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La carne è cancerogena anche per il pianeta

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Si è parlato molto, di recente, dell’impatto della carne sulla salute umana, ma purtroppo si sono trascurati altri aspetti altrettanto importanti: il consumo delle risorse, l’inquinamento idrico, la deforestazione, la degradazione del suolo, la perdita della biodiversità, la violazione dei diritti umani per quelle popolazioni autoctone che vivono nei territori sfruttati dagli allevatori e dagli agricoltori, dello spreco delle risorse alimentari.

 

La sfida della sostenibilità

Per chi segue da tempo questo argomento, è ormai noto che questo mercato non è ecosostenibile né ecocompatibile, in quanto consuma più risorse di quelle che produce ed ha un impatto decisamente negativo sull’ambiente, specialmente nel caso delle carni bovine. Com’è ovvio la quantità di cibo assunto da un animale non produce un’analoga quantità di massa corporea: una parte andrà bruciata dall’organismo per il processo di conversione, cioè il mantenimento delle normali funzioni vitali e per lo svolgimento delle azioni di vita quotidiana, un’altra parte andrà bruciata per la crescita e lo sviluppo della sua struttura corporea, e un’ultima parte verrà infine espulsa come scorie.

In zootecnia il rapporto fra cibo ingerito e crescita dell’organismo è noto come indice di conversione alimentare , definito come la quantità di mangime, espressa in kg, necessaria per depositare 1 kg di peso vivo. Ad esempio, la quantità di mangime che un suino di 30 kg mangia per arrivare al peso di 31 kg. È un valore adimensionale. [1]

Il problema delle risorse necessarie per mantenere attivo questo sistema è talmente gravoso che la FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) ha sentito il bisogno di esprimere la propria preoccupazione in merito, sostenendo che sia necessario trovare “una maggior efficienza dei sistemi zootecnici” per il futuro, nella loro previsione di un aumento della domanda di prodotti alimentari di origine animale, in quanto “tali sistemi sono fonte di preoccupazione sia per il loro impatto ambientale, come l'inquinamento delle falde acquifere e l'emissione di gas serra, sia in quanto potenziali incubatori di malattie, segnala il rapporto, avvertendo che "una sfida inderogabile è quella di rendere la produzione zootecnica intensiva più sostenibile a livello ambientale".

La “sfida” è quindi quella di rendere la produzione zootecnica intensiva più sostenibile, in quanto al momento attuale non lo è per niente. Infatti “a parità di apporto calorico, la produzione di carne bovina richiede 28 volte più terra, 11 volte più acqua e sei volte più fertilizzanti – e libera cinque volte più gas serra – rispetto alla produzione di altre carni, uova e prodotti caseari. Questi alimenti, a loro volta, richiedono da due a sei volte le risorse necessarie a produrre grano, riso o patate per un valore calorico equivalente.” Queste sono le conclusioni di uno studio relativo agli Stati Uniti condotto da ricercatori del Weizmann Institute of Science a Rehovot, in Israele, del Bard College ad Annandale-on-Hudson e della Yale School of Forestry and Environmental Studies a New Haven, negli Stati Uniti, che hanno analizzato i dati dei Dipartimenti dell'agricoltura, degli interni, e dell'energia statunitensi per calcolare il consumo di terreno, acqua di irrigazione, fertilizzanti le emissioni di gas serra necessari a produrre quantitativi equivalenti (dal punto di vista del fabbisogno calorico soddisfatto) delle altre quattro classi di alimenti di origine animale. [3]
Gli autori ci hanno comunque tenuto a precisare che le conclusioni del loro studio locale possono essere comodamente usate per la valutazione della situazione a livello globale.


  
Confronto fra l'impatto in termini di consumo di territorio (a), consumo di acqua (b), emissione di gas serra (c), e uso di fertilizzanti (d) della produzione di una quantità equivalente di proteine da latticini (grigio), carne bovina (rosso) pollame (arancione), maiale (rosa) e uova (blu). I dati relativi alla carne bovina sono talmente elevati da andare fuori scala. Il riquadro (e) indica l'apporto proteico medio nella dieta di un cittadino americano dei diversi tipi di alimenti.(Coretsia G. Eshel et al./PNAS)

 

Così come la FAO, i ricercatori arrivano a sostenere che “a lla luce di queste considerazioni sarebbe importante varare misure legislative correttive che permettano di alleviare le conseguenze ambientali delle politiche alimentari”.

 

L’abuso di farmaci, lo sfruttamento delle risorse alimentari, la deforestazione 
Philip Lymbery, direttore generale della ong CIWF-Compassion in World Farming, nel suo libro Farmageddon ha affermato che “la metà degli antibiotici fabbricati al mondo” finisce all’interno dell’industria degli allevamenti intensivi [4]; basti pensare che solo negli Stati Uniti, il 70% di questi farmaci vengono somministrati agli animali [5], i quali vengono aggiunti nei mangimi solo a scopo preventivo e non per curare patologie o infezioni in atto [6]. 

