In questo articolo cercheremo di chiarire la concezione dell’uomo esistente nella religione e nel mondo greco tenendo presente che il concetto di uomo nella Grecia antica era molto diverso da quello riscontrabile nella religione cristiana. Naturalmente appare evidente che la concezione dell’uomo presente nel mondo greco era molto influenzata dalla religione olimpica anche se come vedremo in seguito la religione non era l’unico fattore nella antica Grecia in grado di condizionare la concezione dell’uomo che senza dubbio nei vari periodi della storia dell’antica Grecia venne condizionata da fattori che non avevano niente a che fare con la religione ma piuttosto con le condizioni storiche, sociali, psico-sociali, economiche nonché politiche che insieme alla religione determinano la “stimmung” esistente in un dato periodo storico in una determinata nazione o in un determinato popolo.
Prima di cercare di chiarire la concezione dell’uomo presente nella religione greca olimpica riteniamo opportuno definire quali erano le caratteristiche principali di tale religione utilizzando le categorie della storia delle religioni, della sociologia della religione e della storia sociale. Come abbiamo messo in evidenza nel nostro libro “Il ritorno del paganesimo” la religione greca olimpica semza dubbio può essere inclusa tra le religioni nelle quali la dimensione soteriologica era quasi completamente assente dal momento che nella religione olimpica greca il problema relativo alla salvezza dell’uomo dopo la morte non veniva in nessun modo affrontato. Infatti dobbiamo tenere presente il fatto che per gli antichi greci dopo la morte non esisteva nessun premio e nessuna condanna in quanto sia i buoni e sia i cattivi dopo morti finivano nell’Ade un luogo nel quale i morti conducevano una vita molto sbiadita ed infelice che altro non era che una pallida immagine della vita che conducevano sulla Terra. Quindi possiamo dire che anche se è vero che per la religione olimpica gli uomini dopo la morte continuavano ad esistere nell’Ade è altrettanto vero che la loro esistenza e la loro vita nell’Ade era una vita sbiadita, triste al punto tale che Achille nell’Odissea dice ad Ulisse disceso nell’Ade che preferirebbe essere il più misero degli uomini ma vivere ancora sulla Terra piuttosto che il più grande eroe greco della guerra di Troia finito in giovane età nel triste mondo dell’Ade.
Quindi possiamo dire che la prima caratteristica della religione greca olimpica era quella di non essere in grado di offrire nessuna speranza agli esseri umani dopo la morte in quanto in tale religione la dimensione soteriologica era praticamente assente.
In secondo luogo possiamo dire che un’altra caratteristica molto importante della religione greca olimpica era il carattere fortemente antropomorfico che tale religione attribuiva alle numerose divinità ivi comprese quelle che godevano di una posizione di privilegio nell’universo religioso greco.
In un nostro articolo intitolato “La concezione degli dei nei poemi omerici” abbiamo messo in evidenza il fatto che nei poemi omerici viene presentata una concezione degli dei perfettamente in linea con quella riscontrabile nella religione olimpica ragion per cui le divinità omeriche presentano delle caratteristiche fortemente antropomorfiche nel senso che in tali divinità si riscontrano sia le più nobili virtù sia i più abominevoli vizi presenti nella natura umana. Il carattere antropomorfico delle divinità greche della religione olimpica è senza dubbio una delle caratteristiche più importanti di tale religione anche perché non esiste nessuna netta separazione tra il mondo degli dei e quello degli uomini tanto è vero che come si vede nei poemi omerici gli dei interferiscono spesso con le vicende umane anche per motivi molto banali proprio perché le divinità hanno tale carattere fortemente antropomorfico cosicché spesso le loro azioni sono mosse dalle loro passioni e non da criteri razionali.
Un’altra caratteristica senza dubbio molto importante rilevabile nella religione olimpica greca è il problema dell’esistenza o meno della giustizia divina dal momento che a volte sembra che gli dei puniscano e premino gli esseri umani tenendo conto dei loro meriti e delle loro colpe mentre altre volte sembra invece che distribuiscano premi e punizioni in maniera totalmente arbitraria e capricciosa non tenendo conto dei meriti e delle colpe degli uomini.
