La seconda parte dell'articolo di Stephen Harrod Buhner, tratta da NEXUS n. 112 (leggi qui la prima parte)
Le piante possiedono un linguaggio chimico ricco di significati, finalità e intelligenza. Sono le nostre maestre e guaritrici, e in cambio ci chiedono attenzione e rispetto. Per ripristinare il nostro legame con esse, dobbiamo ricominciare a usare il cuore come organo di percezione.
Le piante come medicina per tutta la vita sulla Terra
Immaginate un gomitolo di spago esattamente della forma e dimensioni della Terra. Meglio ancora, una linea telefonica. Prendete un’estremità della linea e ripercorretela a ritroso fino all’altra estremità, così che non ci sia più né un inizio né una fine. In ogni punto che la linea interseca (potreste immaginarle come giunzioni sinaptiche), i messaggi si incrociano; la comunicazione viaggia velocemente anche attraversando l’intera linea. Le discipline accademiche sono aree in cui un segmento di linea viene tagliato via dal gomitolo per essere studiato. Ne analizzano il carico di rottura, la struttura molecolare, la composizione chimica, i colori e i tipi di filo che l’attraversano. Le comunicazioni che stanno passando o potrebbero attraversare questo segmento non possono essere studiate una volta che esso è stato tagliato dal tutto; si riesce a vedere solo una piccola parte dell’immagine. Sorgono frequenti equivoci, specialmente se l’aspetto più importante sono le comunicazioni che scorrono attraverso la linea.
Ora riportiamo il gomitolo di linea telefonica sulla Terra. Ogni pianta, gruppo di piante, comunità di piante, ecosistema e bioma reca costantemente dei messaggi che vi scorrono all’interno: migliaia di miliardi di messaggi contemporaneamente in ogni istante. I messaggi sono comunicazioni complesse fra tutte le diverse parti dell’ecosistema. Non c’è un inizio né una fine, non c’è causa né effetto. I meccanismi di retroazione della Terra, esistenti da 3 miliardi e mezzo di anni, sono talmente interconnessi che si può sempre trovare un’altra causa alla base di qualsiasi causa da cui partite. Un impatto su un qualsiasi punto influisce su tutti gli altri punti del sistema. La vita si lega tanto strettamente all’ambiente fisico e chimico di cui fa parte che non è possibile vedere davvero l’uno isolato dall’altro. Come disse James Lovelock:
“Insieme costituiscono un singolo processo evolutivo, autoregolante.”
È stato proprio il riconoscere la natura autoregolante della Terra a far capire a Lovelock che la Terra è un essere vivente, e non una palla sospesa nello spazio, piena di risorse e abitata da esseri umani. Il romanziere William Golding, che era suo vicino di casa, gli aveva suggerito un nome per il nostro pianeta: Gaia, un antico nome greco per la Terra viva, intelligente e sacra. Con i suoi 4 miliardi di anni di età, Gaia è molto vecchia rispetto a noi. Anche le piante sono antiche rispetto alle nostre brevissime vite, dato che la loro comparsa è iniziata circa 700 milioni di anni fa.
I fittissimi meccanismi di retroazione che regolano le comunità di piante notano automaticamente quando un membro della comunità è malato, e le reti miceliche appena sotto la superficie del suolo trasportano al malato le sostanze che servono alla guarigione. Le piante sane collegate alla rete micelica aumentano la propria produzione delle sostanze necessarie, qualunque esse siano, e le inviano ai miceli perché le distribuiscano. Gli alberi che gli scienziati sottopongono intenzionalmente all’anellazione (tagliano un anello di corteccia intorno al tronco dell’albero per ucciderlo e osservare cosa accade) vengono supportati dai nutrienti trasportati da altre piante attraverso la rete micelica. Possono vivere per anni, mentre le piante non legate a una rete muoiono entro un anno. Si è scoperto che sono moltissime le sostanze che vengono trasportate in questo modo: carbonio, fosforo, zuccheri e molto altro. I meccanismi di retroazione analizzano costantemente le necessità della comunità micorriziale. Le piante malate ricevono tutto ciò di cui hanno bisogno. Le piante danneggiate reagiscono in un modo molto simile alle persone che prendono analgesici e anestetici. I composti come gli alcaloidi del papavero da oppio influiscono sulla fisiologia delle piante proprio come sulla nostra. I composti di questo genere possono essere prelevati attraverso i sistemi radicali, trasportati dai miceli o respirati come gas attraverso gli stomi della pianta.