Viene stimato che il 70% di tutti gli antibiotici prodotti negli Stati Uniti vengano usati nell'allevamento intensivo a scopo non terapeutico ( Keep Antibiotics Working Coalition).

 

Questo ovviamente è un problema serio perché causa la nascita di “super-batteri” antibiotico resistenti che in futuro saranno più difficili da trattare farmacologicamente, come sottolinea anche Lymbery.
Come per gli antibiotici, anche quello dei mangimi è un problema altrettanto grave perché la maggior parte del cereali coltivati al mondo è destinato per l’alimentazione degli animali e non per il consumo umano. Si stima infatti che circa il 6% di tutta la soia (uno dei principali componenti dei mangimi moderni) prodotta al mondo è destinata al consumo umano, mentre il resto finisce interamente negli allevamenti intensivi, soprattutto per quanto riguarda pollame e suini [7]. Nonostante ci siano al mondo oltre un miliardo di persone che soffrono la fame (dati FAO 2009), e la produzione di cereali sarebbe sufficiente per sfamare anche loro, si preferisce ugualmente continuare a sostenere questa industria a discapito di tutte queste persone, cercando “disperatamente” dei metodi per rendere sostenibile un sistema che non sembra avere alcuna via di uscita. Secondo la rivista Nature, le risorse alimentari destinate agli allevamenti intensivi sarebbero in grado di nutrire 3.5 miliardi di persone [8], ma ciò non sembra potersi realizzare perché il 70% dei cereali coltivati nei Paesi sviluppati è destinato agli animali da allevamento.

Oltre al problema dello sfruttamento delle risorse alimentari, abbiamo anche quello della deforestazione: negli ultimi 50 anni infatti un quinto della foresta amazzonica è andato distrutto per la conversione dei terreni in pascoli o per la produzione di soia destinata agli allevamenti. La FAO precisa che la deforestazione causata dagli allevamenti intensivi riveste particolare importanza nei Paesi dell’America Latina e in America Centrale: in quest’ultima l’area boschiva si è ridotta del 40% negli ultimi 40 anni a causa della conversione dei terreni in pascoli [9].
Ma il problema è esteso anche ad altri continenti, come l’Africa e l’Asia.

 

Consumo ed inquinamento delle risorse idriche
L’acqua è la risorsa principale per il mantenimento del bestiame, ma solo una parte è necessaria al loro abbeveraggio. Un’altra porzione importante è destinata per la pulizia delle strutture di allevamento e macellazione, i sistemi di raffreddamento e durante il processo di macellazione. La FAO afferma che in molti Paesi, come ad esempio la Botswana (che meglio esprime il concetto di “water stress”, sempre secondo questa agenzia) il 23% del totale delle risorse idriche nazionali (dati del 1997) è in uso per gli allevamenti e rappresenta il secondo principale fattore di consumo d’acqua del Paese [10], oltre alla previsione che l’incremento della domanda delle risorse idriche aumenterà e che i presenti livelli di produzione di cibi derivanti dall’allevamento intensivo non saranno più sostenibili per poter mantenere sia il bestiame che le famiglie. Inoltre, a livello globale gran parte dell’acqua necessaria alla produzione di cibi animali (98%) è utilizzata per la coltivazione del foraggio [11]. L'UNESCO-IHE Institute for Water Education, per quanto riguarda il consumo di acqua dolce, afferma che “si dimostra più efficiente ottenere calorie, proteine e grassi dai prodotti vegetali rispetto ai prodotti animali.” [12], i quali ne consumano decisamente di più. Questo dato, come abbiamo visto anche precedentemente, è confermato anche da altri studi. La FAO ha dichiarato che il business degli allevamenti intensivi è il settore che maggiormente danneggia le risorse idriche, sempre più scarse, del pianeta, contribuendo altresì ad inquinarle con ormoni, pesticidi, antibiotici (e di questi ne vengono usati tanti, come abbiamo visto), sostanze chimiche provenienti dalle concerie. [13] Basti pensare che il lago d’Aral, uno dei più grandi laghi del mondo, in questi ultimi 15 anni si è completamente prosciugato a causa degli agricoltori che hanno deviato alcuni importanti corsi d’acqua per irrigare i propri pascoli [14].  

