Crow davanti ad una capanna sudatoria
Il potere salutare dei bagni di vapore – utilizzato dagli indiani – è noto sin dai tempi antichi. Il cosiddetto bagno turco era già in voga presso gli antichi Greci, che lo avevano appreso dagli Egizi, e passato poi in tutto all’Oriente. I Romani appresero dai Greci l’uso dei bagni come cura del corpo. Quando in un ambiente il contenuto di vapore acqueo è superiore alla quantità di acqua presente nell’epidermide, si forma sulla pelle uno strato di umidità che apporta calore al corpo. L’azione contemporanea del vapore e del calore aiuta la circolazione sanguigna e linfatica sciogliendo le tossine e favorendone l’espulsione attraverso i pori che si dilatano, mentre l’organismo reagisce e cerca di raffreddare il corpo emettendo appunto il sudore.
Questo è l’aspetto terapeutico della capanna sudatoria (sweat lodge) dei nativi.
Mi dilungo ancora un poco sugli effetti terapeutici dei bagni di calore e prendo a prestito le parole di altri autori.
“Attraverso il sudore, la pelle elimina le tossine in maniera così efficace da essere ribattezzata “il terzo rene”. Se la pelle e i pori, attraverso i quali passa il sudore, fossero completamente chiusi, un essere umano morirebbe entro poche ore. Inoltre una grande quantità di batteri e di agenti virali non può sopravvivere a temperature di poco superiori a 37 gradi.
La struttura di una sweat lodge
Un altro fattore, di non secondaria importanza, è la stimolazione delle ghiandole endocrine. Infatti, aumentando la temperatura del corpo si accellera il metabolismo, i capillari si dilatano ed il cuore batte più rapidamente per tenere testa alla maggiore richiesta di sangue, mentre le impurità, presenti in molti organi del corpo, vengono eliminate. La prova dell’efficacia dell’aumento della temperatura per debellare i microbi ci viene data dal nostro corpo che reagisce all’infezione con la febbre: infatti quando questa è sotto controllo, elimina gli agenti patogeni senza danneggiare il corpo.”
Così si esprime Elena Tagliani nel bel libro Percorsi del Grande Mistero.
Indiani dentro la capanna sudatoria
Continua l’autrice citando un brano di Joseph Bruchac tratto da La capanna del sudore. Storia e leggende:
“In un bagno di vapore, dove le pietre vengono scaldate e l’acqua viene versata su di loro, una grande quantità di ioni negativi viene rilasciata nell’aria. Gli ioni negativi sono molto utili per combattere la fatica e la tensione. Un eccesso di ioni positivi (una condizione comune nelle aree piene di smog e nelle case con un sistema centralizzato di aria condizionata) ha relazione, tra le varie malattie, con l’asma, gli attacchi di cuore, l’insonnia e le allergie.”
L’uso della capanna sudatoria era largamente diffuso in tutto il continente americano. Dai Grandi Laghi al Messico, dalle coste atlantiche a quelle del Pacifico, dagli altipiani alle pianure tutti i Nativi fruivano del bagno di vapore con riti più o meno simili o poco differenti. Quasi ovunque c’era sempre una valenza religiosa. Di testimonianze ne abbiamo in quantità. Conquistadores, missionari, esploratori, trappers e commercianti hanno documentato con ampi resoconti la salutare pratica. Ne esistono anche degli schizzi fatti da George Catlin durante il suo soggiorno presso la tribù dei Mandan.
Una sweat lodge dei Navajo
Anche Lewis e Clark ne parlano diffusamente a proposito dei benefici che un membro della spedizione, colpito da artrite reumatica, trovò nella esposizione ai vapori della capanna sudatoria.
