fbpx
sabato - 2 Novembre, 2024

Dal 1995 l'Informazione libera ed indipendente

Elevate your accessory game with OpClock's premium selection of Rolex Replica and meticulously designed replica watches. Explore now and redefine luxury.

IL TEMPO DEL GRADO ZERO di Paolo Cortesi

Data di pubblicazione:

Ultimi articoli

Nexus New Times # 166

NEXUS New Times Nr.166: autentico e autorevole è ora disponibile! Gentili lettori, ci scusiamo per il ritardo d’uscita del presente Numero causato principalmente dalle novità straordinarie...

Articoli più letti

Nexus New Times # 166

NEXUS New Times Nr.166: autentico e autorevole è ora disponibile! Gentili lettori, ci scusiamo per il ritardo d’uscita del presente Numero causato principalmente dalle novità straordinarie...

Social Network

21,000FansMi piace
5,000FollowerSegui
10,600IscrittiIscriviti
spot_img
Condividi l'articolo:


Così scriveva Nicola Chiaromonte agli inizi degli Anni Cinquanta del secolo scorso, in un pamphlet che si intitolava “Il tempo della malafede” e che era indirizzato contro l’ideologia comunista e gli intellettuali che vi aderivano.
Chiaromonte aveva ragione: mezzo secolo fa le ideologie – rosse e nere, senza fondamentali distinzioni – esigevano che i propri fedeli abiurassero l’adesione al reale, e sposassero senza condizioni “la linea” indicata dal partito o dal capo.
Cinquant’anni fa, l’atteggiamento conoscitivo ed il giudizio politico erano stabiliti dall’ideologia: così accadeva che Sartre si sentiva in colpa per non essere nato proletario ed Evola agognava una società ferocemente gerarchizzata, allucinato laboratorio in cui si mescolavano feudalesimo misticheggiante e razzismo spirituale.
Mezzo secolo fa, la malafede – per continuare ad usare il termine di Chiaromonte – era una sorta di grimaldello con cui gli opposti schieramenti cercavano di forzare la coscienza e la volontà di quanta più gente possibile.
E l’impiego di “menzogne utili” era così sistematico che riuscì a sostituire, in moltissimi, la realtà: ciò che accadeva era ciò che stabiliva il capo; l’effettiva sequenza degli eventi non contava: contava solo quello che il capo (o l’oligarchia dei capi) diceva che era accaduto.
Tutto ciò fa ormai parte del passato, fortunatamente. Ma la riflessione di Chiaromonte sulla malafede è oggi ancora molto interessante e ci può suggerire riflessioni importanti.
Chiediamoci infatti: se cinquant’anni fa, in piena guerra fredda, era il tempo della malafede, oggi come definiremmo il nostro tempo? Qual è il nostro attuale rapporto con la realtà? Cosa sosteniamo? Fino a che punto siamo/saremmo disposti a credere più ad una linea ideologica che all’evidenza dei fatti? Insomma: il nostro è un tempo di malafede o no? La brutta lezione dello scontro fra blocchi nemici ci ha insegnato qualcosa? Dovremmo, infatti, essere vaccinati contro il morbo della malafede, di cui abbiamo visto quanto può essere epidemico e mortale. Dopo l’imbarbarimento delle “credenze mantenute a forza in odio di altre”, dovrebbe essere succeduto – se non altro per naturale salvaguardia – il rinascimento di un pensiero libero, aperto, mai dogmatico, mai definitivo ma disponibile al leale confronto e al progressivo arricchimento.
Ma è così? Cosa è seguìto al mondo di menzogne che faceva giustamente inorridire Chiaromonte?
Il nostro non è il tempo della malafede, non ha credenze da imporre con la forza o con la suggestione perché è un tempo senza idee. Noi non abbiamo da imporre massimi sistemi sociali e politici perché non ve ne sono più, e quelli di cui si parla sono come entità superiori ma così remote da sfumare nel mito o nella storia antichissima, come i draghi, come i dinosauri.
Parlo, è chiaro, delle idee diffuse tra la gente, non dei giochini accademici ad uso dei professori d’università. Parlo di ciò che potrebbe essere definito minimo comune patrimonio culturale della società.
