Nell'altro televisore invece, il mondo dei fumetti. Complici le sabbie del Medio Oriente, che tolgono profondità a ogni paesaggio, ci troviamo in una specie di universo artificiale, piatto e infinito, che assomiglia sempre più a un video-game nel quale i protagonisti fanno e dicono quello che vogliono, liberi da obblighi consequenziali, e senza nessun legame realistico con il mondo che ci circonda.
Nel mondo reale, la Corea fa un piccolo test atomico – stiamo parlando di un ruttino nella tempesta, visto che la "bomba" coreana testata ieri arrivava si e no a 15 chiloton, quando la bomba di Hiroshima era di 12, e oggi ci sono testate multiple in grado di portare dozzine di bombe letteralmente mille volte più potenti su venti bersagli diversi – il mondo giustamente si preoccupa, qualcuno fa la voce grossa, altri parlano di un embargo ai materiali radioattivi, altri ancora invocano un intervento delle Nazioni Unite, mentre c'è chi suggerisce che sia sufficiente tornare a un tavolo delle trattative allargato per riportare tutto sotto controllo. Il mondo di una volta, insomma, quello vero, a cui eravano abituati fino a ieri.
Nel mondo dei fumetti invece l'eroe con la giacca da aviatore urla e sbraita dalla sua portaerei, scagliando a destra e a manca i suoi caccia come fulmini di Zeus, poi si mette davanti alle telecamere e comincia a raccontare una serie infinita di bugie assolute, che noi sappiamo benissimo essere tali, ma che per qualche strano motivo accettiamo, "perché siamo nel mondo dei fumetti".
Stranamente, nel mondo reale ci preoccupa che davvero una Corea del Nord possa un giorno mettere insieme un missile in grado di lanciare quello che ora dovrebbero comunque trasportare con un ridicolo cargo aereo, se davvero volessero colpire qualche paese circostante. Pensate, avrebbero la "bomba atomica", ma non hanno nemmeno i razzi per lanciarla. Nel mondo dei fumetti invece non ci si preoccupa affatto – quella evidentemente è una fase narrativa che nei fumetti si può saltare a piè pari – e si passa direttamente a minacciare di invasione armata un paese che ha solo pronunciato la parola "nucleare".
Questo paradosso sarebbe anche accettabile, visto che in fondo la differenza fra mondo reale e mondo dei fumetti è proprio quella: nel secondo può succedere quello che vuole, e anche se tutto è esagerato alla fine chi muore si rialza, si dà una spolveratina, e ricomincia come se nulla fosse successo.
Il problema è che mentre di qua, nel mondo reale, si parla e basta, nel mondo dei fumetti le guerre si stanno facendo davvero, la gente sta morendo davvero, e ogni volta che un morto cade a terra non si rialza più.
Ogni volta che un morto cade a terra – americano o arabo che sia – ci saranno dei bambini che piangono, e ci saranno nuove generazioni che si porteranno dentro il seme dell'odio e della vendetta.
Tutto questo avviene perché noi permettiamo che avvenga. La nostra percezione ormai distorta di cosa sia la realtà e cosa sia il mondo dei fumetti, permette ai protagonisti dei secondi di agire indisturbati all'interno di una storia che sono riusciti a far apparire virtuale, mentre è assolutamente, tragicamente reale.
Ci siamo lasciati colonizzare la mente, con le immagini delle torri colpite ripetute miliardi di volte, ripassate sul nostro cervello come si ripassa una decalcomania con il ferro caldo, e più o meno inconsciamente siamo ormai tutti convinti che siamo in medio oriente a combattere "un qualche cosa" di giusto. Che sia il terrorismo, l'Islam, o il male comune, a questo punto poco importa. Accettiamo che lo si combatta, e questo è ciò che conta.
A mente fredda invece dovremmo essere tutti in grado di riconoscere il mostruoso paradosso che stiamo avallando con il nostro silenzio, e il parametro che ci è stato momentaneamente offerto dalla Corea del Nord potrebbe essere un'utile occasione per ricordarci com'era fatto il mondo in cui vivevamo fino a ieri.
(Tratto da www.luogocomune.net)