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Il Dilemma di Elon Musk

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Elon Musk è un fenomeno interessante e un personaggio chiave da decifrare per capire il nostro tempo, datosi che, in ogni caso, è quella che può essere definita una figura cosmico-storica, in grado di incarnare lo Zeitgeist, lo Spirito del Tempo.

Il Musk transumanista

Tirato su dalle élite tecnocratiche occidentali, è stato l’enfant prodige del Transumanesimo di cui hanno fatto anzi l’uomo di punta, attraverso le aziende che gli hanno costruito intorno. Questo va detto e ricordato perché, come Gates, Musk non è affatto un genio visionario artefice dei propri destini imprenditoriali, come appare nella vulgata dei media e nella rappresentazione con cui viene presentato, ma il beneficiario di una operazione di marketing industriale pianificata a monte dalle centrali del potere finanziario. Situazione costruita nel tempo per portare avanti appunto l’agenda dell’economia pianificata degli Stakeholder (pianificata come nel comunismo sovietico, ma non dallo Stato, quanto da un numero ristretto di agenti privati/corporativi). Del resto basta vedere che la famiglia di Musk, come quella di Gates, erano già ampiamente inserite in circuiti della finanza e del capitalismo globale, per capire che la loro ascesa non fosse fortuita.
Fatta questa premessa, che certo non ci sogniamo di dimenticare, va osservato però che Musk, da anni, sembra stia affrancandosi dal ruolo ritagliatogli addosso e soprattutto da una parte dei dogmi che quelle élite di fa parte portano immancabilmente avanti.
Se da un lato è ancora imprenditorialmente legato a progetti transumanisti (Neuralink), o collegati all’agenda green (auto elettrica) o controversi e inquietanti come lo Starlink (5G), da un altro lato è innegabile che sta spaccando l’unica ideologica programmatica del mondo elitario occidentale che, sempre di più, ha scelto di presentarsi invece in modo assolutamente monolitico e incapace di gestire la minima alternativa di proposizione sociale o politica. Musk è stato un critico della censura su Amazon, e soprattutto è stato il principale personaggio “in vista” del mondo delle élite a prendere posizione contro i lockdown che era il piatto forte dell’operazione covid insieme ai sieri genici. Ora vorrebbe una Norimberga per Fauci(anche se per motivi sbagliati, a mio avviso, per chi conosce quanto sostengo in merito al “virus”).
È innegabile che abbia spaccato l’unità monolitica delle élite occidentali, su punti che sono fondamentali.