Il problema dell’esistenza o meno della giustizia divina è ancora più accentuato dal fatto che nella religione greca olimpica esiste il criterio della retribuzione terrena dei meriti e delle colpe degli esseri umani dal momento che l’idea di una retribuzione ultraterrena sia dei meriti che delle colpe degli esseri umani non può assolutamente esistere nella religione greca poiché come abbiamo visto in precedenza dopo la morte gli uomini finiscono tutti nell’Ade indipendentemente dal fatto che abbiano compiuto le azioni più nobili o le azioni più spregevoli. Tutta le volte che in una religione si applica il criterio della retribuzione terrena dei meriti e delle colpe si finisce sempre per avere dei dubbi sull’esistenza o meno della giustizia divina perché si nota con grande evidenza che si verifica il fatto che alcuni uomini indubbiamente malvagi conducono una vita felice e non vengono colpiti dalle punizioni divine mentre altri uomini che a detta di tutti manifestano un comportamento irreprensibile dal punto di vista morale conducono una vita infelice e vengono colpiti da gravi problemi e disgrazie.
Del resto questo problema della giustizia divina lo ritroviamo anche nei primi libri della Bibbia dove esiste ancora il criterio della retribuzione terrena dei meriti e delle colpe. Nel nostro libro intitolato “Bibbia e Corano le principali somiglianze” mettiamo in evidenza come nella storia di Giobbe si nota in maniera clamorosa ed eclatante come presso gli ebrei si dava importanza al problema dell’esistenza o meno della teodicea. Giobbe nella Bibbia è il classico esempio di uomo giusto che viene colpito da una serie di disgrazie fatto che lascia sconcertato sia lo stesso Giobbe sia i suoi amici dal momento che in quel periodo storico nel quale venne scritto tale libro della Bibbia esisteva la ferma convinzione che se un uomo era colpito da gravi e continue disgrazie era un chiaro segno che si trattava di un uomo malvagio che subiva la punizione divina proprio a causa del proprio comportamento abominevole ed immorale. Come abbiamo evidenziato in tale nostro libro questo problema dell’esistenza o meno della teodicea viene risolto nel mondo biblico solamente quando si passa dal criterio della retribuzione terrena a quello della retribuzione ultraterrena.
Nella religione greca olimpica non si ebbe mai il passaggio dall’idea della retribuzione terrena a quello della retribuzione ultraterrena cosicché il problema della teodicea non venne mai completamente risolto in quanto si vedeva chiaramente che lo schema “iubris-nemesis” non bastava sempre a spiegare il modo in cui gli dei distribuivano premi e punizioni.
Allo stesso modo il problema della felicità dei malvagi e della sofferenza degli uomini buoni non venne mai risolto nel mondo greco e pertanto i dubbi sull’esistenza o meno della giustizia divina rimasero in tutti i periodi della storia greca.
Un altro importantissimo elemento riscontrabile nella religione greca olimpica è la grande importanza attribuita ai riti che avevano lo scopo sia di affrontare e spiegare questioni riguardanti i grandi problemi metafisici e religiosi che in tutte le epoche storiche in tutti i popoli hanno turbato gli uomini e sia di accendere l’interesse e colpire la fantasia degli antiche greci.
Vogliamo mettere in evidenza che nella religione greca e anche in altre religioni esistono diversi tipi di miti che affrontano problematiche ed interrogativi molto diversi tra loro. I principali tipi di mito sono: miti cosmogonici, teogonici, miti di fondazione, miti di carattere apocalittico, miti riguardanti la dimensione del “prius”, miti riguardanti le “divinità in vicenda” e miti tendenti a spiegare determinati fenomeni naturali quali ad esempio l’alternarsi delle stagioni.
Per quanto riguarda i miti cosmogonici dobbiamo dire che essi si pongono il problema di spiegare in che modo è nato l’universo. Dobbiamo tenere presente che nella religione e nel mondo greco non esisteva il concetto tipicamente cristiano della creazione dal niente ma si pensava che tutto l’universo fosse nato non dal niente ma da una materia primordiale informe dalla quale erano stati modellati tutti gli elementi che costituiscono l’universo (passaggio dal “caos” primordiale al “cosmos” ordinato ed armonioso).
Per quanto riguarda i miti teogonici dobbiamo dire che essi hanno come argomento le vicende che hanno portato alla nascita delle varie divinità della religione olimpica.
