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    Il settimo giorno il professore riposò

    A volte, per insistere troppo ciecamente a voler dimostrare una tesi, si finisce per dimostrare il suo esatto contrario. Il professor Davies, fisico dell'università della Arizona, ha sostenuto al recente simposio della AAAS (American Association for the Advancement of Science) la possibilità che la vita si sia sviluppata sulla terra più di una volta, e che i discendenti di questa prima "genesi" sopravvivano oggi in quella che lui ha chiamato una "biosfera ombra", nella forma di strutture chimiche primarie intrappolate in alcuni fra i terreni più inospitali della terra, come deserti, laghi salati, zone con temperature o pressioni estreme. Tali “resti di un’altra vita” potrebbero essere sfuggiti alla nostra attenzione, secondo Davies, perchè sono forme biologiche basate su una struttura molecolare diversa da quella che noi normalmente riconosciamo nelle forme viventi. “La vita potrebbe essere basata sul DNA o RNA – ha detto Davies – ma con un codice genetico leggermente diverso, o con diversi aminoacidi”. Ma lo scopo di Davies va ben oltre la semplice scoperta di eventuali resti di tipo biologico: "Personalmente, mi interessa solo stabilire se la vita ha avuto luogo più di una volta. Se scoprissimo che si è creata due volte dal nulla, significa che questo deve essere successo dappertutto nell’universo. L’universo sarebbe formicolante di vita, con ottime probabilità che noi non siamo soli.” A sua volta Davies sostiene che tali forme di vita "arcaiche" potrebbero aver avuto origine su altri corpi celesti. Siamo quindi alla famosa Equazione di Drake – che calcola statisticamente le probabilità che la vita sia nata anche altrove nell’universo – con la base di partenza moltiplicata per due. Non è una differenza da poco, poichè una base di partenza doppia accrescerebbe queste probabilità di un’intera magnitudine. “Se potessimo creare molecole che si comportano come esseri viventi – ha detto Davies – potremmo metterci a cercarle nell’ambiente circostante”. Quasi a proseguire il suo discorso, il professor Brenner dell’università della Florida ha dichiarato: "Annunciamo oggi il primo esempio di sistema chimico sintetico artificiale capace di evoluzione darwiniana”. “E’ vivo? – ha proseguito Brenner – Beh, posso dirvi che non è in grado di sostentarsi da solo. Ci vuole uno studente che si occupi di nutrirlo, di tanto in tanto. Però si evolve." La molecola – spiega l’articolo della BBC – è essenzialmente una versione modificata del nostro DNA a doppia elica, ma con sei “lettere” nel codice genetico, invece di quattro. Questi nucleotidi si accoppiano in lunghe sequenze, che sono in grado di replicarsi, ma solo con l’aiuto di enzimi di polimerasi e di calore. "A volte avvengono errori, nella replicazione – ha detto Brenner – e questi errori vengono mantenuti nella generazione seguente, cioè il sistema si evolve.” “Il passo seguente – ha concluso – è di applicare la selezione naturale, per vedere se è in grado di evolversi sotto la pressione del processo selettivo. La definizione comunemente accettata di “vita” è una molecola capace di evoluzione darwiniana, per cui stiamo cercando di creare molecole capaci fare quello.” Restiamo quindi in attesa che la molecola a 6 nucleotidi, a furia di sbagliare nel replicarsi, diventi un Leonardo da Vinci (ci si potrebbe anche accontentare di un Berlusconi, in questo caso), perchè quel giorno il professor Brenner rischia di restarci davvero molto male, vedendo il suo homunculus che si alza sulle zampe posteriori e si domanda : “Ohibò. E io come mi trovo qui? Chi sono? Da dove vengo? Dove sto andando?” Poi l’homunculus si guarda in giro e dice: “Boh. Io non vedo nessuno. Vorrà dire che mi son creato da solo, per caso.” Non sa infatti l’homunculus – e lo dimentica lo stesso professore – che è stato proprio lui a “crearlo” con il DNA già fatto, e poi ad assisterlo amorevolmente, con un boccone di qui e una scaldatina di là, finchè è diventato adulto. Un pò come il Dio biblico, che infondeva alla materia il suo soffio vitale per trasformarla in un essere vivente, e poi ne aiutava la crescita circondandolo di risorse naturali adatte alla sua sopravvivenza. Pensate invece a quali paradossi può arrivare la cecità scientistica di oggi: un noto professore, un emerito fisico, un rispettabile scienziato, dice testualmente di “aver creato” una forma di vita, per dimostrare che la vita è in grado di nascere da sola. E’ lui il dio di quella creazione, e nemmeno se ne accorge.

    tratto da luogocomune



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