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IL SIGNORE DELLA CITY di Orsola Casagrande

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Intervenendo
ad un dibattito organizzato dal comitato inglese contro la guerra,
Mehmet, un profugo afghano, ha ricordato che "nell’assurdità
violenta e drammatica di questa guerra condotta da Usa e Gran Bretagna
contro il mio paese, c’è una cosa che rende ancora più tragico quello
che sta succedendo: bin Laden è un prodotto del vostro mondo, di quel
mondo occidentale e civilizzato che oggi spara missili contro la
popolazione inerme e ridotta alla fame dell’Afghanistan".


Ha ragione Mehmet, si è detto e scritto ormai tante volte. Ma la
memoria dei "potenti", come si sa, è corta. Cortissima quella
di Tony Blair, alleato di ferro del presidente americano George W. Bush,
che promette di "distruggere il terrorismo in maniera permanente e
totale" e che lancia la sua "fatwa" civile e occidentale
contro bin Laden e il regime dei Taleban che lo proteggono, "un
governo retrogrado, che non rispetta i diritti umani e che tratta le
donne senza alcun rispetto e in maniera violenta e repressiva".
Anche con i soldi inglesi.


La memoria corta di Blair fa sì che nessuno o quasi parli più di
quanto stretti fossero i legami di bin Laden con il Regno unito e non
solo negli anni ’80, quando cioè Whitehall e Washington pompavano
miliardi nelle casse dei "guerrieri musulmani" impegnati a
combattere i sovietici in Afghanistan. Nel 1994 Osama bin Laden arrivò
indisturbato a Londra, visse a Wembley per qualche mese, il tempo per
mettere in piedi un ufficio nella capitale noto con il nome di "Advisory
and Reformation Committee". Il portavoce del comitato, impegnato a
lanciare fatwa e a inneggiare alla jihad via fax dal suo appartamento a
Dollis Hill, era il "rispettabile" uomo d’affari saudita
Khalid al-Fawwaz.


Da Londra al-Fawwaz, amico di molti giornalisti e personalità,
organizzava viaggi e interviste nella base di bin Laden in Afghanistan e
nel frattempo faceva propaganda soprattutto contro il regime saudita. Ad
un certo punto i legami di bin Laden con la Gran Bretagna erano
diventati talmente forti (e imbarazzanti) che il governo americano si
trovò di fronte alla richiesta di inserire anche il Regno unito nella
lista nera dei paesi che sponsorizzavano il terrorismo. Non solo: molti
dei stati arabi oggi considerati possibili obiettivi da Blair e Bush,
avevano apertamente accusato la Gran Bretagna di offrire ospitalità a
estremisti musulmani ricercatissimi.


Negli anni ’80, quando il nemico da combattere era l’Unione sovietica, i
corpi speciali di sua maestà, le Sas, offrivano (in Scozia)
addestramento ai "guerrieri musulmani" che ricordano con una
certa gratitudine la tappa inglese, prima di andare ad arruolarsi
nell’esercito di bin Laden. Almeno duemila persone l’anno (negli anni
’80 e ’90), la maggior parte sostenitori della Jihad, fecero di Londra
la loro base per chiamare a raccolta i fratelli musulmani e prepararli
alla guerra santa: avevano scelto l’Inghilterra per le "tradizioni
di democrazia e giustizia". Ma oltre a predicare e addestrarsi,
raccoglievano fondi e riciclavano denaro sporco destinato alle
organizzazioni come quella di bin Laden.
Oggi il governo Blair ha messo al bando praticamente tutte le
organizzazioni mediorientali e non solo quelle: la nuova legge
antiterrorismo infatti è tra le più repressive e onnicomprensive (il
concetto di terrorismo è estremamente ampio e quindi applicabile anche
a tre amici con materiale ritenuto sovversivo) d’Europa
.
Non è un caso dunque che di fronte alle accuse del parlamento francese
– la Gran Bretagna continua ad essere un paradiso per il riciclaggio di
denaro sporco da parte delle organizzazioni terroristiche – il premier
Tony Blair abbia reagito in maniera molto poco diplomatica liquidando il
rapporto come "offensivo, male informato, pieno di errori e quindi
totalmente inesatto". Ma nelle 400 pagine redatte dal socialista
Arnaud Montebourg si spiega in dettaglio come la City abbia permesso
l’espansione del riciclaggio, grazie al suo severo codice di
confidenzialità. Nonostante la dura reazione di Blair, il rapporto ha
trovato conferme nell’indagine che da mesi la Bbc News Online sta
conducendo. Anche i giornalisti britannici sono arrivati alla
conclusione che il sistema messo in atto dal governo per combattere il
riciclaggio di denaro sporco è totalmente inadeguato.

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