Per quanto riguarda i miti di fondazione essi hanno come argomento le vicende mitiche che hanno determinato la fondazione di una nuova città e molto spesso in tali miti vengono chiamati in causa non solo esseri umani o semidivini ma anche delle divinità che occupano un posto importante del pantheon della religione olimpica. Tali divinità vengono chiamate in causa nella fondazione di alcune città in tali miti per accrescere il prestigio della città in questione e dei suoi abitanti nonché dei governanti.
Per quanto concerne i miti di carattere apocalittico essi hanno come argomento o la distruzione del mondo o addirittura la fine dell’intero cosmo. Non dobbiamo infatti dimenticare che nel mondo greco esisteva una concezione ciclica del tempo all’interno della quale trovava posto la credenza che l’universo nonché la stessa Terra avevano già subito una distruzione totale più di una volta dal momento che alla fine di un determinato ciclo l’universo intero veniva distrutto non una volta per tutte ma solamente per permettere l’inizio di un nuovo ciclo caratterizzato dalla presenza di un altro universo nato come quello che l’aveva preceduto dal caos.
Molta importanza nella religione olimpica greca rivestivano i miti riguardanti quello che gli storici delle religioni definiscono il “prius”. Tali miti avevano per oggetto gli avvenimenti che si erano verificati all’inizio della storia del genere umano. Un mito molto famoso appartenente a questa categoria è il mito di Pandora che cerca di dare una spiegazione all’esistenza nel mondo di malattie e di altre calamità che affliggono il genere umano.
Un genere di mito molto interessante è rappresentato da quella categoria di miti che raccontano le vicende di esseri umani o tutt’al più di uomini o donne che erano figli di un essere umano e di una divinità. Tali miti raccontano il modo in cui tali esseri umani o semidivini sono riusciti a diventare delle vere e proprie divinità della religione greca olimpica. Le divinità che per ottenere di entrare a far parte del pantheon olimpico hanno dovuto lottare duramente e in alcuni casi scendere addirittura nell’Ade vengono definite dagli storici delle religioni “divinità in vicenda” e i miti che li riguardano rivestono una grande importanza nella religione greca. Due tipici esempi di “divinità in vicenda” sono Dioniso e Adone.
Molto importanti sono anche quei miti collegati alla natura e all’agricoltura come ad esempio i miti che cercano di spiegare l’alternanza delle stagioni e il ciclo della vegetazione.
Prenderemo ora in considerazione un’altra credenza molto importante nella religione greca olimpica ovvero la credenza nell’esistenza del fato, una forza cosmica che esercita un potere assoluto sia sugli uomini sia sugli dei. Nella religione greca l’esistenza del fato era avvertita in maniera a volte molto drammatica in quanto limitava moltissimo la libertà di azione non solo degli uomini ma anche degli stessi dei. Per fare un esempio concreto del carattere drammatico che a volte assumeva la credenza nell’esistenza del fato nel mondo greco possiamo citare il caso emblematico di Achille che pur essendo il più forte tra gli eroi greci e quelli troiani deve piegarsi alla volontà del fato che ha deciso che egli non uscirà vivo dalla guerra di Troia e non rivedrà più la sua patria.
Anche la credenza nell’esistenza delle profezie riveste una grande importanza nella religione greca olimpica. In un nostro articolo intitolato “La presenza delle profezie nel mondo greco e romano” ci siamo soffermati sull’importanza che rivestivano per gli uomini dell’antica Grecia i vari tipi di profezie. Tale importanza è perfettamente spiegabile se si tiene conto che sia per l’esistenza del fato sia per le continue interferenze delle divinità olimpiche nelle vicende umane restava ben poco spazio al libero arbitrio degli uomini cosicché era inevitabile che nel mondo greco gli individui cercassero nelle profezie il modo di conoscere che cosa riservava loro il futuro.
Dopo aver descritto le principali credenze riscontrabili nella religione greca olimpica cercheremo ora di spiegare e chiarire in che modo tali credenze condizionavano la concezione dell’uomo esistente nell’antica Grecia (vogliamo chiarire che la concezione dell’uomo determinata dalla sua appartenenza a una determinata religione è oggetto di studio dell’antropologia religiosa).
Senza dubbio l’antropologia religiosa esistente nella Grecia classica era un’antropologia molto pessimistica dal momento che come abbiamo visto in precedenza la credenza nell’esistenza nel fato e il forte antropomorfismo riscontrabile nelle divinità olimpiche rendeva molto difficile la condizione esistenziale degli esseri umani.
