In questi giorni anche qui nella nostra redazione abbiamo atteso la fatidica data di ieri in cui gli elettori greci si sarebbero espressi sul Sì o sul No all'ultima possibilità di accordo tra il governo di Atene e i creditori (la cosiddetta Troika). Senza particolari aspettative, a dire il vero, consapevoli che spesso in Occidente la cosiddetta "democrazia" è stata usata per ingabbiare i popoli più che per favorirne un processo di autodeterminazione.
Positivamente stupiti, ieri sera, nel vedere invece che il popolo greco, stremato, sembra non aver dato retta alle sirene che suscitavano la paura di un "salto nel buio". Forse perché non si votava sulla permanenza di Atene nell'Euro, forse perché il buio e la paura la maggioranza dei greci l'ha vissuta in questi anni di Austerità, che è sembrata avere poco di realmente "austero" e molto di sadico: basta fare una ricerca approfondita in rete per verificare il numero di greci in condizione di indigenza, i bambini che svengono dalla fame nelle scuole, gli insegnanti costretti a lavorare gratis, e aggiungete pure voi tutte le condizioni di "progresso" che le politiche imposte dall'Unione Europea hanno comportato. Ma anche consapevoli che, questa volta, vi è un relazionarsi diverso della Grecia con il mondo in seguito al varo del governo Tsipras, un governo di unità nazionale tra la sinistra anti-austerità di Syriza e la destra euro-critica di Anel (impensabile in Italia), ovvero la costruzione di nuovi rapporti con i paesi BRICS e in particolare con la Russia. In un articolo del 26 gennaio scorso ci chiedevamo ad esempio se gli elementi di contatto tra Alexis Tsipras e Mosca sulla crisi ucraina non avrebbero favorito un possibile, diverso, allineamento geopolitico della Grecia. Oggi, dopo la vittoria del No al referendum con un margine così ampio (oltre il 61%), ci si potrebbe chiedere se la chiave di volta che ha permesso al governo greco di trattare con disinvoltura con la Troika, sino allo scacco matto del referendum a sorpresa e della enorme vittoria di ieri, non possa essere stata proprio l'appoggio della Russia di Putin, che ha promesso ad Atene investimenti cospicui in cambio del passaggio sul suolo greco del gasdotto Turkish Stream, sostituto del South Stream dopo la decisione russa di bloccare il progetto in seguito alle sanzioni anti-russe dell'Unione Europea. Un progetto energetico che risulterebbe allora foriero di sviluppo economico per un paese… alla canna del gas (mi si perdoni la battuta) come la Grecia, e anche di pacificazione: sia all'interno di una società martoriata come quella greca, sia nella penisola balcanica. Certo, di mezzo ci sono i cosiddetti Stati Uniti d'America (che di americano hanno poco) e i loro instrumenta regni (o meglio, instrumenta perturbationis, strumenti di perturbamento), ma ieri due di loro sono rimasti a bocca asciutta: il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea. Ne rimane un terzo: la NATO. Ma la Provvidenza, si sa, vede e provvede. E i greci hanno deciso, in modo inequivocabile, di riprendersi il loro potere, la loro vita. Sapendo forse di non essere soli.
Notizie sul referendum:
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