Non sempre, però, l’attento e civile osservatore riuscì a comprendere la vera importanza di quel rito. Molti ne diedero addirittura una travisata funzione terapeutica, come il nostro Giacomo Costantino Beltrami che così scrive, a proposito del tepee sudatorio, in una sua opera, La scoperta delle sorgenti del Mississippi:
“Una costruzione singolare dei Selvaggi. Quando i medici vogliono far sudare un malato, lo chiudono in una piccola capanna fra quattro grosse pietre di differente colore fatte scaldare al fuoco e che, naturalmente, sono altrettante divinità. Il Rosso rappresenta il Dio della Guerra, il nero quello della Morte, il verde quello della salute, e il bianco quello del tempo. Il malato, o l’ispirato, si colloca fra le quattro pietre roventi e vi rimane fino a che, cadendo svenuto, dimostra di non potere più resistere: sarebbe un sacrilegio, naturalmente, chiedere o dire la benché minima frase per essere liberato. Succede spesso che uno vi soffochi, soprattutto se il paziente è un infelice del quale i sacerdoti della Grande Medicina vogliono sbarazzarsi.”
Come dicevo prima la capanna sudatoria esisteva quasi presso tutte le tribù. Però ci risulta che solo presso i Lakota l’uso del bagno di sudore assunse una tale valenza religiosa tanto che la cerimonia dell’Inipi (capanna sudatoria) era uno dei sette sacri riti: Chanunpa (Sacra Pipa), Wiwanyag Wachipi (Danza del Sole), Hamblecha (Ricerca della Visione), Isnati (Rito di passaggio della donna), Tapa Yaq (gioco della palla), Ishna Ta Awi Cha Lowan (Matrimonio Solenne). Tanta era l’importanza di questo rito che nessun'altra cerimonia poteva svolgersi se i partecipanti non erano prima passati a “purificarsi” nella capanna sudatoria. Purificare non solo il corpo ma soprattutto lo spirito. In lingua Lakota Inipi significa “rinascere ancora”. Infatti, nel vapore purificatore del rito, l’individuo rinasce ad una nuova consapevolezza. In proposito dice Joseph Bruchac:
Una sweat lodge dei Cheyenne
“La capanna sudatoria è un luogo dove mettersi alla prova. Chiunque sia mai stato dentro la capanna sa di cosa parlo – quei momenti in cui ti sembra di non poter più sopportare il calore e di dover uscire immediatamente. Dentro la capanna del sudore, se non sei calmo le tue paure aumenteranno il tuo disagio, vero o immaginario che sia. Conquistare queste paure e riuscire a restare dentro fino alla fine della cerimonia rende l’esperienza particolarmente significativa. Là dentro hai affrontato il tuo più grande nemico: te stesso.”
Prima di addentrarci nella ritualità e spiritualità esaminiamo l’aspetto esteriore della capanna e di alcuni oggetti adoperati, con la premessa che tutto è considerato sacro, compreso il luogo dove verrà costruita la capanna che si trova sempre presso una disponibilità di acqua (lago, fiume, ruscello, sorgente).
Struttura della capanna
Si piantano in cerchio nel terreno dodici o sedici giovani fusti di salice bianco. Nelle buche dove saranno piantati i paletti si mettono delle offerte di tabacco, procedendo in senso orario. I teneri fusti vengono scortecciati, curvati nella sommità ed uniti tra di loro con la stessa corteccia fino a formare una cupola avente un diametro di due o tre metri ed un’altezza di circa un metro e mezzo. In quello spazio ci possono stare sedute da otto a dieci persone. I quattro pali principali vengono curvati ed uniti per primi. Essi rappresentano i quattro quadranti dell’universo. Dice Alce Nero:
Una piccola capanna sudatoria
“Quindi tutta la capanna è un’immagine dell’Universo e contiene gli esseri alati, i quadrupedi e i bipedi oltre a tutte le altre cose del mondo, perchè anche questi esseri e cose devono essere purificati prima di poter mandare una voce a Wakan-Tanka.”
Poi, procedendo di quattro in quattro, si piegano e si uniscono gli altri paletti. La giustificazione dell’uso dei rami di salice è duplice. Dice ancora Alce Nero:
“Anch’essi hanno da insegnarci qualcosa, perchè in autunno le loro foglie muoiono e tornano alla terra ma in primavera tornano a vivere. Così muoiono gli uomini ma rivivono nella realtà del mondo di Wakan-Tanka in cui esistono solo gli spiriti di tutte le cose; e questa vera vita noi possiamo conoscerla qui sulla terra se purifichiamo il corpo e la mente in modo da diventare simili a Wakan-Tanka che è la Purezza.”