L’altro Musk

Quanto abbiamo visto dopo il biennio pandemico e il golpe elettorale Usa, escludo possa essere liquidato come una semplice operazione di “marketing” personale, o di una sorta di divergenza inscenata per volontà degli stessi gruppi elitari: in primo luogo perché non se ne comprende il vantaggio, in secondo luogo perché i membri di quel mondo sono oggi estremamente lineari e diretti, del tutto incapaci di pensare una qualsiasi diversità rispetto al loro credo, figuriamoci di finanziarla, e in terzo luogo perché le minacce e le opposizioni che Elon Musk sta ricevendo sono forti e reali, compreso il rischio che la sua operazione su Twitter venga fermata con la distruzione del social. Twitter è stata a lungo una piattaforma meno incline di Facebook alla censura. Questo fino al colpo di Stato elettorale contro Trump nel 2020, quando il Deep State e la convergenza di interessi pubblico-privati ad esso collegata, hanno scelto di dare un giro di vite alla libertà di espressione, togliendo persino la parola al Presidente degli Stati Uniti.
Quelle stesse élite che hanno puntato sulle BigTech come strumento di controllo e propaganda, assolutamente funzionale alla loro agenda, stanno ora con Musk rischiando di perdere un asset importante della loro macchina del consenso. E Musk rischia di perdere un investimento da 50 mld di dollari (è in ballo il deplatforming da Google o la chiusura di Twitter nella UE). Sarebbe molto anche per lui. Per entrambi i contendenti è una partita strategica, su cui uno dei due si farà molto male: troppo per essere una semplice operazione di facciata.
La lettura più corretta a mio parere è che Musk sia Musk, non una pedina di un gruppo oscuro di interessi, un Deep State o quel che si vuole. Essere dotato di una individualità netta, si è trovato evidentemente in una condizione personale di evoluzione rispetto ai ristretti margini ideologici in cui è stato allevato dai suddetti circoli corporativi. Qualcosa del genere è analoga a quanto è stato per Trump, personalità incoercibili che hanno sfruttato il potere economico e sociale accumulato, per seguire una propria visione, che nel caso di Trump è stata populista e jacksoniana, e ha permesso di coagulare in un grande movimento di massa le tendenze della destra alternativa americana.
Rispetto al “populismo” di Trump, un politologo definirebbe Musk più “centrista”, ma entrambi hanno sfidato l’unità ideologica della classe dominante anglosassone, la cui ideologia è elitaria ma anche estremamente sovversiva e per certi versi trozkista.
Nel caso di Musk, io credo il suo sia stato un processo di affrancamento dal proprio ruolo e dal “messaggio” industriale che gli è stato assegnato. Per ora la sua posizione è ancora legata a visioni aziendali che fanno parte dell’agenda di una immaginaria Quarta Rivoluzione industriale, dall’altra il suo influencing politico è divergente rispetto al modello di democrazia totalitaria e di pensiero unico portato avanti dai tecnocrati occidentali e dai loro ideologi.
Chi non conosce la storia aziendale di Musk può trovare la cosa poco promettente. Ma in realtà Musk sembra applicare la visione dei “Pendoli” di Vadim Zeland: non è più presidente di Tesla, ha creato Paypal che però non è più una “sua” azienda. Il suo modo di stare nel mondo dell’economia non è quello ordinario degli imprenditori, anche grandi come Bezos. È fluido, surfa la realtà, e cambia il tavolo su cui gioca e il gioco da fare. Ecco perché la sua visione industriale, in fondo, non mi preoccupa del tutto: perché non mi convince del tutto, o meglio non credo che lui stesso ne sia convinto in modo ideologico. È troppo pragmatico per esserlo, ed è anche questo che lo distingue da personaggio fanatici e piuttosto ripetitivi e compulsi come quelli che bazzicano Davos, o la Silicon Valley. A proposito, ha lasciato la progressista Silicon Valley per il Texas, in disaccordo con i politici Dem che stavano trasformando la California in un regime stalinista green. In fondo ha prodotto auto elettriche ma non vuole vivere (e produrre) nell’unico Stato americano che le ha rese obbligatorie. E piuttosto è migrato nel Texas petrolifero…

Cosa sta facendo Musk?

Nel rispondere a questo quesito direi che sicuramente il Musk reale non agisce, o non è verosimile che agisca, per conto di altri. Troppo egoico e presenzialista, è piuttosto un battitore libero che sta giocando in proprio una sua partita anche se potrebbe, come già un Trump, rappresentare o guidare una fronda industriale americana anti globalista (o piuttosto altro-globalista).
Il dilemma a questo punto è: quale del camaleontico Musk c’è ora e quale ci sarà in futuro? Sta veicolando alcuni punti – per lui non negoziabili – del transumanesimo nel mondo, multiforme ma genuino, del conservatorismo americano, avendo rinunciato ad altri aspetti ideologici e nefasti del programma globalista, oppure si sta gradualmente affrancando dal retaggio ideologico del suo ambiente di provenienza e sta elaborando, e affermando una sua personale visione? E quanto questa, in futuro sarà condizionata dallo stesso transumanesimo e dal sogno bagnato della Singolarità tecnologica?
Nella vita e nella visione industriale di questo personaggio si è sicuramente messo in moto un cambiamento storico importante. È presto per trarre un bilancio, ma ancora in tempo per capire che è uno dei fenomeni e dei processi storici condizionanti da tenere sotto osservazione…
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