Per essere più precisi al riguardo il pessimismo e l’antropologia religiosa riscontrabile nell’antica Grecia era dovuto al fatto che gli adepti della religione olimpica dovevano fare i conti e accettare almeno quattro tipi di credenze che certamente rendevano molto triste la condizione esistenziale dell’uomo greco nel mondo classico: i dubbi riguardanti l’esistenza o meno della giustizia divina (teodicea), il potere assoluto del fato, l’impossibilità di modificare il triste destino che aspettava gli uomini dopo la morte e la difficoltà di attribuire un significato ed un fine alla storia del genere umano partendo dalla concezione ciclica del tempo e della storia esistente nella religione olimpica.
Per quanto riguarda i dubbi esistenti nell’esistenza o meno di un criterio chiaro e razionale con il quale gli dei assegnavano premi e punizioni agli esseri umani tenendo conto della bontà o malvagità del loro comportamento tali dubbi sono presenti anche nei poemi omerici poiché in alcuni punti di essi sembra che Zeus e gli altri dei siano giusti nel distribuire premi e punizioni mentre in altri punti di tali poemi appare abbastanza chiaramente il fatto che gli dei siano capricciosi e volubili nei confronti degli esseri umani punendo e premiando le azioni degli uomini in maniera arbitraria e poco comprensibile.
D’altra parte se prendiamo in considerazione vari autori della letteratura greca si nota che alcuni sono convinti dell’esistenza della giustizia divina mentre altri sono molto dubbiosi se non proprio scettici sull’esistenza di essi. Anche per quel che riguarda i filosofi dell’antica Grecia non esistevano opinioni concordi sull’esistenza o meno della teodicea. Per fare un esempio concreto di un filosofo greco che non credeva nell’esistenza della giustizia divina si può citare Epicuro che pensava che gli dei se ne stessero beati negli “intermundia” non attribuendo nessuna importanza alle azioni degli uomini e di conseguenza non premiando i buoni e non punendo i cattivi (in sintesi Epicuro non credeva né nell’esistenza della retribuzione terrena né nell’esistenza della retribuzione ultraterrena). Al contrario altri filosofi come Socrate e Plutarco credevano nell’esistenza della giustizia divina.
Per quanto riguarda l’esistenza del fato davanti al quale si dovevano piegare sia gli uomini che gli dei appare evidente che tale credenza riscontrabile nella religione olimpica greca influenzava notevolmente la concezione dell’uomo nella Grecia classica contribuendo a rendere ancora più triste la condizione esistenziale degli uomini. Appare infatti evidente che l’impossibilità di prevedere e comprendere il modo in cui il fato avrebbe esercitato il suo dominio assoluto sulle vicende degli esseri umani creava gravi preoccupazioni agli uomini dell’antica Grecia anche perché essi sapevano che qualunque cosa avrebbero fatto non potevano minimamente sfuggire al potere assoluto del fato. Come abbiamo sostenuto nel nostro libro intitolato “Il neopaganesimo nella società moderna” anche nella società contemporanea si nota chiaramente l’affermazione di una concezione fatalistica della vita in quanto molte persone sono convinte che il destino dei singoli individui sia già stato scritto fin dalla loro nascita e di conseguenza non credono minimamente nell’esistenza del libero arbitrio. Nell’ambito della letteratura greca dobbiamo dire che in molte tragedie viene avvertita in maniera drammatica la potenza invincibile del fato.
Per quanto riguarda l’impossibilità da parte degli esseri umani di modificare il triste destino che li attendeva nel’Ade dopo la loro morte appare evidente che l’escatologia esistente nella religione olimpica che si basava sulla convinzione che sia gli uomini più buoni sia quelli più malvagi avrebbero condotto dopo la loro morte nell’Ade un’esistenza sbiadita, scolorita e frustrante certamente non era tale da rassicurare gli uomini e rendeva ancora più triste la concezione dell’uomo nel mondo greco. In sintesi possiamo dire che nella religione greca olimpica la dimensione soteriologica era del tutto assente tanto è vero che l’affermazione delle religioni misteriche nel mondo greco fu favorita del fatto che la religione olimpica classica era molto carente proprio nella soteriologia mentre le religioni misteriche davano molta importanza alla dimensione soteriologica.