Il salice è considerato un albero di guarigione poiché i Nativi ne usavano la corteccia per farne un infuso ottimo per curare il mal di testa e altri dolori. La salicina, ottenuta da questa corteccia, fu sintetizzata molti anni dopo e divenne l’acido acetilsalicilico, ovvero l’aspirina.
Al centro della capanna verrà scavata una buca di circa 50 cm di diametro per 40 cm di profondità. Sarà l’altare entro cui verranno poste le pietre riscaldate. Dice Alce Nero:
“Prima conficchiamo a terra un bastone al centro della capanna, poi tracciamo un cerchio attorno a questo punto con una corda di cuoio non conciato.”
Poi si scava la buca avendo l’accortezza di creare una specie di scivolo, inclinato dall’ingresso verso al buca per farvi rotolare le pietre scaldate all’esterno.
Con la terra tolta dalla buca centrale veniva fatto un sentiero, di circa dieci passi, che dall’apertura portava all’altare esterno.
Circa l’orientamento dell’apertura ci sono delle versioni contrastanti.
Alce Nero dice che il sentiero è rivolto ad oriente, mentre Fool Crow, capo cerimoniale dei Sioux Teton, costruisce l’ingresso della Capanna Sudatoria sempre rivolto ad Ovest. Elena Tagliani sembra eliminare la controversia dicendo che gli Heyoca (i contrari), ed Alce Nero lo era, l’ingresso lo facevano sempre rivolto ad Est. Ecco perchè altri autori parlano sempre dell’apertura ad Est, prestando fede alla versione di Alce Nero, senza porsi altra diversa interpretazione. La buca al centro della capanna costituisce l’altare interno. Tutto il terreno interno viene livellato, pulito e spazzolato con attenzione. Lungo il perimetro interno si stende un letto di salvia su cui siederanno i partecipanti al rito. Adesso la struttura viene ricoperta accuratamente con pelle di bisonte in modo che né aria e né luce possano penetrare all’interno. Spesso per la copertura venivano usate anche pelli di altri animali. Anche la copertura, come la struttura dei pali, ha un preciso significato simbolico. Così ce lo descrive il Bruchac:
” Dentro la capanna, la copertura è come il cielo notturno sopra la testa. O come la pelle di un grande animale nel cui corpo ti trovi seduto. O come la pelle ed il corpo della tua stessa madre al tempo in cui non eri ancora nato. Una capanna coperta con la pelle di un animale potente, quale l’orso, poteva avere poteri speciali. Una volta che la capanna è stata coperta, non importa quale sia la copertura, essa diventa una creatura vivente.”
Dunque la capanna è considerata come un corpo vivo e molto potente, all’interno del quale si ritrovano salute ed energia, lucidità e chiarezza nella visione delle cose.
Altare esterno
Situato ad una diecina di passi dal’ingresso della capanna, al termine del sacro sentiero, viene eretto un tumulo di terra detto “Unci” (nonna). Attorno ad esso vengono piantati ventiquattro bastoncini, che rappresentano i dodici mesi dell’anno: due per ogni mese a simboleggiare il positivo ed il negativo che risiedono in tutte le cose. Sul tumulo trovano posto il teschio di bisonte e la sacra pipa. Il teschio è rivolto verso Sud, le orbite oculari vengono dipinte di azzurro e riempite di salvia. Appoggiata ad una delle corna viene posta la Sacra Pipa. Per quattro volte la pipa, carica, sarà introdotta nella capanna per essere fumata e per quattro volte verrà posta sul tumulo, diversamente posizionata con il fornello rivolto, di volta in volta, verso uno dei quattro punti cardinali. A volte si pianta anche un’asta la cui metà superiore viene dipinta di rosso e quella inferiore di nero a simboleggiare il giorno e la notte. In cima all’asta viene legata una penna d’aquila, e al centro, dove si uniscono il rosso ed il nero, la coda di un cervo maschio o di una femmina dalla coda nera. Queste quattro cose (il tumulo, il teschio, la penna d’aquila, e la coda di cervo) si possono definire come la chiesa dei Lakota. Dietro il tumulo si posiziona il “fuoco senza fine”.
