita degli uomini ma anche a renderla un inferno. Nella Bibbia, un libro che, come ricorda Mauro Biglino, non parla affatto di Dio nel senso comune della parola, troviamo tra i numerosi editti emanati da Yahweh al “suo” popolo quello di pagare un tributo in monete d’argento. Dai tempi dell’antica Mesopotamia vi era una stretta alleanza tra la Banca e il Tempio, e nasceva la prima “moneta-debito virtuale”, ossia non metallica, nella forma delle tavolette di argilla rappresentative di prestiti e scambiate come titoli circolanti: ossia il “denaro” in una forma molto vicina a quella che si intende oggi.
Tali aspetti sono stati trattati da Joseph P. Farrell, autore di Babylon’s Banksters e Financial Vipers of Venice, mentre il concetto del danaro “simbolico” è stato approfondito in senso antropologico da David Graeber in Debito. I primi 5000 anni.
Durante il Medioevo, nell’area europea-mediterranea la più grande rete bancaria fu quella dei Templari, la cui moneta scritturale circolava da Alessandria d’Egitto fino alla Scozia, e consentiva ai mercanti in viaggio di mettersi al riparo dai predoni, portando con sé ricevute che potevano essere scambiate per denaro metallico presso le sedi dell’Ordine. La gestione fu così oculata che il tesoro templare non fu ritrovato nemmeno dopo la distruzione dei cavalieri ad opera del papato e del Re di Francia.
Vista la scomparsa degli archivi templari, possiamo solo ipotizzare che quel sistema di moneta scritturale fosse alla base del sistema della riserva frazionaria: ossia che circolassero più ricevute rispetto all’oro che esse teoricamente rappresentavano. La “magia” della riserva frazionaria si diffuse a Venezia e, con tutte le evoluzioni del caso, resta alla base dell’attuale sistema monetario.
Com’è noto anche la Chiesa romana divenne una potenza finanziaria, rimpinguata in passato dall’Obolo di San Pietro; e ancora oggi il Vaticano possiede una propria banca, quasi a voler perpetuare il legame tra la Banca e il Tempio.
Al livello politico l’intervento del BRI si inquadra nel tentativo di arginare le criptovalute più o meno indipendenti in seguito alla crescente perdita di fiducia nel denaro “tradizionale”, ma giova ricordare che quel denaro emesso dalle banche è quasi del tutto virtuale, visto che monete e banconote rappresentano solo una piccola parte della massa monetaria in circolazione.
Il richiamo alla “metafisica del denaro”, argomento sul quale ci sarebbe molto altro da dire, indica la consapevolezza nelle “stanze di bottoni” a Basilea ed altrove che, per quanto essi possano azionare i “bottoni”, il sistema della moneta-debito si avvicina al tramonto, come sono tramontate nei secoli le altre “valute di riserva”.
Per quanto tempo ancora riusciranno a comprarsi la “fiducia” con valute in preda all’iperinflazione? Nel frattempo, ricordiamo l’avvertimento nel De Officiis di Cicerone: “pecuniae fugienda cupiditas” – "occorre fuggire la brama del danaro".