Per quanto riguarda infine la difficoltà per l’uomo greco di trovare un significato e un fine alla storia del genere umano dobbiamo dire che la concezione ciclica del tempo e della storia esistente nella religione olimpica greca rendeva oggettivamente difficile trovare tale fine e significato della storia. Infatti la storia non tendeva a raggiunger nessun fine ma era costituita da una serie di cicli che si ripetevano continuamente e costituivano quello che nella filosofia della storia viene definito l’eterno ritorno del sempre identico. Infatti la concezione ciclica della storia parte dal presupposto che la storia non tende verso nessun fine mentre nella concezione lineare della storia introdotta dal cristianesimo ed anche dalla religione ebraica la storia ha un inizio e un punto finale verso il quale tende, fine che dà un senso ed un significato alla storia del genere umano. Al contrario la concezione ciclica della storia basata sull’esistenza di cicli ed età che si ripetono continuamente non lascia intravedere nessun fine e nessun significato ultimo alle vicende storiche del genere umano.
Tuttavia la concezione dell’uomo esistente nell’antica Grecia non dipendeva solo dalla dimensione religiosa e quindi non dipendeva solo dalla religione olimpica. Per fare degli esempi concreti la concezione dell’uomo esistente nella Grecia classica dipendeva anche dalla grande importanza attribuita alla “polis”, dalle varie concezioni filosofiche tra le quali prenderemo ad esempio in tale articolo le idee dei sofisti ed anche dalle varie vicende storiche che accaddero nel mondo greco antico tra le quali prenderemo in considerazione la fine dell’indipendenza della “polis” con la caduta dell’intera Grecia prima sotto il dominio macedone e poi sotto quello romano.
Per quanto riguarda l’importanza attribuita nell’antica Grecia alle città stato (polis) dobbiamo dire che gli uomini nell’antica Grecia erano considerati prima di tutto dei cittadini ovvero degli appartenenti a una “polis”. Per tanto i doveri di cittadino che doveva fare gli interessi della propria “polis” occupavano un posto di grandissima importanza nella vita di tutti gli uomini greci indipendentemente dalla loro città stato di appartenenza. Per dirla in altro modo sia i cittadini ateniesi sia quelli spartani sia quelli delle altre città greche consideravano loro dovere essere buoni cittadini. Di conseguenza nella Grecia antica il concetto di uomo dipendeva molto da quello di cittadino.
Anche la filosofia in Grecia contribuì a formare il concetto di uomo e a titolo di esempio esporremo brevemente le idee dei sofisti. I sofisti si caratterizzavano rispetto a tutti gli altri filosofi per il loro forte antropocentrismo, per il loro relativismo gnoseologico nonché per il relativismo etico. Il concetto di uomo elaborato dai sofisti si basava su uno spiccato individualismo e soggettivismo al punto tale che l’uomo era considerato misura di tutte le cose. Inoltre per i sofisti non esistevano valori morali in senso assoluto ma erano i singoli individui a stabilire quali fossero i veri valori per loro in maniera del tutto soggettiva. Infine i sofisti pensavano che non esistevano nemmeno conoscenze certe ed universali ma anche in campo gnoseologico erano i singoli individui a stabilire ciò che era vero e ciò che era falso (relativismo gnoseologico). Alcuni sofisti caddero anche nello scetticismo più assoluto.
Infine chiudiamo tale articolo mettendo in evidenza che la fine dell’indipendenza politica delle città stato di tutta al Grecia fece anche cadere il concetto di “polis” e quello di cittadino con tutti i doveri politici connessi a tale stato. Di conseguenza quando la Grecia cadde sotto il dominio macedone anche il concetto di uomo esistente nella Grecia classica subì notevolissime modifiche dal momento che l’ellenocentrismo che era una delle caratteristiche dell’uomo greco antico crollò bruscamente e quelli che erano stati degli orgogliosi cittadini dovettero accettare l’umiliante condizione di popoli soggetti al dominio straniero.
Scritto da Giovanni Pellegrino
Riferimenti bibliografici
G. Pellegrino, Bibbia e Corano principali somiglianze, Edisud, Salerno, 2002
G. Pellegrino, Il neopaganesimo nella società moderna, Edisud, Salerno, 2000
G. Pellegrino, Il ritorno del paganesimo, New Grafic Service, Salerno, 2004
G. Pellegrino, La concezione degli dei nei poemi omerici, centrostudilaruna.it
Fonte: centrostudilaruna.it