Peta Owihankeshni – Fuoco Perenne o Fuoco Senza Fine o Fuoco Esterno
È il posto dove si scaldano le pietre. La preparazione del fuoco ha delle regole precise che vanno rispettate. Dice Alce Nero:
“Questo focolare sacro si fa disponendo prima quattro bastoncini nel senso est-ovest, poi mettendoci sopra altri quattro bastoncini nel senso nord-sud; inoltre attorno a questi si mettono dei bastoncini inclinati (come i pali di un tepee), prima a ovest poi nord, quindi a est e a sud.”
La scelta del legno da usare ha una sua importanza, anche se alcuni officianti preferiscono che la legna sia stagionata mentre altri optano per quella tagliata da poco. Essenziale che siano fatte offerte di tabacco spiegando all’albero che la sua legna viene presa per fare una cerimonia sacra. Sebbene qualsiasi tipo di legna vada bene, per il Fuoco Perenne si è soliti scegliere quella di cedro, quercia, abete, robinia, cioè ad alto potere calorico. Prima di accendere il fuoco si posano sulla legna le pietre che devono essere riscaldate. Sulla prima pietra che, riscaldata, dovrà essere introdotta per prima nella capanna viene fatto un cerchio rosso.
Le pietre
Le pietre scelte possono essere di diverso tipo ma sempre dure, rotondeggianti, laviche e prive di quarzo. Devono essere soprattutto resistenti al calore. Da evitare quelle arenarie perchè scoppiano.
Le pietre vanno raccolte in un luogo della natura pulito e positivo, come il letto asciutto di un torrente oppure in montagna. Esse vanno trattate con rispetto, perchè sono vive ed hanno un potere speciale. Attraverso il vapore da loro prodotto, quando incandescenti vengono bagnate, si comunica con gli Spiriti Superiori. Quando vengono raccolte si deve pregare e chiedere perdono allo spirito delle pietre perchè vengono portate via dalla loro casa. Come per la legna si fanno offerte di tabacco. Le pietre minime occorrenti per il rito sono sei, a cui se ne possono aggiungere altre sei. La prima, quella con il cerchio rosso, viene posta al centro della fossa scavata al centro della capanna. Precedentemente dentro questa buca è stato messo un tizzone ardente su cui viene bruciata l’erba ierocloe, il cui fumo profuma e purifica tutto l’ambiente. La prima pietra al centro della fossa è per Maka, la madre terra. Poi, una alla volta, vengono introdotte le altre pietre che vengono posizionate nel seguente modo ed ordine: la seconda ad Ovest, la terza a Nord, la quarta ad Est, la quinta a Sud mentre la sesta viene posta al centro della buca sopra la prima. Questa ultima rappresenta Wakan Tanka. Tutto intorno poi si mettono le restanti sei pietre. Esiste anche un’altra versione circa il posizionamento delle pietre secondo cui la prima pietra, quella con il cerchio rosso, deve essere posta ad Ovest per cui, di conseguenza, la quinta, al centro della buca, è per la madre terra. Immutata la posizione e l’attribuzione della sesta per Wakan Tanka.
Il rito non ha niente di diverso di una Solenne Messa del rito cattolico. Movimenti codificati, canti, preghiere, simboli, essenze profumate ed oggetti sacri; tutti ingredienti presenti, sin dalla notte dei tempi, in qualsiasi rito religioso. Compresa la suggestione e l’autosuggestione indotta, al di là del credere o meno nella funzione in sé stessa, a cosa rappresenta, il fine per cui viene fatta ed in nome di quale Essere Superiore invocato.
Nel rispetto di tutte le Spiritualità e Sacralità, passate e presenti, ritengo che un rito sacro, pur fatto in collettività, resta pur sempre un fatto personale ed intimo. Per questo non entro con voi nella Capanna Sudatoria. Potete farlo voi di persona od approfondendone i particolari consultando i libri da cui ho attinto il materiale che ho assemblato in questo lavoro.
Fonte: Farwest.it
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