 

Perdita della biodiversità, degradazione del suolo, violazione dei diritti umani
Per biodiversità, in ecologia, si intende la molteplicità di esseri viventi nelle loro diverse forme, razze e specie e dei rispettivi ecosistemi in cui vivono [14]. Il ruolo della biodiversità è importantissimo perché essa mantiene l’equilibrio dinamico della biosfera, contribuendo anche a governare i cicli biogeochimici e a stabilizzare il clima. Purtroppo, a causa degli allevamenti intensivi e delle rispettive coltivazioni di mangime, 15 su 24 importanti ecosistemi sono in declino, senza contare che l’inquinamento di fosforo e azoto nel Mar Cinese Meridionale (causato principalmente dagli allevamenti di bestiame) sta contribuendo alla perdita di biodiversità negli ecosistemi marini. Il settore zootecnico infatti è considerato il principale fattore di tale devastazione in atto. 

Per esempio, basti pensare allo sterminio compiuto dai coloni inglesi dell’800 nel nord America a danno delle mandrie di bisonti selvatici per rendere il territorio disponibile agli allevamenti e ai pascoli dei bovini domestici. Nella foto sotto si possono vedere i mucchi di teschi degli animali uccisi dagli allevatori di bestiame: questo rende molto bene l’idea della vastità del massacro compiuto.

Anche la degradazione del suolo è un problema molto importante da evidenziare, in quanto esso non è considerato una risorsa rinnovabile [16]. Il sovra-sfruttamento del terreno e dei pascoli ne sono considerate le principali cause, tanto che la Cina si è recentemente vista costretta a imporre il divieto di pascolo per ripristinare le praterie, in quanto stavano venendo distrutte dal numero sempre maggiore di bestiame domestico. Anche se il luogo dove maggiormente si risente di questi eventi è probabilmente l’America Latina, dove il 70% delle aree disboscate della foresta amazzonica è occupato proprio da pascoli.

I primi a subire i danni di questo business sono i popoli indigeni che vivono nelle aree dove allevatori e agricoltori si contendono il territorio. Uno studio scientifico dell’Università del Maryland rivela che le foreste del Chaco paraguaiano – ultimo rifugio degli Ayoreo incontattati – sono devastate dal tasso di deforestazione più alto al mondo. A provocare la devastazione, si legge nel dossier, è lo “sviluppo degli allevamenti di bestiame”. [17] Ma questa tribù non è la sola a soffrire a causa della devastazione delle aree forestali: la lista è molto lunga. A titolo di esempio cito solo i Guarani, le cui foreste sono state disboscate dagli allevatori di bestiame, costretti a vivere come clochard ai margini delle strade in accampamenti fatiscenti. Poiché queste persone si erano stancate di aspettare l’intervento delle autorità brasiliane sono tornati a rioccupare i propri territori [18] nonostante le continue pressioni (anche manifestate in maniera violenta) da parte degli allevatori, i quali in più occasioni hanno assoldato killer privati per compiere raid violenti ai danni di questa povera gente. [19]

 

In conclusione

Come abbiamo visto, continuare a sostenere un mercato come quello attuale non è possibile, nonostante sia la FAO che altre organizzazioni ribadiscano in continuazione che è necessario trovare dei sistemi per renderlo più sostenibile a livello ambientale, perché considerato importante per la nutrizione umana. Attualmente però non viene fatto assolutamente niente se non far presente i problemi derivanti dagli allevamenti intensivi, il che sarebbe già qualcosa, se non fosse che tali segnalazioni sono sistematicamente ignorate dai media e dai governi. 
Ad esempio si è parlato fino alla nausea della carne inserita nella lista dei “probabilmente cancerogeni” dell’OMS, ma non viene mai specificato nel dettaglio che le carni derivanti da animali malati causano 2.4 miliardi di problematiche di salute nei consumatori, e 2.2 milioni di morti l’anno (vedi punto 8 nelle note e fonti). Anche il problema delle emissioni di Co2 è molto sottovalutato, nonostante gli allevamenti intensivi producano addirittura più anidride carbonica del settore dei mezzi di trasporto [20], e questo è un danno aggiuntivo al fatto che nel contempo interi ettari di foresta vengono distrutti ogni anno per far spazio a queste mostruosità.

Una persona che venga a conoscenza di tutto questo, anche pur non nutrendo alcuna empatia per la sofferenza psicologica e fisica a cui gli animali vengono quotidianamente sottoposti negli allevamenti intensivi, non può comunque ignorare il fatto che la sua scelta alimentare contribuisce a mantenere in piedi un mercato non ecosostenibile e non ecocompatibile, che contribuisce giorno dopo giorno a rendere questo pianeta sempre più inquinato e sempre più povero di flora e fauna. Perfino l’ONU ha lanciato un appello dove consiglia di provare a consumare sempre meno prodotti di derivazione animale [21] per ridurre la devastazione delle risorse del pianeta. E anche questo campanello di allarme si è semplicemente perso nel vuoto cosmico dell’egoismo e dell’indifferenza.