La malafede è diventata patrimonio riservato alla minoranza di coloro che per interesse o per professione si occupano di “credenze mantenute a forza”.
Il nostro tempo ha come coordinate ideali (non ideologiche, ma ideali) pseudovalori quali la prestanza fisica (essere magri, avere addominali scolpiti, essere belli), la ricchezza (se sei ricco sei in gamba, non importa come hai fatto i soldi), il potere ed il suo mantenimento ad oltranza.
Questi pseudovalori sono sempre stati ambìti, ma lo erano all’interno di (o nonostante) una cornice ideologica di riferimento che conteneva, ed interpretava, tutto l’insieme della vita umana collettiva e individuale, secondo canoni che potevano essere religiosi o filosofici.
Ma questo odierno sistema ideale – autoreferenziale e gracile – è già qualcosa: anche se miserabile, il sogno di una ragazzina di essere bella, magra, fidanzata a un calciatore e inseguita dai fotografi è pur sempre uno scopo, una meta.
Da alcuni anni a questa parte si sta imponendo il “grado zero” della condizione umana ed è l’assenza anzi il rifiuto del pensiero e della consapevolezza, che ha per conseguenza la violenza gratuita, il vandalismo, il gusto della devastazione e della rovina.
Oggi ogni fenomeno sociale, dalla fiera di paese al corteo di massa, è occasione per scatenare la furia bestiale distruttrice. Pensate ai cosiddetti festeggiamenti per la vittoria della squadra italiana ai campionati mondiali di calcio, che sono stati una notte di guerriglia urbana.
Pensate alla festa di Halloween – importata a freddo ed imposta ad arte in Italia – che, seppure recentissima, è già diventata la festa dei cassonetti incendiati, vetrine fracassate e pneumatici squarciati.
Chi ha conoscenza delle antiche cronache italiane, noterà un fatto singolarissimo: gli atti vandalici ed il teppismo erano un tempo sconosciuti. Avvenivano azioni di devastazione e saccheggio, questo è certo, ma sempre e soltanto come episodi di rivolte o colpi di stato, quando ad esempio si cacciava un signore o avveniva l’invasione di una città. La distruzione, insomma, non era mai un episodio isolato e fine a se stesso, come invece accade nel nostro tempo; un tempo in cui (la notizia è proprio di questi giorni) un videogame vede vincitore colui che seppellisce viva una bambina.
“La distruttività” spiega Charles Badenat “è indipendente, nello stesso tempo, dal livello mentale dell’individuo, come dalla sua educazione, dall’oggetto considerato, come dai mezzi usati per distruggerlo. Essa induce a mordere, lacerare, ardere, devastare, demolire, sconvolgere, affogare, strangolare, avvelenare, assassinare, per il piacere di annientare le cose, di torturare e di vedere soffrire gli esseri animati”.
Dovremo dunque ricorrere alla psichiatria per tentare di comprendere il nostro tempo?
Jean Josipovici ci parla con dura chiarezza: “L’enorme senso d’insicurezza che l’epoca moderna diffonde, si trasforma da un individuo all’altro in fenomeni d’ansia, che proiettano davanti a loro immagini di morte. Il decorso di una malattia somatica o psichica dipende essenzialmente dall’attrazione che il soggetto prova verso la vita o verso l’annientamento. Ma, considerato che il complotto universale si accanisce con tutti i mezzi visibili e invisibili a indebolire ogni attaccamento vitale, il dilemma pende sempre più a vantaggio del non-essere. Infatti, il problema umano fondamentale, la vita o la morte, non si pone più perché mai l’uomo ha avuto altrettanta coscienza che il suo destino finale è orientato verso il crudo nulla. I trionfanti istinti di morte si accontentano di mascherare questa involuzione come un ritorno alla pace della materia inorganica”.