Scimpanzé e piante medicinali
Si è scoperto che anche innumerevoli esseri viventi – uccelli, insetti, orsi, farfalle, cinghiali e scimpanzé – usano le piante come medicine. Quando sono afflitti da parassiti intestinali patogeni, gli scimpanzé scelgono fra varie piante quelle più adatte in base alla natura del parassita. Per esempio, ingeriscono i gambi delle specie Vernonia per uccidere e bloccare l’attività riproduttiva dei parassiti Schistosoma. La Vernonia contiene numerose sostanze chimiche potenti, fra cui lattoni sesquiterpenici, che sono tossici, e glicosidi steroidei. I glicosidi vernonioside B1 e vernoniolo B1 sopprimono il movimento e la deposizione di uova del parassita, riducendone la densità di popolazione. Invece, quando vengono infettati dai vermi parassiti Oesophagostomum, gli scimpanzé vanno alla ricerca di piante completamente diverse. Scelgono le foglie ruvide e irsute dell’Aspilia, che hanno al loro interno un composto unico: la tiarubrina A. La tiarubrina A è attiva contro un’ampia varietà di nematodi e vermi intestinali che colpiscono comunemente gli scimpanzé. Gli scimpanzé ripiegano le foglie a fisarmonica e le ingeriscono intere. La tiarubrina A indebolisce o uccide i vermi, e le foglie non masticate, grazie alle pieghe e alla peluria ruvida, intrappolano i vermi durante il transito nel tratto gastrointestinale, facendoli così uscire dall’organismo. Dato che non masticano le foglie, gli scimpanzé fanno in modo che esse giungano intere e ripiegate nell’intestino tenue, e oltretutto così la tiarubrina A non si scompone nello stomaco.
Inoltre gli scimpanzé sono molto schizzinosi riguardo a quale parte della pianta scegliere. Utilizzano solo il gambo della Vernonia: è la parte che contiene meno lattoni sesquiterpenici tossici e più glicosidi steroidali. Gli scimpanzé fanno una prova dell’attività delle piante di Aspilia tenendo in bocca una foglia per un tempo prolungato prima di decidere se scegliere questa pianta o cercarne un’altra. Mentre lo scimpanzé siede, permettendo ai suoi organi vomeronasali di analizzare il contenuto chimico della pianta scelta, a sua volta la pianta, come avviene per i tetranichidi, analizza la saliva dello scimpanzé. Entro poco tempo, la pianta inizia ad alterare la produzione di sostanze chimiche favorendo le sostanze necessarie alla guarigione dello scimpanzé.
Il linguaggio originale
Le piante creano e rilasciano le loro complesse sostanze chimiche principalmente in risposta a una fittissima e complicata rete di segnali di retroazione che ricevono dal mondo che le circonda. Quando le informazioni giungono alle piante dal mondo esterno, esse rispondono creando sostanze chimiche specifiche e rilasciandole nel suolo o nell’aria. Le sostanze delle piante, diversamente dai farmaci, vengono immesse nel mondo per un motivo. Ciascuna sostanza è una parola significativa: insieme, tutte formano un linguaggio che possiede una propria grammatica e sintassi, una propria epistemologia fondamentale. Gli scienziati studiano le vocali e le consonanti e il modo in cui si combinano per formare le parole delle piante, ma non studiano il loro significato o l’intelligenza o l’intenzione che dà origine al significato. Troppo spesso insistono che non c’è un significato, dato che, come tutti possono vedere, le piante non hanno il cervello.