Ora starebbe ad ognuno di noi iniziare un percorso che cerchi di attuare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per fare in modo che le nostre azioni abbiano un impatto ambientale il meno gravoso e dispendioso possibile in termini di consumo di risorse, emissioni di gas serra ed inquinamento in generale.

Note:

1. Indice di conversione alimentare: http://www.agricoltura24.com/indice-di-conversione-alimentare/

2. “Necessaria una maggior efficienza dei sistemi zootecnici: http://www.fao.org/news/story/it/item/117111/icode/

3. “L’impatto ambientale della produzione di carne suina”: http://www.lescienze.it/news/2014/07/22/news/impatto_ambientale_alimenti_origine_animale-2220499/

4. “Farmageddon racconta l’orrore degli allevamenti intensivi”: http://www.repubblica.it/ambiente/2015/02/17/news/philip_lymbery_farmageddon-107532569/

5. “Antibiotic Overuse in Animal Agriculture”: http://blogs.worldwatch.org/nourishingtheplanet/antibiotic-overuse-in-animal-agriculture/

6. “Antibiotici negli allevamenti”: l’utilizzo a scopo preventivo e di routine pone preoccupazioni sulla loro efficacia future: http://www.ilfattoalimentare.it/antibiotici-negli-allevamenti-rischi.html

7. WWF: non “mangiamoci” l’Amazzonia “La soia per allevamenti è la causa della deforestazione”: http://www.lastampa.it/2014/06/03/scienza/ambiente/focus/wwf-non-mangiamoci-lamazzonia-la-soia-per-allevamenti-la-causa-della-deforestazione-HSPsQIi7wmHz2K9trOLS5M/pagina.html 

8. “The 1 billion tonnes of wheat, barley, oats, rye, maize (corn), sorghum and millet poured annually into livestock troughs could feed some 3.5 billion humans” […] “Keep animals healthy. Sick animals can make people sick. In low- and middle-income nations, 13 livestock-related zoonoses (diseases that can infect humans and animals) cause 2.4 billion cases of human illness and 2.2 million deaths each year”: http://www.nature.com/news/agriculture-steps-to-sustainable-livestock-1.14796 

9. “Livestock’ s role in deforestation is of particular importance in Latin America […] In Central America, forest area has been reduced by almost 40 percent over the past 4 decades, with pasture and cattle population increasing rapidly over the same period”: http://www.fao.org/agriculture/lead/themes0/deforestation/en/

10. Pag. 131: ftp://ftp.fao.org/docrep/fao/010/a0701e/a0701e04.pdf

11. Most of the total volume of water (98%) refers to the water footprint of the feed for the animals: http://waterfootprint.org/media/downloads/Report-48-WaterFootprint-AnimalProducts-Vol1.pdf

12. http://waterfootprint.org/media/downloads/Report-48-WaterFootprint-AnimalProducts-Vol1.pdf

13. “The livestock business is among the most damaging sectors to the earth ’s increasingly scarce water resources, contributing among other things to water pollution, euthropication and the degeneration of coral reefs. The major polluting agents are animal wastes, antibiotics and hormones, chemicals from tanneries, fertilizers and the pesticides used to spray feed crops. Widespread overgrazing disturbs water cycles, reducing replenishment of above and below ground water resources. Significant amounts of water are withdrawn for the production of feed.“: http://www.fao.org/newsroom/en/News/2006/1000448/index.html
14. “Il lago d’Aral è quasi scomparso” http://www.ilpost.it/2014/09/28/lago-aral/
15. “Biodiversità": http://www.treccani.it/enciclopedia/biodiversita/

16. “Il suolo è una risorsa non rinnovabile – la sua conservazione è fondamentale per la sicurezza alimentare e il nostro futuro sostenibile.“: http://www.fao.org/3/a-i4373o.pdf

17. “Il tasso di deforestazione più alto al mondo nel territorio degli Incontattati.”: http://www.survival.it/notizie/9918

18. “La comunità indigena cerca di rioccupare le terre che gli appartengono, ma proprietari terrieri e allevatori li tengono sotto assedio”: http://it.peacereporter.net/articolo/24158/Brasile,+Guaran%EC+assediati+dai+uomini+armati

19. ”Ordine di chiusura per un’agenzia di ‘sicurezza privata’ accusata di assassinare i Guarani”: http://www.survival.it/notizie/9541

20. “Cow 'emissions' more damaging to planet than CO2 from cars”: http://www.independent.co.uk/environment/climate-change/cow-emissions-more-damaging-to-planet-than-co2-from-cars-427843.html

21. “UN urges global move to meat and dairy-free diet – Lesser consumption of animal products is necessary to save the world from the worst impacts of climate change, UN report says”: http://www.theguardian.com/environment/2010/jun/02/un-report-meat-free-diet

 

Fonte: luogocomune.net

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