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La distruzione del patrimonio pubblico italiano

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Dopo l’assassinio di Aldo Moro, i nostri governanti, divenuti vittime del neoliberismo, pensiero unico dominante, hanno fatto di tutto per togliere al Popolo il proprio patrimonio pubblico (la “proprietà pubblica”, di cui all’art. 42 Cost., comma 1, primo alinea), dimenticando che, come un individuo non può fare nulla se non ha un suo piccolo patrimonio, così un “Popolo”, e cioè, come diceva il Pugliatti, un “Soggetto plurimo”, non può fare nulla se è privato del “patrimonio pubblico”. Questo fine perverso è stato perseguito su due piani: quello “finanziario” e quello puramente “economico”. […] Si è, in altri termini, dato per legge valore di “moneta” a dei semplici “prodotti finanziari” tossici per l’economia perché di non sicura realizzazione. […] Sul piano puramente economico la distruzione del nostro “patrimonio pubblico”, e in particolare delle nostre “fonti di produzione di ricchezza nazionale”, è stata perseguita dai nostri governanti attraverso l’uso di due micidiali strumenti: le “privatizzazioni” e le “svendite”, effettuate per rientrare nei limiti di bilancio imposti dall’Unione Europea con la sua politica di austerità, politica che ha di fatto impedito lo sviluppo economico e ha fatto ulteriormente innalzare il nostro debito pubblico. […] La “dannosità” delle “privatizzazioni” non appare a prima vista evidente, ma essa è assolutamente micidiale alla pari delle svendite. Infatti, sostituendo ad un Ente pubblico una SPA, che ovviamente è scalabile da chiunque, e quindi anche (e soprattutto) da soggetti stranieri, i beni facenti parte del “patrimonio pubblico”, che cioè sono oggetto di “proprietà pubblica” del Popolo, passano, senza che nessuno se ne accorga, nella “proprietà privata” di singoli soggetti, che molto spesso sono multinazionali estere. A tale proposito, tra l’altro, vien fatto di ricordare che, con la privatizzazione delle banche pubbliche, si è avuta anche la privatizzazione della Banca d’Italia, divenuta anch’essa una SPA, con la conseguenza che non si sa più a chi appartengono i lingotti d’oro una volta in proprietà dello Stato, e cioè del Popolo italiano.

Un colpo micidiale al patrimonio pubblico italiano venne poi dato dal decreto legge 25 settembre 2001, 351, convertito nella legge 23 novembre 2001, n. 410, (governo Berlusconi), il quale all’art. 3, comma 1, stabilisce che “L’inclusione dei beni da vendere nel decreto produce il passaggio (dei beni stessi) al patrimonio disponibile”. Insomma, tutti gli immobili pubblici, compresi quelli inalienabili, in quanto beni artistici e storici costituenti demanio dello Stato e di altri Enti pubblici territoriali, diventano alienabili. Viene violato così in modo aperto e del tutto disinvolto l’art. 42, primo comma, della Costituzione, secondo il quale la “proprietà è pubblica e privata”, intendendosi per “proprietà pubblica”, come osservò il Giannini, la “proprietà collettiva demaniale” del Popolo sovrano. In sostanza, il governo Berlusconi sottrasse la proprietà al Popolo di tutti i suoi immobili artistici e storici, facendoli diventare privati, contro gli interessi dello stesso Popolo, come se nulla fosse. E si continua ancora su questa strada con enormi svendite, senza che nessuno se ne accorga e senza che la questione venga portata alla Corte Costituzionale ai fini dell’annullamento. […] Dannosissime privatizzazioni sono state poi varate dal governo Renzi. Si pensi allo Sblocca Italia […] e al Jobs Act dello stesso anno che ha abolito l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, riducendo i lavoratori a merce di scambio e cancellando i diritti conquistati con decenni di lotta. […] Le sciagure prodotte da leggi costituzionalmente illegittime continuano a ritmo serrato e diventa difficoltoso anche annoverarle. A ciò si aggiunga che, svendute le banche e le industrie, stiamo svendendo persino tutto il nostro territorio. Abbiamo svenduto l’isola più bella dell’Arcipelago della Maddalena, l’isola di Budelli, nonché Isola Bella di fronte a Taormina e, a quanto pare, l’Isola di Poveglia e l’isolotto di Cerboli nella Laguna Veneta, il Monte delle Tofane e il Monte Cristallo sopra Cortina d’Ampezzo (mediante il sistema delle “cartolarizzazioni”). […]  La colpa è della ideologia neoliberista, che ha imposto un sistema economico predatorio a livello mondiale, e dell’insipienza dei nostri governanti, che “si fanno belli” con gli stranieri danneggiando l’intero Popolo Italiano, disinformato e tradito. Un vero governo non può battersi su questioni di cronaca permanendo in una continua battaglia elettorale. Un vero governo deve tutelare gli interessi italiani che, in questo momento storico, si difendono nazionalizzando le “fonti di produzione della ricchezza”, come fanno Inghilterra, Francia e Germania, e non consentendo allo straniero di impadronirsi, per pochi euro, di tutto il territorio italiano compreso tutto quello che un territorio contiene. Lo impone l’art. 52 della Costituzione, secondo il quale “difendere la Patria è dovere sacro del cittadino”.

 

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L’autore:
Paolo Maddalena (Napoli, 27 marzo 1936) è un giurista e magistrato italiano, che ha ricoperto l’incarico di giudice costituzionale. Libero docente di Istituzioni di diritto romano dal 1971, successivamente al suo ingresso in magistratura spostò i suoi interessi verso il diritto amministrativo e costituzionale. I principali risultati in questo settore hanno riguardato una nuova configurazione della responsabilità amministrativa e la tesi della risarcibilità del danno pubblico ambientale. Dopo una lunga carriera nella quale ha coniugato l’attività di studio e ricerca
nei settori del diritto romano, diritto amministrativo e costituzionale e diritto ambientale con le funzioni di magistrato, culminate con la nomina alle funzioni di presidente di sezione della Corte dei conti, il 17 luglio 2002 è stato eletto alla Corte costituzionale nella quota riservata alla magistratura contabile. Successivamente, il 10 dicembre 2010 è stato nominato vicepresidente della Corte, carica nella quale è stato riconfermato il 6 giugno 2011. È Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”.

 

 

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