Eppure, ciascun complesso insieme di sostanze espresso dalle piante è una frase comunicativa, che porta messaggi specifici carichi di significato… e il mondo riceve questi significati e reagisce a essi. I messaggi delle piante sono come i sassi nell’acqua. Le increspature che creano si diffondono fra gli ecosistemi e giungono fino a noi. Il fatto che noi – e le altre creature sulla Terra – riceviamo le parole delle piante attraverso il naso o la pelle o gli occhi o la lingua, anziché le orecchie, non rende il loro linguaggio meno acuto o sofisticato o meno carico di significato. Così come l’anima dell’essere umano non si può comprendere dalla sua chimica o dalla sua grammatica, lo stesso vale per la finalità, l’intelligenza o l’anima delle piante. Le piante sono molto di più della somma delle proprie parti, e ci parlano da epoche immemorabili. Gli esseri umani, a lungo immersi nel proprio ambiente, sono sempre stati sensibili ai significati che li circondavano. Quelli contenuti nei messaggi delle piante, così come tutti gli altri tipi di comunicazione, generano in noi delle sensazioni come risposta. Ci accorgiamo del tocco del mondo su di noi, di essere stati accarezzati da un significato, anche se non saremmo in grado di dire coscientemente di che significato si tratta. Una porta ci si apre dentro, il nostro inconscio vi si raccoglie, e di notte sogniamo e tutto si intreccia nel tessuto della nostra vita. Siamo stati circondati da sempre da un linguaggio così pregno di significato. In seguito ne abbiamo creato uno nostro.
Anche il nostro linguaggio viaggia attraverso l’aria, sebbene sotto forma di onde sonore che vibrano (pensavate che fosse unicamente frutto del nostro cervello con la sua prominente regione frontale?). Siamo sempre vissuti circondati dal linguaggio originale. Le piante rilasciano le impalpabili sostanze della Terra attraverso i loro meccanismi di retroazione sinaptici intrecciati, interdipendenti, in un modo così rapido e complesso che i ricercatori o chiunque altro non riescono a prenderne nota. I loro significati si sovrappongono incessantemente ad altri, finché la mente lineare viene sopraffatta. Modificano il tessuto del nostro mondo e ci toccano con i significati in modi troppo complessi perché la nostra mente cosciente possa coglierli. E ciononostante, riusciamo a coglierli. Giungono sotto forma di sensazioni alla mente e al cuore attenti, riflessi concisi dell’interrelazione fra le piante e la Terra, in un sapere globale e completo:
“Gli alberi sono i maestri della legge.”
Non è necessaria una laurea in lettere per capire il significato delle parole. Un diploma in chimica è irrilevante per comprendere i significati trasmessi dalle piante. Una bimba di quattro anni non se ne preoccupa: si siede sotto un albero a parlare con i fiori. Per migliaia di generazioni, gli esseri umani di tutte le culture della terra si sono resi conto che le piante (e tutta la natura) esprimono un significato e che dietro ad esso c’è dell’intenzionalità. Hanno ascoltato e accumulato questi significati; hanno costruito grazie alla biognosi una biblioteca orale di conoscenza del mondo e del posto che vi occupa l’umanità.
La saggezza tradizionale
Fra gli Irochesi si diceva che se una persona si ammala e ha bisogno di una pianta per guarire, la pianta si alzerà e inizierà a chiamare la persona malata, aiutandola a trovarla. Per una farfalla Heliconius, un’ape o una falena, non sarebbe qualcosa di strano: loro capirebbero.