Assistiamo all’irrompere dell’entropia anche nella dimensione della socialità?
Com’è noto, tutti i sistemi fisici tendono all’entropia, cioè all’aumento progressivo ed irreversibile del disordine e del dispendio energetico. Accade qualcosa di simile anche in una realtà non fisica, ma culturale e ideale qual è la civiltà?
W. Iwanow ha espresso con una sola frase potente il male del secolo: “Sembra che l’uomo non sia mai stato così disfatto e fluido e, contemporaneamente, così chiuso e murato in se stesso, così gelido di cuore come oggi”.
Hans Sedlmayr chiama questo tragico processo “perdita del centro”, richiamandosi a Pascal che affermava “abbandonare il centro significa abbandonare l’umanità”.
Molti fenomeni sembrano confermarlo, ad esempio non solo sta enormemente crescendo la quantità di violenza, ma la violenza minorile o addirittura infantile sta paurosamente aumentando. Si è sempre più violenti, e lo si è sempre più presto.
È inevitabile chiedersi quale sia la causa di questa drammatica tendenza. Le risposte tentate sono diverse: alcune fanno riferimento a cause esterne, metafisiche, escatologiche (Satana); altre ad elementi immanenti d’ordine sociale ed economico. Ciò che qui, ora, voglio segnalare ai lettori è semplicemente uno stimolo alla riflessione.
È evidente che si tratta di un processo così imponente che una sola spiegazione non può spiegare in tutta la sua complessità. Ma è ancora più evidente che forze esterne agiscano su un terreno favorevole. Voglio dire: che l’essere umano sia per natura passivo, inerte e quindi aggressivo è un dato di fatto. Ma nei secoli passati le forze sociali educatrici (arte, scienza) si proponevano di correggere la bestialità umana, o almeno di contenerla.
Oggi accade il contrario: le forme di comunicazione di massa diffondono, massicciamente, quotidianamente, messaggi di violenza e distruzione.
Dovremo pure trovare un motivo per cui case editrici hanno messo sul mercato raccolte di figurine che hanno per protagonisti gli eroi del wrestling…
E quali dottrine pedagogiche ci faranno capire perché fabbriche di giocattoli producono pupazzi di quegli stessi lottatori, con grugni rabbiosi, muscoli gonfi e pugni come martelli?
La tendenza generale ha segno negativo. La normalità – questo è il messaggio latente – è nell’abnorme, nell’eccessivo, nello stravolto, nel caotico e nel demente.
Dovremo pur trovare una causa al fatto che ragazzini adolescenti prendono pasticche e porcherie varie solo per curiosità, per provare, per vedere un po’ cosa succede…
Non stupitevi, anime candide, se i ragazzi si spappolano il cervello con le droghe, perché l’ambiente in cui ciò accade è quello stesso che irradia un solo codice fatto di violenza, inconsapevolezza, aggressività.
“Imparate a pensare chiaramente, saprete allora amare con ardore”, scrisse Friedrich Schiller.

Condividi l'articolo:

Potrebbe interessarti anche ...

“Siamo tutti fratelli”

Un'immagine senza commento: Fonte: http://www.maurizioblondet.it/el-papa-el-goi/

Kissinger, il perpetuo mestatore

L'ex segretario di Stato USA Henry Kissinger, autonominatosi portabandiera della guerra mondiale al ...

La “Resistenza verde” sta riconquistando la Libia?

Ad oltre due anni dall'assassinio di Mu'ammar Gheddafi avvenuto il 20 ottobre 2011, il disordine nato dal vaso di Pandora di quella che un...

Lombardia, la minerale gasata (o liscia) è gratis nelle “Case dell’acqua”

 Le case dell’acqua piano piano (Ecoblog ne parlava anche lo scorso anno) stanno diventando un successo, ne sono già 11 in...

Abbonati a Nexus

Eventi Nexus

Nessun evento futuro al momento.

Eventi Segnalati

Iscriviti alla Newsletter

Rimani sempre aggiornato sul mondo Nexus.

[mailup_form]

Conferma la tua iscrizione tramite la mail che riceverai.

Sostieni Nexus Edizioni

spot_img

YouTube