I ricercatori hanno commentato che le piante, capaci di rispondere istantaneamente alle modifiche e agli stimoli dell’ecosistema modificando la propria chimica, possono iniziare immediatamente a produrre al bisogno nuovi composti e combinazioni di composti. Quando il ricercatore Cleve Backster ha collegato una macchina della verità a una pianta, è rimasto sbalordito notando che la pianta era in grado di capire dai pensieri di lui quali fossero le sue intenzioni quando stava per bruciarla o strapparne le foglie. Per un moscerino Drosophila o una falena sfinge, non sembrerebbe insolito né eccezionale. Per i Winnebago e gli Irochesi, non sarebbe strano: loro capirebbero. Perché fra i Winnebago si narrava che se, nel raccogliere piante medicinali, si dice loro di cosa si ha bisogno e si chiede loro di usare la loro forza a questo scopo, le piante esaudiranno la richiesta. Fra gli Irochesi si dice che quando si trova la pianta cercata, è bene pregarla per ricevere il suo aiuto. Lei dirà alle altre piante di che cosa avete bisogno, e quando le raccoglierete la loro medicina sarà forte e potente.
Molti scienziati sono rimasti sorpresi dal fatto che Luther Burbank, George Washington Carver e persino il premio Nobel Barbara McClintock hanno tutti affermato che sono state le piante a dire loro cosa fare e hanno rivelato loro i propri misteri. L’unico requisito, commentavano, era che dovevano avere cura delle piante, trattarle con rispetto, sviluppare un sentimento per loro. Anche questo non sembrerebbe strano ai Winnebago, fra cui si diceva che le persone devono trattare le piante come fossero esseri umani, tributare loro delle offerte adeguate e trattarle con rispetto se desiderano il loro aiuto. E non sarebbe strano neppure per la bimba di quattro anni che sta seduta a parlare con i fiori.
Gli scienziati hanno scoperto che le specie vegetali possono contenere sostanze molto diverse a seconda del momento del giorno, della settimana o del mese in cui vengono raccolte. E sebbene i medici ridessero di loro, i guaritori popolari degli Appalachi avrebbero capito e non si sarebbero sorpresi. Perché fra loro si sapeva che una certa pianta andava raccolta solo al mattino prima che la rugiada sparisse dalle foglie, mentre un’altra si poteva raccogliere solo alla luce della luna piena.
Da molto tempo le piante sono nostre maestre e guaritrici. Questo, i Cherokee e i Creek l’hanno capito parecchio tempo fa. Fra loro si diceva che le piante avevano pietà delle sofferenze dei loro figli, gli esseri umani, e che ciascuna pianta offriva un rimedio per guarire una delle malattie del genere umano. C’è una profonda saggezza in questo. Pensare a noi stessi come figli delle piante infonde naturalmente un legame familiare. Sposta la percezione del nostro rapporto dal considerare le piante come risorse al vederle come membri anziani e premurosi della stessa famiglia. E soprattutto, il potere sta nelle piante, non in noi. Noi siamo i figli: loro non sono nostra proprietà. Come tutti i figli, quando ci facciamo male, la natura del nostro rapporto con le piante ci porta a desiderare il loro aiuto. Quando gli antichi Greci chiamavano certe piante ambrosia – donatrici di vita – capivano questo concetto.
Gli antichi nomi greci e romani, popolari e indigeni delle piante e i relativi usi sviluppati nel corso dei millenni derivano da questa prospettiva. L’uso delle piante come medicinali ci lega, come popolo, a quelle antiche tradizioni, all’ambiente di cui facciamo parte e da cui nasciamo, ai significati che le piante generano. Da un milione di anni l’uomo viene curato dalle piante.
Staccandoci emotivamente dalla Terra e dalle piante, abbiamo perso la comprensione di questi legami e relazioni reciproche. Abbiamo permesso la scomparsa di specie vegetali, la perdita di salute negli ecosistemi e nel nostro corpo, e il senso stesso di chi siamo.
L’importanza di ritornare alla biofilia
La perdita del legame con le piante, con la terra, con il pianeta, lascia incolmato un vuoto che abbiamo naturalmente fin dalla nascita. Non importa quanto Ritalin® o Prozac® riversiamo in questo vuoto: nessun farmaco sintetico potrà mai riempirlo, e i semplici rapporti umani non riusciranno a guarirlo. Le patologie nascono da un vuoto incolmato, da una perdita di contatto e comunicazione con la natura. Il vuoto in noi possiede forme particolari: quella di una pietra o di un albero o di un orso. Non solo le piante sono nostre maestre e guaritrici; non solo le piante fanno parte della nostra comunità vivente; non solo le piante hanno un linguaggio che conosciamo da tempo.
Senza un profondo contatto con la terra, i nostri guaritori hanno un approccio soltanto antropocentrico: le loro teorie sulla salute umana nascono isolate dall’ambiente in cui ci siamo evoluti. Contengono lo stesso errore categorico che contengono tutte le scienze riduzionistiche. La soluzione è ritrovare il legame con il mondo naturale e l’intelligenza vivente della terra. La soluzione è ripristinare la nostra capacità di usare il cuore come sofisticato organo di percezione. E questo va ben oltre l’esplorazione di emozioni sentimentali come l’amore o la tristezza o la paura. Sfocia nella capacità di pensare in modo sofisticato con i complessi emotivi che ci giungono dal tocco del mondo sul nostro cuore. Ci permette di identificare le migliaia di emozioni senza nome che quotidianamente attraversano i volti di coloro che incontriamo. Ci permette di comprendere il punto di vista del mondo esterno e di ascoltare il linguaggio delle piante.
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L’autore:
Stephen Harrod Buhner è un poeta della Terra e autore pluripremiato di 20 libri su natura, culture indigene, ambiente e medicina erboristica. Viene da una stirpe di guaritori, fra cui Leroy Burney, Chirurgo Generale degli Stati Uniti durante la presidenza di Eisenhower e Kennedy, ed Elizabeth Lusterheide, levatrice ed erborista che lavorava nelle campagne dell’Indiana all’inizio del XIX secolo. A influenzare principalmente il suo lavoro, però, è stato il suo bisnonno C. G. Harold, che utilizzava molto l’erboristeria quando iniziò a lavorare come medico nell’Indiana rurale del 1911. Gli scritti di Buhner sono citati dai media di tutto il Nord America e l’Europa, come Common Boundary, Apotheosis, Shaman’s Drum, New York Times, CNN e Good Morning America. Buhner tiene ogni anno conferenze negli USA su temi come la medicina erboristica, la sacralità delle piante, l’intelligenza della natura e gli stati mentali necessari per abitare al meglio la Terra. È un instancabile sostenitore della reintroduzione nella società americana dell’artista esploratore, dello studioso indipendente, del naturalista amatoriale e dello scienziato cittadino, specialmente come contrappeso per l’influenza della scienza e della tecnologia dominate dal mondo corporativo.
I libri più recenti di Buhner sono:
• Plant Intelligence and the Imaginal Realm: Beyond the Doors of Perception into the Dreaming of Earth (Bear & Company, 2014) (seguito di The Secret Teachings of Plants, Bear & Co., 2004);
• Healing Lyme Coinfections: Complementary and Alternative Treatments for Bartonella and Mycoplasma (Healing Arts Press, 2013);
• Herbal Antivirals: Natural Remedies for Emerging & Resistant Viral Infections, Storey Publishing, 2013.
Stephen Harrod Buhner può essere contattato tramite The Foundation for Gaian Studies, Silver City, New Mexico, USA; e-mail [email protected]; sito Web http://gaianstudies.org. La versione integrale di questo articolo è disponibile all’indirizzo http://gaianstudies.org/articles2.htm.
Questo articolo è tratto da NEXUS n. 112, Ottobre – Novembre 2014 (per informazioni ed acquisto, CLICCA QUI)
Sullo stesso argomento ti suggeriamo anche la lettura dell'articolo La Musica delle Piante a firma di Simone Vitale, sull'ultimo numero di NEXUS New Times (disponibile in edicola e nel nostro shop):
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